Il Papa tra i terremotati d'Abruzzo: viaggio in auto e non in elicottero a causa del
maltempo
Il Papa ha lasciato il Vaticano in auto poco dopo le 9.00, diretto in Abruzzo per
la visita alle popolazioni colpite dal terremoto del 6 aprile. Benedetto XVI non ha
potuto prendere l'elicottero a causa del maltempo. Il Pontefice dovrebbe arrivare
ad Onna dopo le 10.15. Poi la visita alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio,
per venerare l’urna con le spoglie di San Celestino V. Quindi la visita alla Casa
dello Studente. Infine la sosta a Coppito, presso la caserma della Guardia di Finanza.
Dopo la recita del Regina Coeli, il rientro in Vaticano. Ma diamo la linea al nostro
inviato all’Aquila, Massimiliano Menichetti:
Dunque, prima
tappa del Papa tra i terremotati, sarà Onna, centro simbolo del devastante terremoto
che ha colpito la provincia dell’Aquila. Nell’imminenza dell’arrivo del Pontefice,
l’altro nostro inviato, Fabio Colagrande, ha raccolto le emozioni del parroco
di Onna e Monticchio, don Cesare Cardoso: 00:01:41:42
R. – Ho
visto nella gente tanto entusiasmo. La gente ha detto: “Che bello”. Certamente poi,
andando più in là e toccando i sentimenti di alcune persone, soprattutto quelli più
feriti, che sono stati più colpiti, perché hanno perso dei cari, alcuni di loro mi
hanno detto: “Noi aspettiamo il Papa”, come quelle persone o quei figli, che quando
hanno un problema ad un certo punto bussano alla porta e si vedono arrivare il papà.
Certamente quel papà, quel padre spirituale, non cambierà gli eventi, o quello che
è successo, però ci darà tanta forza, tanta serenità, ci aiuterà spiritualmente a
superare queste difficoltà. D. – Sappiamo che Benedetto XVI
ha espresso proprio il desiderio di incontrare i terremotati, di incontrare i familiari
delle vittime. Come avete preparato l’accoglienza al Papa? R.
– In modo molto semplice. Se fosse stato un clima diverso, avremmo fatto chissà quante
belle cose. Adesso, però, lo facciamo con tanta semplicità. Una signora mi diceva:
“Padre, l’unica cosa che vorrei fare, quando vedrò il Sommo Pontefice è dargli un
abbraccio e dirgli ‘la ringrazio Santità, perché è qui con noi. La sua presenza ci
spinge a dare un senso alla nostra sofferenza’”. D. – Lei
don Cesare ha vissuto la Pasqua qui ad Onna nel dramma. Come è riuscito ad infondere
la speranza della Resurrezione alla sua comunità? R. – Ricordandomi
le parole di San Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo: la tribolazione, la
fame, l’angoscia”. Nessuno e niente ci potrà separare da Lui, perché noi siamo in
tutto questo più che vincitori, perché Cristo è la nostra forza ed è Cristo che ci
dà tutto ed è la nostra speranza. (Montaggio a cura di Maria Brigini) L’arrivo
del Pontefice nelle zone terremotate richiede una particolare attenzione anche per
la macchina organizzativa. Fabio Colagrande ne ha parlato con Guido Bertolaso,
sottosegretario alla Protezione Civile: 00:00:26:47
Ed ora sentiamo
le voci delle persone colpite dal terremoto, raccolte da Massimiliano Menichetti.
La visita di Benedetto XVI rappresenta una spinta in più per ricominciare nel segno
della speranza: 00:00:30:58
R. – (Paolo)
Sarà un segno di grande speranza; incoraggiante insomma. Dà quella speranza di andare
avanti, anche al di là delle macerie. D. – E che cosa porterete
al Papa? R. – Sicuramente tanta sofferenza per la situazione
che si vive; anche tanta preoccupazione per il futuro. Però, c’è la speranza di un
futuro. D. – Come stanno andando le cose? R. - (Lucia)
Per quanto riguarda l’accoglienza e l’assistenza sono ottime. Abbiamo degli angeli
qui dentro. Abbiamo la Protezione civile, i Vigili del Fuoco, che danno veramente
un aiuto a livello psicologico, anche fisiologico, per quanto riguarda gli ammalati.
Certo, mancano le nostre quattro mura. Speriamo, però, che al più presto Dio ci dia
una mano per poter rientrare nelle nostre case. D. – Trovo straordinario
il fatto che voi siate in una tenda e mi diciate: “Abbiamo di tutto e di più”. Com’è
possibile una cosa del genere? R. – Sì, perché abbiamo visto
di peggio: le persone che ormai non ci sono più. E a questo punto possiamo dire veramente
che Dio ci ha aiutato. Dobbiamo, allora, continuare ed andare avanti. D.
– Che cosa si aspetta da questo incontro? R. – Noi avvertiamo
nell’aria questa presenza. L’avvertiamo. D. - Come sta vivendo questa situazione? R.
– (Luciana) Con tanta pace dentro perché penso che la mia casa
sia questa. Quando sono venuta qui ed ho trovato i frati, per me è stata una cosa
molto importante perché sento la presenza di Cristo; nonostante tutto, vedo che Dio
non ci abbandona. D. – Lei dice: “la mia casa è questa” e sta
indicando una cappella-tenda… R. – Sì, perché qui trovo veramente,
in Gesù Cristo, la forza di andare avanti. D. – Cosa significa
per lei questo arrivo del Papa? R. – Io penso che sia molto
importante, sento veramente che è Cristo sulla terra. D. – Che
cosa porterà al Papa, nel suo cuore? R. – La preghiera per lui.
Io penso che la preghiera è importante, la preghiera reciproca. D. – Lei
è dell’Aquila? R. – (Norma) Sì, proprio
aquilana. Mi manca l’Aquila, è finito tutto. Il Corso e i Portici non ci sono più
ed allora è triste, ci viene da piangere. D. – Che cosa si
aspetta da questo incontro con il Papa? R. – Sempre cose buone
perché quando uno ha la fede, deve sperare sempre. Già che siamo salvi, è tanto; pensando
a tutte quelle persone che sono rimaste sotto le macerie, è triste.(Montaggio
a cura di Maria Brigini) Ad accogliere il Papa in Abruzzo sarà
l’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari. Ascoltiamolo al microfono di Massimiliano
Menichetti:00:02:26:74
R. – E’ stata un’iniziativa che viene proprio
dal suo cuore di padre, di pastore, vedendo la nostra sofferenza di questo momento.
La nostra tragedia è conosciuta in tutto il mondo, però la presenza del Papa, la farà
conoscere ancora di più e questo ci porterà anche, certamente, ad avere ancora più
solidarietà da parte di tutti e per noi questo è importante. Però, a prescindere da
questo, quello che è più importante, è proprio sul piano religioso, sul piano della
fede. D. – Mons. Molinari, che cosa vi porterà il Papa? R.
– Quello che conta è che lui ci confermi nella fede. E’ lui che ci indica la strada
da seguire, è lui che ci dice da quale parte sta la verità che guida il popolo cristiano;
è lui che ci rassicura e che ci libera dal dubbio. In questo momento, veramente, confermare
i propri fratelli nella fede, questi fratelli che sono nella prova, nella sofferenza,
diventa ancora più bello, ha un sapore ancora più profondo, un significato ancora
più bello. In fondo, una volta mi disse un teologo: “Io mi aspetto dal mio vescovo
solo questo: che mi confermi nella fede del Cristo risorto”. Il Papa quindi, viene
a confermarci in questa fede, nel Cristo risorto, con tutto quello che questo significa.
Significa buttarsi dietro alle spalle tutto quello che sa di sfiducia, di rassegnazione,
di dubbio; di rinuncia ad impegnarci a lottare per andare avanti. Credere nel Cristo
risorto significa mettere da parte tutto quello che è cultura di morte, che è crisi
della speranza per imboccare, invece, decisamente la strada dell’affidarsi totalmente
al Signore, anche quando sembra tanto, tanto difficile: ed in questo momento è difficile.
Di fronte ad una prova così grande, il nostro popolo ha tanta fede però, indubbiamente,
è un momento difficile e quindi, la presenza del Papa ci richiama alla centralità
di questa fede. E' vero, noi sappiamo che abbiamo bisogno davvero di tanta solidarietà
da parte di tutti e per questo ringraziamo tutti, ma prima di tutto abbiamo bisogno
di profonda fede, quella fede che genera anche la speranza, che genera la forza di
andare avanti e tutto questo non lo ritroviamo nei ragionamenti umani. La povera ragione
umana, di fronte a questo mistero del dolore, di una prova così grande, si arrende,
non trova spiegazione. Alla luce della fede, non è che abbiamo delle spiegazioni preconfezionate,
astratte, però abbiamo l’esempio di Cristo che, salendo sulla Croce, soffrendo, dando
la sua vita, ha salvato tutto il mondo.(Montaggio a cura di Maria Brigini)