A Pompei il cardinale Ruini presiede la Supplica alla Vergine del Rosario
“O Augusta Regina delle Vittorie… effondiamo gli affetti del nostro cuore e con confidenza
di figli ti esprimiamo le nostre miserie”. Sono queste alcune delle parole della Supplica
alla Madonna del Santo Rosario che viene recitata a Pompei due volte all’anno: la
prima domenica di ottobre e l’8 maggio. Oggi nella città mariana, luogo di incontro
di una umanità assetata di Dio e desiderosa di giustizia e pace, decine di migliaia
di fedeli rivolgeranno la loro Supplica davanti all’immagine della Madonna. Il rito
sarà presieduto dal cardinale Camillo Ruini. La preghiera è stata scritta dal fondatore
del Santuario, il Beato Bartolo Longo, nel 1883, come adesione all’invito che Papa
Leone XIII aveva fatto ai cattolici esortandoli ad un impegno spirituale per fronteggiare
i mali della società. Come seguire nel mondo contemporaneo le orme del beato Bartolo
Longo? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo prelato di Pompei,
mons. Carlo Liberati:
R. – Ritornando
ai valori sani della società, che c’erano anche al tempo di Bartolo Longo. Noi oggi
ci troviamo in un mondo scristianizzato. In questo tipo di mondo, gli ideali da raggiungere
sono: il piacere, il divertimento, il potere, il denaro, la carriera. Quello che conta
è quello che si vede, ciò che è sperimentabile. Non il mondo della fede, della verità,
della giustizia, la costruzione della pace, cioè un mondo di amore. Quindi al nostro
mondo di oggi la Supplica è un’occasione per ricondurre alle origini della fede cristiana
le coscienze, che furono già sollecitate nel 1883 da Bartolo Longo, quando diffuse
nel mondo questo atto di amore, la Supplica alla Vergine, che poi ormai è diventata
in tutta la Chiesa e nel mondo una consuetudine.
D.
– Chi dunque vuole sposare i valori autentici, i valori della fede, con quale atteggiamento
interiore rivolge la propria Supplica alla Madonna?
R.
– C’è qualcuno che pensa che la Supplica sembri quasi una cosa folcloristica, una
sorta di fiera cattolica. Chi pensasse questo, non soltanto è assolutamente fuori
strada, ma non è a conoscenza dell’apostolato mariano. Non conosce nulla della pietà
popolare. La pietà popolare è il popolo di Dio, ovvero i fedeli che si riuniscono
intorno all’Eucaristia. C’è un’opera di conversione da fare, bisogna essere testimoni
dell’amore di Cristo, testimoni della carità, testimoni della fedeltà al Signore.
D.
– E in questa espressione di pietà popolare, in questa preghiera universale convergono
dolori, speranze, accomunando singole voci in una coralità unica ed unificante...
R.
– Ciò che mi colpisce da quando sono vescovo qui a Pompei non è solo la supplica dell’8
maggio e della prima domenica di ottobre, ma anche vedere uomini e donne, adolescenti,
anziani, che soffrono. Soffrono per il matrimonio corroso e distrutto, per le lacerazioni
della famiglia, per la mancanza di lavoro, per un male incurabile. Tutto questo popolo
di sofferenti mi fa impressione perché non è ascoltato da nessuno. La Madonna allora
chiama questa gente e noi attraverso il Rosario benedetto, come dice Bartolo Longo
“la catena dolce che ci unisce a Dio”, riusciamo a riempirli di speranza, di coraggio,
di buona volontà. Questo vuol dire essere Chiesa, perché la Chiesa è comunione, è
comunità, è compartecipazione alla grazia. Altrimenti cosa è la Chiesa?
D.
– L’essere Chiesa è ancora una volta ribadito da questa Supplica per il popolo di
Dio, per il mondo intero...
R. – La Supplica rappresenta
tutti i dolori del mondo, come tutte le preoccupazioni dell’intelligenza del cuore,
della coscienza dei credenti, ma anche dei non credenti. Nella supplica c’è uno spirito
missionario straordinario ed è lanciata sugli orizzonti del Regno di Dio, obbedendo
alle parole di Gesù Cristo: andando in tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutte
le creature, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Questo
facciamo a Pompei.