2009-05-06 15:49:14

Sudafrica: lettera del presidente dei vescovi al nuovo capo di Stato


Una lettera aperta, incentrata sulle priorità sociali del Paese, è stata scritta dal presidente della Conferenza episcopale del Sudafrica, l’arcivescovo Buti Tlhagale, al capo di Stato Jacob Zuma. Il nuovo presidente, in quanto leader della coalizione vincitrice delle elezioni parlamentari del 22 aprile, sarà eletto ufficialmente capo dello Stato sabato prossimo, 9 maggio. A lui, mons. Tlhagale ricorda che “In Sudafrica sta per iniziare una nuova era” e che spera di “vedere la Chiesa e le altre comunità di fede contribuire alla costruzione di una cultura della vita nel Paese”. Il presule ribadisce che “la cultura del diritto deve essere promossa e implementata da una cultura della responsabilità, intesa come scelta personale e collettiva per il bene comune di tutti”. Mons. Tlhagale sottolinea inoltre che la principale priorità del Sudafrica è la ricostruzione del Paese sulla base di principi democratici “che permettano a più voci possibili di essere ascoltate. Le voci della società civile e delle comunità di fede sono importanti, ma molto importanti sono anche le voci degli emarginati e dei sofferenti”. Il presidente della Conferenza episcopale sudafricana si sofferma anche sul dramma della povertà, sul problema degli anziani, dei malati, dei migranti irregolari, dei bambini orfani e ribadisce: “Una società si misura non con il successo del più forte, del più ricco o del più potente, ma con l’attenzione nei confronti dei più deboli e dei più indifesi”. Per questo, mons. Tlhagale auspica azioni concrete, da parte dei politici, nei confronti dei poveri, così che la loro tutela diventi il primo punto in agenda. Ma, nella sua lettera, il presule elenca anche altre questioni che aspettano una soluzione: la sicurezza sul lavoro, la tutela dell’ambiente e la riforma agraria, quest’ultima fondamentale per “assicurare cibo ed acqua” a tutti i sudafricani. Nel documento l’arcivescovo affronta anche il tema dell’Aids: “La più grande minaccia per la salute e la sicurezza nazionale - scrive - deve essere trattata con la gravità che merita, in modo tale che le risorse che essa richiede siano usate in modo efficace, sia per sradicare la malattia, sia per alleviare gli enormi traumi che essa provoca”. Mons. Tlhagale suggerisce una strategia: “Il settore delle Ong può e deve avere in ruolo di sostegno nel debellare questa minaccia, ma è importante che il governo prenda l’iniziativa e che guidi una parte più ampia della società in questa battaglia”. “Siamo stanchi – continua il presule – di lottare con il governo per ciò che è costituzionalmente, legalmente e moralmente obbligato a fare. Speriamo che l’Aids divenga una priorità nazionale”. Per questo, ricorda il presule, diventa cruciale “un atteggiamento sessuale responsabile” per fermare la diffusione della malattia e per promuovere una società sana. Un ulteriore pensiero viene poi rivolto ai giovani, perché solo “instillando nei bambini e nei ragazzi un senso di attenzione alla vita, di cura per gli altri e di rispetto della legge” si renderà possibile la realizzazione del bene comune della società. Una riflessione particolare viene dedicata poi al grande tema della vita: innanzitutto, viene esplicitamente chiesto al presidente designato Zuma di non inserire, nell’agenda politica, il dibatto sulla reintroduzione della pena di morte nel Paese; quindi, mons. Tlhagale si sofferma sul dramma dell’aborto: “Io credo – scrive – che la vita sia sacra dal concepimento fino alla fine naturale. Io chiedo e spero in un dialogo positivo ed onesto, fra tutti i settori della società, sui modi con i quali possiamo ridurre la pratica dell’aborto”. Ma la discussione, continua ancora mons. Tlhagale, “deve includere un metodo per eliminare quelle situazioni e circostanze in cui si ritrovano le donne che sentono l’aborto come l’unica soluzione possibile”. L’auspicio finale è che si giunga ad una vera riconciliazione nazionale, affinché il Paese raggiunga “un’identità profondamente radicata e piena, in cui tutti i Sudafricani si sentano inclusi”. (I.P.)







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