2009-05-04 08:45:44

Il Papa ordina 19 nuovi sacerdoti: come Cristo date la vita per gli altri. Al "Regina Coeli" parla del suo pellegrinaggio di pace in Terra Santa


I sacerdoti siano immagine di Cristo e come il Buon Pastore sappiano dare la vita per gli altri senza conformarsi alla mentalità del "mondo". Ancora una volta, Benedetto XVI è tornato a riflettere su uno dei temi portanti del suo Magistero riguardanti la vocazione e la missione sacerdotale. E lo ha fatto nella Messa solenne presieduta ieri mattina nella Basilica di San Pietro, durante la quale ha conferito l’ordinazione sacerdotale a 19 diaconi della diocesi di Roma, sei dei quali di origine non italiana. Al Regina Caeli, poi, il Papa ha chiesto preghiere per il suo prossimo viaggio in Terra Santa e ha espresso solidarietà alle vittime del Messico e degli altri Stati, colpiti dal virus dell'influenza H1N1. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3
 
Pietre d’angolo della Chiesa, testimoni credibili alla sequela del Buon Pastore, e non uomini contaminati da un tipo di società che “non conosce Dio” e più spesso ancora non ha alcuna intenzione di conoscerlo. Con la nettezza che lo ha sempre contraddistinto su questo argomento, Benedetto XVI - sviluppando idealmente l’omelia della Messa Crismale dello scorso Giovedì Santo - è tornato a tracciare lo spartiacque che vuole un ministro del Vangelo “nel” mondo ma non “del” mondo.

 
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Con l’intensità spirituale e simbolica che un tale gesto riveste, sempre particolarmente coinvolgente, le mani del Papa si sono posate durante la liturgia sulla testa di 19 uomini, alcuni dei quali in età matura, che hanno scelto di seguire le orme degli Apostoli. Metà di loro romani o della provincia, tre italiani - un siciliano, un pugliese e un lombardo - e sei non italiani ma rappresentanti dell’intero pianeta: un diacono nigeriano, uno di Haiti, un croato, uno della Repubblica Ceca, un cileno e un sudcoreano. A loro, Benedetto XVI ha sottoposto il brano del Vangelo di Giovanni che afferma come il mondo non riconosca i sacerdoti perché non riconosce Dio:

 
“E’ vero, e noi sacerdoti ne facciamo esperienza: il ‘mondo’ (…) non capisce il cristiano, non capisce i ministri del Vangelo. Un po’ perché di fatto non conosce Dio, e un po’ perché non vuole conoscerlo. Il mondo non vuole conoscere Dio per non essere disturbato dalla sua volontà, e perciò non vuole ascoltare i suoi ministri, questo potrebbe metterlo in crisi (…) Questo ‘mondo’ (…) nel senso evangelico, insidia anche la Chiesa, contagiando i suoi membri e gli stessi ministri ordinati (…) è una mentalità, una maniera di pensare e di vivere che può inquinare anche la Chiesa, e di fatto la inquina, e dunque richiede costante vigilanza e purificazione”.

 
Per non cadere in questo rischio, il sacerdote deve entrare in piena comunione con Cristo, in modo “sacramentale” ma anche “esistenziale”, per essere “consacrato nella verità”. Il mezzo per realizzare questa comunione, ha indicato Benedetto XVI, è innestarsi con la preghiera in quella che Cristo ha levato a Dio perché custodisse i “suoi”:

 
“Da qui deriva per noi presbiteri una particolare vocazione alla preghiera, in senso fortemente cristocentrico: siamo chiamati, cioè, a ‘rimanere’ in Cristo (…) e questo rimanere in Cristo si realizza particolarmente nella preghiera. Il nostro ministero è totalmente legato a questo ‘rimanere’ che equivale a pregare, e deriva da esso la sua efficacia”.

 
La Messa quotidiana, dunque, ma anche la Liturgia delle ore, l’adorazione eucaristica, la Lectio divina, il rosario, la meditazione: da qui il sacerdote trae, ha affermato il Papa, la sua “linfa”. Il sacerdote “che prega, e che prega bene - ha soggiunto - viene progressivamente espropriato di sé e sempre più unito a Gesù Buon Pastore”, il cui nome è l’unico “che salva”:

 
“L’apostolo, e quindi il sacerdote, riceve il proprio ‘nome’, cioè la propria identità, da Cristo. Tutto ciò che fa, lo fa in nome suo. Il suo ‘io’ diventa totalmente relativo all’’io’ di Gesù. Nel nome di Cristo, e non certo nel proprio nome, l’apostolo può compiere gesti di guarigione dei fratelli, può aiutare gli ‘infermi’ a risollevarsi e riprendere a camminare”.

 
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Benedetto XVI, che ha concelebrato attorniato dal cardinale vicario, Agostino Vallini, dai vescovi ausiliari e da molti sacerdoti della diocesi di Roma, ha concluso la liturgia in Basilica e si è poi spostato nel suo studio, affacciandosi verso le 12.15 alla finestra che dà sulla Piazza per presiedere alla recita del "Regina Coeli". Con le circa 40 mila persone presenti, il Papa ha condiviso i molti auspici che riempiono il suo cuore alla vigilia del viaggio apostolico in Terra Santa, che inizierà venerdì prossimo. “Mi propongo - ha detto fra gli applausi - di confermare e di incoraggiare i cristiani di Terra Santa, che devono affrontare quotidianamente non poche difficoltà” e, ricordando anche le "grandi sofferenze" che vedono vittime i palestinesi, ha aggiunto:

 
“Mi farò pellegrino di pace, nel nome dell’unico Dio che è Padre di tutti. Testimonierò l’impegno della Chiesa Cattolica in favore di quanti si sforzano di praticare il dialogo e la riconciliazione, per giungere ad una pace stabile e duratura nella giustizia e nel rispetto reciproco. Infine, questo viaggio non potrà non avere una notevole importanza ecumenica e inter-religiosa. Gerusalemme è, da questo punto di vista, la città-simbolo per eccellenza: là Cristo è morto per riunire tutti i figli di Dio dispersi”.

 
Benedetto XVI si è poi soffermato con un pensiero di solidarietà alle vittime dell'influenza che sta colpendo in questi giorni il Messico e molti Paesi del pianeta. "Cari fratelli messicani - ha detto in particolare - restate saldi nel Signore. Egli vi aiuterà a superare questa difficoltà". E ancora, preghiere, ricordando la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, Benedetto XVI aveva chiesto in precedenza “perché - ha auspicato - la grandezza e la bellezza dell’amore di Dio attiri tanti a seguire Cristo sulla via del sacerdozio e in quella della vita consacrata”. E anche perché, aveva aggiunto, “ci siano altrettanti sposi santi, capaci di indicare ai figli, soprattutto con l’esempio, gli orizzonti alti a cui tendere con la loro libertà”.







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