Veglia di preghiera per le vocazioni a San Paolo fuori le Mura
“La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana”: è questo il tema scelto da
Benedetto XVI per la 46.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che verrà
celebrata il 3 maggio, con l’ordinazione di nuovi sacerdoti per la Diocesi di Roma.
In vista di questo appuntamento, ieri sera, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura,
si è svolta una veglia di preghiera, presieduta dal cardinale vicario, Agostino Vallini.
Protagonisti dell'evento, i diaconi che saranno ordinati sacerdoti, religiose novizie
e neo-professe e una rappresentanza di fidanzati e di giovani. Alcuni di loro, con
una lampada accesa, hanno aperto il cammino verso la Tomba dell’Apostolo dove poi,
guidata dal cardinale e accompagnata dall’intera assemblea di oltre duemila fedeli,
si è alzata un'intensa preghiera. La veglia, che ha avuto inizio nel quadriportico
della Basilica al canto del “Vieni, vieni Spirito di Cristo”, si è articolata in due
momenti, dedicati rispettivamente all’incontro di San Paolo con Cristo, evento fondamentale
della sua vita, e all’incontro con Cristo di coloro che hanno risposto alla sua chiamata
per una missione-servizio nella comunità. Momento centrale della serata è stata la
catechesi, intitolata “Perché fidarsi del Signore?” Perché, dunque, l’uomo di oggi
deve fidarsi di Dio? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Giovanni Tani,
rettore del Seminario romano maggiore, tra i presenti alla veglia:
R. – Bisogna
fidarsi perché Dio ci ama tanto da dare la sua vita per noi! Noi corriamo il rischio
di fidarci di cose che sono molto meno di noi e di spendere energie per qualche cosa
che non è all’altezza della nostra dignità. E soprattutto il Crocifisso è Colui che
ci dice chi siamo. Gesù ci tratta non da servi, ma da amici. Cioè ci comunica il suo
segreto. Allora lo slogan è: “Lasciati prendere da questo amore”.
D.
– Mons. Tani, come rettore del Seminario romano maggiore, può dirci qual è la situazione
delle vocazioni a Roma?
R. – Qui da noi sono 34 e
di questi 6 diventeranno sacerdoti. La situazione non è molto rosea, nel senso che
sarebbe necessario un numero maggiore di giovani che si preparano al sacerdozio. Noi
crediamo che ci siano. Ma non arrivano a porsi la domanda. Non trovano l’occasione
per far scattare questa idea, questa scintilla di risposta al Signore. Non hanno la
possibilità di uscire dall’aria che tira. Ed è un’aria che non spinge verso una generosità,
verso un “per sempre”, verso un impegno radicale. Questo lo si vede sia nell’ambito
matrimoniale sia nell’ambito della consacrazione al Signore della vita sacerdotale.
E questa è un po’ un’aria che tira in Europa.
D.
– Su quali leve deve far forza la Chiesa ma anche la società per favorire nuove vocazioni?
R.
– La comunità cristiana deve sentirsi investita in maniera più diretta di questo compito
vocazionale ed educativo. Non deve essere passiva, non deve pensare: “Ci penserà il
Signore, perché Lui chiama”. Ogni comunità cristiana deve sentirsi l’ambito proprio
di un cammino vocazionale, in tutti i sensi, sia verso il matrimonio, sia verso la
vita consacrata. E quindi si devono favorire dei cammini di vera comunione e di vera
preghiera per riuscire a portare i giovani a farsi le grandi domande di senso della
vita, fare esperienze di solidarietà, non essere rinchiusi su se stessi ma aperti
al mondo, alle esigenze che ci sono nel mondo. Bisogna fare in modo che gli adulti
ritrovino il loro ruolo di adulti: non possono essere soltanto compagni di viaggio
o amici, ma anche coloro che trasmettono alle nuove generazioni proprio un cammino
di fede. Un cammino nel quale i giovani possano chiedersi quale sia la loro strada,
perché tutti hanno una strada da percorrere. Tutti hanno un dono da Dio da mettere
a frutto.
D. – Mons. Tani, cosa augura ai diaconi
che il prossimo 3 maggio saranno ordinati sacerdoti per la diocesi di Roma?
R.
– Di poter continuare a contemplare sempre di più e di crescere in questa contemplazione
dell’amore di Dio per loro e rimanere semplici e umili di fronte al grande amore che
Dio ha riversato su di loro. Tutto questo si potrà trasmettere attraverso il loro
gesto, il loro volto, la loro parola anche verso gli altri che rimarranno affascinati
proprio dal fatto che questi giovani, in un mondo come questo, rimangono felici e
liberi di vivere una vita che molti non capiscono. Una vita che in realtà è affascinante.