Medici Senza Frontiere prosegue le attività in Sudan
L’espulsione di due delle cinque sezioni di Medici Senza Frontiere (Msf) ordinata
dalle autorità sudanesi a inizio marzo, ha costretto l’organizzazione a chiudere
quasi la metà dei progetti. Le altre operazioni sono proseguite con enormi difficoltà,
a causa dell’insicurezza e degli ostacoli amministrativi. L’organizzazione è stata
costretta ad abbandonare medicine e altri forniture. Le autorità sudanesi hanno trattenuto
anche i passaporti degli operatori, impedendo loro l’uscita dal Paese fino a metà
aprile, cioè più di un mese dopo l’espulsione ufficiale. Inoltre, dopo il rapimento
dei cinque operatori a metà marzo e dopo altri seri incidenti di sicurezza, le èquipe
di Msf hanno preso la difficile decisione di chiudere i progetti di Serif Umra e Kebkabiya,
dal momento che non era più possibile continuare a prestare assistenza medica in modo
sicuro. L’insicurezza dell’area – ricorda l’organizzazione con un comunicato - ha
portato anche alla sospensione a tempo indefinito dei progetti di Tawila. Veniva assistenza
medica a più di 170 mila persone grazie a questi progetti in Darfur. Attualmente Msf
continua ad essere operativa in nord Sudan, sebbene si stia analizzando attentamente
il loro futuro, che dipenderà dal miglioramento delle condizioni di lavoro nelle
prossime settimane. L’organizzazione umanitaria è in Sudan dal 1979 e ha cominciato
a lavorare in Darfur a dicembre del 2003. Tra il 2004 e il 2008, le èquipe di Msf
in Darfur hanno realizzato più di 3 milioni di visite mediche, trattato 60 mila persone
negli ospedali e fornito supporto nutrizionale a più di 110 mila bambini nei centri
nutrizionali terapeutici. (A.L.)