Il Papa ordina 19 nuovi sacerdoti: come Cristo date la vita per gli altri. Al "Regina
Coeli" parla del suo pellegrinaggio di pace in Terra Santa
I sacerdoti siano immagine di Cristo e come il Buon Pastore sappiano dare la vita
per gli altri senza conformarsi alla mentalità del "mondo". Ancora una volta, Benedetto
XVI è tornato a riflettere su uno dei temi portanti del suo Magistero riguardanti
la vocazione e la missione sacerdotale. E lo ha fatto nella Messa solenne presieduta
ieri mattina nella Basilica di San Pietro, durante la quale ha conferito l’ordinazione
sacerdotale a 19 diaconi della diocesi di Roma, sei dei quali di origine non italiana.
Al Regina Caeli, poi, il Papa ha chiesto preghiere per il suo prossimo viaggio in
Terra Santa e ha espresso solidarietà alle vittime del Messico e degli altri Stati,
colpiti dal virus dell'influenza H1N1. Il servizio di Alessandro De Carolis: Pietre
d’angolo della Chiesa, testimoni credibili alla sequela del Buon Pastore, e non uomini
contaminati da un tipo di società che “non conosce Dio” e più spesso ancora non ha
alcuna intenzione di conoscerlo. Con la nettezza che lo ha sempre contraddistinto
su questo argomento, Benedetto XVI - sviluppando idealmente l’omelia della Messa Crismale
dello scorso Giovedì Santo - è tornato a tracciare lo spartiacque che vuole un ministro
del Vangelo “nel” mondo ma non “del” mondo.
(canto)
Con
l’intensità spirituale e simbolica che un tale gesto riveste, sempre particolarmente
coinvolgente, le mani del Papa si sono posate durante la liturgia sulla testa di 19
uomini, alcuni dei quali in età matura, che hanno scelto di seguire le orme degli
Apostoli. Metà di loro romani o della provincia, tre italiani - un siciliano, un pugliese
e un lombardo - e sei non italiani ma rappresentanti dell’intero pianeta: un diacono
nigeriano, uno di Haiti, un croato, uno della Repubblica Ceca, un cileno e un sudcoreano.
A loro, Benedetto XVI ha sottoposto il brano del Vangelo di Giovanni che afferma come
il mondo non riconosca i sacerdoti perché non riconosce Dio:
“E’
vero, e noi sacerdoti ne facciamo esperienza: il ‘mondo’ (…) non capisce il cristiano,
non capisce i ministri del Vangelo. Un po’ perché di fatto non conosce Dio, e un po’
perché non vuole conoscerlo. Il mondo non vuole conoscere Dio per non essere disturbato
dalla sua volontà, e perciò non vuole ascoltare i suoi ministri, questo potrebbe metterlo
in crisi (…) Questo ‘mondo’ (…) nel senso evangelico, insidia anche la Chiesa, contagiando
i suoi membri e gli stessi ministri ordinati (…) è una mentalità, una maniera di pensare
e di vivere che può inquinare anche la Chiesa, e di fatto la inquina, e dunque richiede
costante vigilanza e purificazione”.
Per non
cadere in questo rischio, il sacerdote deve entrare in piena comunione con Cristo,
in modo “sacramentale” ma anche “esistenziale”, per essere “consacrato nella verità”.
Il mezzo per realizzare questa comunione, ha indicato Benedetto XVI, è innestarsi
con la preghiera in quella che Cristo ha levato a Dio perché custodisse i “suoi”:
“Da
qui deriva per noi presbiteri una particolare vocazione alla preghiera, in senso fortemente
cristocentrico: siamo chiamati, cioè, a ‘rimanere’ in Cristo (…) e questo rimanere
in Cristo si realizza particolarmente nella preghiera. Il nostro ministero è totalmente
legato a questo ‘rimanere’ che equivale a pregare, e deriva da esso la sua efficacia”.
La
Messa quotidiana, dunque, ma anche la Liturgia delle ore, l’adorazione eucaristica,
la Lectio divina, il rosario, la meditazione: da qui il sacerdote trae, ha affermato
il Papa, la sua “linfa”. Il sacerdote “che prega, e che prega bene - ha soggiunto
- viene progressivamente espropriato di sé e sempre più unito a Gesù Buon Pastore”,
il cui nome è l’unico “che salva”:
“L’apostolo,
e quindi il sacerdote, riceve il proprio ‘nome’, cioè la propria identità, da Cristo.
Tutto ciò che fa, lo fa in nome suo. Il suo ‘io’ diventa totalmente relativo all’’io’
di Gesù. Nel nome di Cristo, e non certo nel proprio nome, l’apostolo può compiere
gesti di guarigione dei fratelli, può aiutare gli ‘infermi’ a risollevarsi e riprendere
a camminare”.
(canto)
Benedetto
XVI, che ha concelebrato attorniato dal cardinale vicario, Agostino Vallini, dai vescovi
ausiliari e da molti sacerdoti della diocesi di Roma, ha concluso la liturgia in Basilica
e si è poi spostato nel suo studio, affacciandosi verso le 12.15 alla finestra che
dà sulla Piazza per presiedere alla recita del "Regina Coeli". Con le circa 40 mila
persone presenti, il Papa ha condiviso i molti auspici che riempiono il suo cuore
alla vigilia del viaggio apostolico in Terra Santa, che inizierà venerdì prossimo.
“Mi propongo - ha detto fra gli applausi - di confermare e di incoraggiare i cristiani
di Terra Santa, che devono affrontare quotidianamente non poche difficoltà” e, ricordando
anche le "grandi sofferenze" che vedono vittime i palestinesi, ha aggiunto:
“Mi
farò pellegrino di pace, nel nome dell’unico Dio che è Padre di tutti. Testimonierò
l’impegno della Chiesa Cattolica in favore di quanti si sforzano di praticare il dialogo
e la riconciliazione, per giungere ad una pace stabile e duratura nella giustizia
e nel rispetto reciproco. Infine, questo viaggio non potrà non avere una notevole
importanza ecumenica e inter-religiosa. Gerusalemme è, da questo punto di vista, la
città-simbolo per eccellenza: là Cristo è morto per riunire tutti i figli di Dio dispersi”.
Benedetto
XVI si è poi soffermato con un pensiero di solidarietà alle vittime dell'influenza
che sta colpendo in questi giorni il Messico e molti Paesi del pianeta. "Cari fratelli
messicani - ha detto in particolare - restate saldi nel Signore. Egli vi aiuterà a
superare questa difficoltà". E ancora, preghiere, ricordando la Giornata mondiale
di preghiera per le vocazioni, Benedetto XVI aveva chiesto in precedenza “perché -
ha auspicato - la grandezza e la bellezza dell’amore di Dio attiri tanti a seguire
Cristo sulla via del sacerdozio e in quella della vita consacrata”. E anche perché,
aveva aggiunto, “ci siano altrettanti sposi santi, capaci di indicare ai figli, soprattutto
con l’esempio, gli orizzonti alti a cui tendere con la loro libertà”.