Domani, in Piazza San Pietro, le canonizzazioni di cinque nuovi Santi presiedute da
Benedetto XVI. Le loro storie, dal Medioevo all'inizio del Novecento
Cinque nuovi Santi, che abbracciano un arco temporale molto ampio: dal Medioevo delle
lotte fra i regni europei al 19.mo secolo, particolarmente ricco di testimoni del
Vangelo e di fondatori di Istituti religiosi, che dilatano i confini della missione
della Chiesa contemporanea. Sono i Santi che Benedetto XVI canonizzerà domattina,
durante la solenne cerimonia in Piazza San Pietro, che inizierà alle ore 10. Alessandro
De Carolis tratteggia in sintesi le loro storie:
(musica)
Giovanni
è un quarantunenne di buoni studi, cavaliere dell’Impero, docente di diritto. Un uomo
in vista per la società del suo tempo - la Siena del 1300 - ma non per la sua anima,
che lui desidera spazzare da frenesie e convenienze che lo appesantiscono. A 30 chilometri
da Siena c’è una zona arida, sparsa di collinette di creta, dove perfino l’ulivo stenta
a crescere. E’ chiamata “Deserto di Accona”: lì Giovanni - che prende il nome di Bernardo
- si stabilisce con due amici, scavando grotte e vivendo da eremita. E lì la loro
esistenza semplice, di stampo benedettino, tra lavoro e Lectio divina, finisce per
attirare nobili e popolani. E’ la comunità iniziale che darà vita, nel 1319, al celebre
Monastero di Monte Oliveto. Col tempo oltre ai monaci, tutti vestiti con sai bianchi,
si moltiplicano anche i monasteri e si diffonde la particolare spiritualità mariana
tipica del nuovo Ordine, che Clemente VI approva nel 1344. Quattro anni dopo arriva
la stagione della grande peste. L’antico eremita rinuncia al ritiro e si trasforma
in un apostolo della carità: svuota il convento e va con i suoi 82 monaci a Siena
ad assistere i malati. Morirà con tutti loro nel 1348, colpito dal morbo, lasciando
non reliquie - perché la sepoltura è una fossa comune coperta di calce viva - ma un
carisma ancora oggi prospero di vocazioni dopo oltre 600 anni.
Dodici
anni dopo la morte di Bernardo Tolomei, il Portogallo vede nascere un suo futuro eroe
nazionale, Nuno Alvares Pereira, fondatore della casa di Braganza. Conestabile del
Regno di Portogallo, circondato da grande rispetto, viene nominato generale a soli
23 anni. La fiducia è ben riposta. Il giovane comandante guida le truppe alla vittoria
nella battaglia di Atoleiros, grazie alla quale il Portogallo si affranca definitivamente
dagli altri regni della penisola iberica. Poi, in modo simile a Bernardo - ma con
echi nel suo caso molto più fragorosi - l’eroe abbandona la spada per il saio. Rimasto
vedovo, nel 1423 entra a Lisbona nel convento da lui fondato per l'Ordine dei Carmelitani.
Vuole essere un semplice "donato" e prende il nome di fra Nuno di Santa Maria. Muore
il giorno di Pasqua del 1431, lasciando di sé il ricordo di un uomo di preghiera e
di penitenza, generoso verso i poveri, devoto della Madonna.
Con
un salto temporale di quasi 400 anni, si arriva alla storia di una famiglia della
ricca borghesia di Napoli. In essa vive Caterina Volpicelli che a 20 anni, intorno
al 1860, vede frustrato a causa della salute malferma il suo grande desiderio di consacrarsi
come religiosa. Abbandona il monastero ma non il suo proposito, come dice sempre,
di arrivare “all’intima unione con Dio”. Nel 1864, viene a conoscenza dell’Associazione
“Apostolato della Preghiera”. E’ la svolta. Ne diventa zelatrice, la prima a Napoli,
e con le sue prime compagne decide più tardi di fondare l’Istituto delle Ancelle del
Sacro Cuore. La loro casa diventa un centro di irradiazione dell’Eucaristia e del
loro apostolato, che contrariamente agli Istituti religiosi femminili dell’epoca -
dediti soprattutto alla contemplazione e alle opere assistenziali - si spende per
la santificazione delle anime. L’Istituto non ha un abito proprio e conta tre rami,
uno religioso e due laicali. Con lo studio della teologia e il servizio alla Chiesa
anticipano di quasi un secolo alcune novità del Concilio Vaticano II.
Quando
Caterina Volpicelli muore, nel 1894, un umile ma intraprendente parroco del bresciano,
don Arcangelo Tadini, ha appena fondato l’anno prima nella sua zona la Società di
Mutuo soccorso, allo scopo di fornire agli operai un fondo di assistenza in caso di
infortunio. La Società è una delle molte istituzioni create per la sua gente da questo
sacerdote che, come diranno, compie in silenzio veri miracoli di giustizia sociale.
Nato nel 1846 a Verolanuova, provincia di Brescia, nel 1887 don Tadini diventa parroco
a Botticino Sera, una frazione che non lascerà più fino alla morte ma che sarà fulcro
di continue iniziative. Il culmine arriva nel 1900, con la fondazione delle Suore
Operaie della Santa Casa di Nazareth, che vivono con i tre voti dei religiosi ma condividono
a tutt’oggi la vita, gli orari, anche la fabbrica delle operaie laiche. Muore il 20
maggio 1912.
Anche Caterina Comensoli è del bresciano
ed ha solo un anno in meno di don Tadini quando nasce a Bienno il 18 gennaio 1847.
Vive un’infanzia serena in famiglia: papà Carlo è “fucinaro” e la mamma Anna Maria
fa la sarta. Come la Volpicelli, è subito sensibile all’Eucaristia, tanto che a 6
anni e mezzo riesce a infilarsi tra la gente inginocchio davanti alla balaustra e
a ricevere la sua Comunione “segreta”, come ne parlerà più avanti. Nel 1866 entra
nella Compagnia di Sant’Angela Merici. Nasce in lei l’idea di un Istituto di Adoratrici
attente ai bisogni educativi del tempo. Con don Francesco Spinelli, fonda nel 1882
a Bergamo l’Istituto delle “Suore Adoratrici” e prende il nome di Madre Geltrude,
ma nel 1889 un dissesto finanziario causa la separazione dei due Fondatori. Suor Geltrude,
insieme con le 73 suore rimaste con lei, continua la vita dell’Istituto “Suore Sacramentine
di Bergamo”, mentre don Francesco con un altro gruppo di religiose continua la sua
opera a Rivolta d’Adda. Gertrude si spegne a mezzogiorno del 18 febbraio 1903, a soli
56 anni.
(musica)
Sul profilo dei nuovi Santi, si sofferma in questa
intervista il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, l’arcivescovo
Angelo Amato:
R. - Vorrei
ricordare anzitutto il Beato Arcangelo Tadini, sacerdote della diocesi di Brescia,
fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. E’
provvidenziale questa canonizzazione in vista dell'imminente anno sacerdotale. Don
Tadini era un sacerdote, pio, zelante, particolarmente vicino al mondo del lavoro
soprattutto femminile. E’ di grande attualità il suo carisma oggi.
D.
- E qual è l'attualità degli altri?
R. - La loro
attualità è la santità, che è la vocazione specifica dei battezzati, tutti chiamati
alla santificazione. Ma la loro santità, radicata su Gesù Eucaristico e sul suo amore
misericordioso, si espande nel servizio ai più bisognosi. Servizio il più svariato:
educazione, catechesi, assistenza, accoglienza, missio ad gentes.
D.
- In prospettiva ci sono altre novità al riguardo?
R.
- Per quanto riguarda l'Italia, ad ottobre ci sarà a Milano la Beatificazione di Don
Carlo Gnocchi, anche lui un eroe dell' assistenza ai bambini feriti dalle vicende
belliche. Come sempre la carità cristiana entra con il suo intuito spirituale a sanare
persone in difficoltà e situazioni di emarginazione e di indigenza. Insomma, i Santi
non sono degli alieni, ma dei veri benefattori dell'umanità bisognosa.