Padre Pizzaballa: il viaggio del Papa, grande incoraggiamento per la piccola comunità
cristiana di Terra Santa
Il Papa, dunque, tra due giorni, l’8 maggio prossimo, partirà per la Terra Santa:
un pellegrinaggio che in otto giorni lo porterà in Giordania, Israele e Territori
palestinesi. Grande, in particolare, l’attesa della piccola comunità cristiana locale.
Il nostro inviato a Gerusalemme, Roberto Piermarini, ne ha parlato col custode
di Terra Santa, il padre francescano Pierbattista Pizzaballa:
R. – E’ un
viaggio che è stato pensato innanzitutto per loro, proprio per queste comunità che
soffrono un po’, che si sentono un po’ isolate. Questa visita quindi è un momento
molto forte ed importante perché è un grande incoraggiamento ed anche un grande richiamo
a tutta la Chiesa universale, a guardare in Terra Santa e a guardare queste comunità.
D.
– I cristiani di Terra Santa temono strumentalizzazioni sul piano politico per questo
viaggio del Papa che ha un carattere squisitamente religioso e pastorale…
R.
– Le strumentalizzazioni in questo Paese sono sempre facilissime ma se uno dovesse
fare tutti questi calcoli, alla fine, non farebbe niente. Quindi, il Papa verrà sicuramente
con molta libertà, come ha dimostrato nel fare questo gesto importante per le comunità,
senza escludere l’aspetto interreligioso naturalmente e quello politico. Che poi ci
saranno strumentalizzazioni, non ci dobbiamo preoccupare.
D.
– Dal punto di vista ecumenico, come è stata accolta questa visita del Papa?
R.
– Tutte le chiese sono contente, anche perché è un momento forte, per tutti i cristiani
- non solo per i cattolici - di visibilità innanzitutto, ma anche per far conoscere
a tutto il mondo, quanto è importante che i cristiani stiano qui.
D.
– Sul piano invece interreligioso, con ebrei e musulmani?
R.
– Con ebrei e musulmani ci saranno diversi incontri per cui, sicuramente, questo aspetto
è accentuato, ancora più, forse, della volta precedente con Giovanni Paolo II. Attendiamo
una parola chiara. Sicuramente il Papa non può fare gesti nuovi rispetto all’ebraismo
e all’Islam, perché sono già stati fatti ma potrà dire una parola forte, nuova e chiara
di come deve essere il rapporto tra noi, soprattutto in questo contesto dove ci sono,
come lei ha detto, anche diverse e tante strumentalizzazioni e polemiche faziose.
D.
– Padre Pizzaballa, si è sbloccato il problema dei visti per i religiosi di Terra
Santa, specialmente per quelli provenienti dai Paesi arabi?
R.
– Sì e no, va a periodi. Adesso, in questo momento, forse anche legato alla visita
del Papa, ci sono delle facilitazioni ma ancora non abbiamo un riferimento chiaro
di procedura. Però, ultimamente, diciamo che i permessi sono arrivati.
D.
– Cosa sta facendo la Custodia di Terra Santa per l’esodo dei cristiani? E’ una ferita
aperta…
R. – Sì, l’esodo è una ferita aperta, soprattutto
nell’autonomia palestinese ma anche qui a Gerusalemme. La Custodia è attiva su diversi
fronti: innanzitutto nella creazione di posti di lavoro, creando opportunità di lavoro
nelle scuole e nelle piccole iniziative di carattere commerciale dove i cristiani
possono lavorare. Poi, nel costruire case: come Custodia, siamo qui da tanti secoli
e siamo riusciti ad acquisire molti terreni sui quali cerchiamo di costruire case
a prezzi agevolati per i cristiani perché è un problema molto grave per i cristiani
questo, soprattutto a Gerusalemme. Si cerca quindi di facilitarli a restare qui. E
poi li aiutiamo con un’opera di formazione, per quanto possibile.
D.
– Si sta parlando molto, e se n’è parlato anche durante la visita del 2000 di Giovanni
Paolo II, della restituzione del Cenacolo. Voi, come Custodia di Terra Santa, sareste
contenti di questa restituzione del Cenacolo?
R.
– Non saremmo soltanto contenti, saremmo entusiasti se ci restituissero il Cenacolo.
Sono piuttosto scettico, devo dire, sulla restituzione almeno prossima. Non c’è una
trattativa reale, diciamo, specifica su questo argomento, c’è una trattativa più generale
sui luoghi santi. Prima o poi, arriveremo a discutere in maniera più seria anche
di questo ma devo dire che, all’orizzonte, non si vede ancora nulla di chiaro e preciso.