Influenza da suini: 10 le vitime e 330 i casi di contagio
Resta alta l’allerta per la pandemia di influenza da suini. L’ultimo bollettino dell’Oms
parla di 331 casi di contagio e 10 morti accertati in 11 Paesi del mondo. E dai media
sono venute, a volte, notizie contrastanti a proposito dell’impatto dell’influenza
suina. Ma c’è troppo allarmismo o troppa cautela? Debora Donnini lo ha chiesto
a Giovanni Rezza, direttore di Epidemiologia delle malattie infettive dell’Istituto
Superiore di Sanità:
R. – Probabilmente
né l’una né l’altra. Forse il numero dei morti all’inizio è stato "gonfiato", perché
non tutti erano affetti da influenza H1N1 di tipo suino. Le stime che fa anche l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, però, sono probabilmente anch’esse al ribasso, in quanto computano
fra i decessi solo quei pazienti su cui è stato fatto un test. Il test naturalmente
non viene fatto su tutti i pazienti, specialmente in una realtà come quella messicana.
Quindi, questo fa sì che le stime siano ballerine e che noi non riusciamo a capire
bene, effettivamente, come stiano le cose. D. – Voi, come Istituto
Superiore di Sanità, siete preoccupati? R. – Più che preoccupati,
sicuramente siamo allertati. Al momento, non abbiamo casi confermati in Italia e questo
già ci fa piacere. Il punto è che bisogna essere capaci, però, di arginare immediatamente
i focolai nascenti. D. – L’Organizzazione Mondiale della Sanità
ieri ha alzato il livello d’allarme da 4 a 5: in questo caso già c’è la fase di passaggio
da uomo a uomo... R. – Mentre il virus dell’aviaria era molto
aggressivo, quindi causava una malattia molto grave, ma non era trasmissibile, quasi
per niente, da persona a persona, questo virus, invece, probabilmente, è molto meno
aggressivo rispetto a quello, ma si trasmette più facilmente da persona a persona,
come un normale virus influenzale. Il problema maggiore è che questo virus è un virus
nuovo, quindi, non incontrando persone già immuni, può diffondersi più facilmente.