Benedetto XVI agli insegnanti di religione: la dimensione religiosa rende più umano
l'uomo e fa apprezzare il valore della redenzione cristiana
“L’insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola
in Italia e l’insegnante di religione costituisce una figura molto importante nel
collegio dei docenti”. “La vostra presenza è un valido esempio di quello spirito positivo
di laicità che permette di promuovere una convivenza civile costruttiva, fondata sul
rispetto reciproco e sul dialogo leale, valori di cui un Paese ha sempre bisogno”.
Con queste parole, Benedetto XVI si è rivolto stamani agli insegnanti di religione
che hanno partecipato all’incontro, conclusosi oggi e incentrato sul tema: “Io non
mi vergogno del Vangelo”. Il Papa ha anche sottolineato che “l’altissimo numero di
coloro che scelgono di avvalersi di questa disciplina” è il segno del suo valore insostituibile
nel percorso formativo e un indice degli elevati livelli di qualità raggiunti. Il
servizio di Amedeo Lomonaco:
Il Papa sottolinea
il contributo originale e specifico dell’insegnamento della religione cattolica: grazie
a questa disciplina - spiega il Santo Padre - “la scuola e la società si arricchiscono
di veri laboratori di cultura e di umanità nei quali, decifrando l’apporto significativo
del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità,
a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del
passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il
futuro”. “L’insegnamento della religione cattolica - aggiunge Benedetto XVI
- favorisce la riflessione sul senso profondo dell’esistenza, aiutando a ritrovare,
al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un’intuizione globale”:
“Ciò
è possibile perché tale insegnamento pone al centro la persona umana e la sua insopprimibile
dignità, lasciandosi illuminare dalla vicenda unica di Gesù di Nazaret, di cui si
ha cura di investigare l’identità, che non cessa da duemila anni di interrogare gli
uomini”.
Il Papa ribadisce anche l’esigenza di riaprire gli spazi
della razionalità alle grandi questioni del vero e del bene e di “coniugare tra loro
la teologia, la filosofia e le scienze” nel pieno rispetto della loro reciproca autonomia.
La dimensione religiosa - sottolinea il Pontefice - è intrinseca al fatto culturale,
“concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza
in sapienza di vita”:
“Il vostro servizio, cari amici, si colloca
proprio in questo fondamentale crocevia, nel quale - senza improprie invasioni o confusione
di ruoli - si incontrano l’universale tensione verso la verità e la bimillenaria testimonianza
offerta dai credenti nella luce della fede, le straordinarie vette di conoscenza e
di arte guadagnate dallo spirito umano e la fecondità del messaggio cristiano che
così profondamente innerva la cultura e la vita del popolo italiano. Con la piena
e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento, voi contribuite, da una
parte, a dare un’anima alla scuola e, dall’altra, ad assicurare alla fede cristiana
piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione e della cultura in generale”.
Agli
insegnanti di religione il Papa indica poi come modello San Paolo, che nel suo insegnamento
non separa la formazione religiosa da quella umana. L’Apostolo delle genti - spiega
il Santo Padre - è un vero “maestro” che ha a cuore “sia la salvezza della persona
educata in una mentalità di fede, sia la sua formazione umana e civile, perché il
discepolo di Cristo possa esprimere in pieno una personalità libera, un vivere umano
completo e ben preparato, che si manifesta anche in un’attenzione per la cultura,
la professionalità e la competenza nei vari campi del sapere a beneficio di tutti”:
“Grande
è il fascino che l’Apostolo delle genti continua ad esercitare su tutti noi: in lui
riconosciamo il discepolo umile e fedele, il coraggioso annunciatore, il geniale mediatore
della Rivelazione. Caratteristiche, queste, a cui vi invito a guardare per alimentare
la vostra stessa identità di educatori e di testimoni nel mondo della scuola". La
dimensione religiosa - osserva Benedetto XVI - è parte integrante della persona sin
dalla primissima infanzia:
“La dimensione religiosa rende l’uomo
più uomo. Possa il vostro insegnamento essere sempre capace, come lo fu quello di
Paolo, di aprire i vostri studenti a questa dimensione di libertà e di pieno apprezzamento
dell’uomo redento da Cristo così come è nel progetto di Dio, esprimendo così, nei
confronti di tanti ragazzi e delle loro famiglie, una vera carità intellettuale”.
Uno degli aspetti principali dell’insegnamento della religione
cattolica è la comunicazione della verità e della bellezza della Parola di Dio. La
conoscenza della Bibbia - sottolinea il Papa - è un elemento essenziale del programma
di insegnamento della religione cattolica”. Esiste un nesso che lega l’insegnamento
scolastico della religione e l’approfondimento esistenziale della fede, quale avviene
nelle parrocchie e nelle diverse realtà ecclesiali: “Tale
legame è costituito dalla persona stessa dell’insegnante di religione cattolica: a
voi, infatti, oltre al dovere della competenza umana, culturale e didattica propria
di ogni docente, appartiene la vocazione a lasciar trasparire che quel Dio di cui
parlate nelle aule scolastiche costituisce il riferimento essenziale della vostra
vita”. Il Santo Padre augura infine
che il Signore doni agli insegnanti di religione la gioia di non vergognarsi mai del
Suo Vangelo, “la grazia di viverlo, la passione di condividere e coltivare
la novità che da esso promana per la fine del mondo”.
L’insegnamento della
religione cattolica non può prescindere dal Vangelo, codice vitale della tradizione
cristiana per la trasmissione alle nuove generazioni di valori e modelli densi di
autentici significati. E’ quanto sottolinea al microfono di Alessandro Guarasci
il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata:
R. - Il Vangelo
è come la radice del nostro essere Chiesa, ma anche del nostro impegno culturale.
Quindi, lo è anche rispetto all’insegnamento della religione che conserva il suo caratteristico
impianto culturale, laicamente presentabile e spendibile nei confronti di tutti, perché
si riferisce ad un patrimonio di cultura che è condiviso da un ambiente, da una tradizione,
oltre che un’opzione confessionale di fede consapevole e voluta. Si deve ritornare
sempre, riattingere sempre a questa radice evangelica e paolina, perché ripresa da
San Paolo.
D. - C’è bisogno di una maggiore formazione
per gli insegnanti, oppure ritiene che le cose così come sono vadano bene?
R.
- Io non direi né l’uno né l’altro, perché nemmeno una situazione buona consente di
adagiarsi, in quanto c’è un’evoluzione, una crescita propria della cultura della scuola,
del mondo dell’insegnamento. C’è un bisogno di evoluzione costante in chiunque operi
in questo campo. L’impegno dell’istituzione ecclesiastica, oltre che della scuola,
è stato sempre molto intenso nella formazione dei docenti. Devo però anche dire che
c’è l’esigenza di tenere viva una qualificazione, non solo costante, ma anche crescente
in questo ambito. E’ un ruolo che oltre la formula istituzionale è dato dalla qualità
di sintesi culturale che obiettivamente - dal punto di vista dell’ambiente, della
tradizione, del patrimonio culturale che abbiamo consegnato dalle generazioni passate
- questo insegnamento assicura nella scuola di oggi, come nella cultura e nella società
in genere.
L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole è dunque
una risorsa per tutti, credenti e non credenti, perché concorre allo sviluppo della
persona. Alessandro Guarasci ne ha parlato con don Vincenzo Annichiarico,
responsabile del Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica:
R. - Questa
disciplina scolastica concorre all’educazione dei giovani, soprattutto quando aiuta
i giovani a crearsi un orizzonte di senso, a dare anche valore e significato a tanti
aspetti, propri della cultura del nostro popolo italiano. Credo che all’interno della
scuola sia un’opportunità: questo induce l’insegnante ad essere un insegnante di qualità
e a proporre, all’interno della scuola, una disciplina che aiuti davvero il ragazzo
a crescere.
D. - Alcuni genitori dicono, però: “Non
facciamo fare catechismo ai nostri ragazzi, questo non è un compito della scuola”.
Lei come risponde?
R. - Certamente non c’è catechesi.
Se la media nazionale dice che il 91,1% degli studenti in età scolare si avvale dell’insegnamento
della religione cattolica, non credo che il 91% di questi ragazzi frequenti la nostra
Chiesa. Questo significa che hanno capito che non si chiede l’adesione di fede. Ma
nello stesso tempo, sanno che l’insegnante con cui hanno a che fare è credente e propone,
da un punto di vista culturale, il Vangelo. Propone tutti gli aspetti che riguardano
proprio la radice - la Bibbia - ed i frutti, cioè tutto ciò che poi ha riguardato
la Chiesa in questa realtà del popolo italiano.
D.
- Tutti gli insegnanti sono adatti a raccogliere questa importante sfida?
R.
- La Conferenza episcopale italiana ha promosso gli Istituti superiori di Scienze
religiose. Oggi possiamo dire che c’è una buona competenza.