2009-04-24 15:45:47

Veglia di preghiera per le vocazioni a San Paolo fuori le Mura


“La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana”: è questo il tema scelto da Benedetto XVI per la 46.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che verrà celebrata il 3 maggio, con l’ordinazione di nuovi sacerdoti per la Diocesi di Roma. In vista di questo appuntamento, ieri sera, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, si è svolta una veglia di preghiera, presieduta dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Protagonisti dell'evento, i diaconi che saranno ordinati sacerdoti, religiose novizie e neo-professe e una rappresentanza di fidanzati e di giovani. Alcuni di loro, con una lampada accesa, hanno aperto il cammino verso la Tomba dell’Apostolo dove poi, guidata dal cardinale e accompagnata dall’intera assemblea di oltre duemila fedeli, si è alzata un'intensa preghiera. La veglia, che ha avuto inizio nel quadriportico della Basilica al canto del “Vieni, vieni Spirito di Cristo”, si è articolata in due momenti, dedicati rispettivamente all’incontro di San Paolo con Cristo, evento fondamentale della sua vita, e all’incontro con Cristo di coloro che hanno risposto alla sua chiamata per una missione-servizio nella comunità. Momento centrale della serata è stata la catechesi, intitolata “Perché fidarsi del Signore?” Perché, dunque, l’uomo di oggi deve fidarsi di Dio? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Giovanni Tani, rettore del Seminario romano maggiore, tra i presenti alla veglia:RealAudioMP3

R. – Bisogna fidarsi perché Dio ci ama tanto da dare la sua vita per noi! Noi corriamo il rischio di fidarci di cose che sono molto meno di noi e di spendere energie per qualche cosa che non è all’altezza della nostra dignità. E soprattutto il Crocifisso è Colui che ci dice chi siamo. Gesù ci tratta non da servi, ma da amici. Cioè ci comunica il suo segreto. Allora lo slogan è: “Lasciati prendere da questo amore”.

 
D. – Mons. Tani, come rettore del Seminario romano maggiore, può dirci qual è la situazione delle vocazioni a Roma?

 
R. – Qui da noi sono 34 e di questi 6 diventeranno sacerdoti. La situazione non è molto rosea, nel senso che sarebbe necessario un numero maggiore di giovani che si preparano al sacerdozio. Noi crediamo che ci siano. Ma non arrivano a porsi la domanda. Non trovano l’occasione per far scattare questa idea, questa scintilla di risposta al Signore. Non hanno la possibilità di uscire dall’aria che tira. Ed è un’aria che non spinge verso una generosità, verso un “per sempre”, verso un impegno radicale. Questo lo si vede sia nell’ambito matrimoniale sia nell’ambito della consacrazione al Signore della vita sacerdotale. E questa è un po’ un’aria che tira in Europa.

 
D. – Su quali leve deve far forza la Chiesa ma anche la società per favorire nuove vocazioni?

 
R. – La comunità cristiana deve sentirsi investita in maniera più diretta di questo compito vocazionale ed educativo. Non deve essere passiva, non deve pensare: “Ci penserà il Signore, perché Lui chiama”. Ogni comunità cristiana deve sentirsi l’ambito proprio di un cammino vocazionale, in tutti i sensi, sia verso il matrimonio, sia verso la vita consacrata. E quindi si devono favorire dei cammini di vera comunione e di vera preghiera per riuscire a portare i giovani a farsi le grandi domande di senso della vita, fare esperienze di solidarietà, non essere rinchiusi su se stessi ma aperti al mondo, alle esigenze che ci sono nel mondo. Bisogna fare in modo che gli adulti ritrovino il loro ruolo di adulti: non possono essere soltanto compagni di viaggio o amici, ma anche coloro che trasmettono alle nuove generazioni proprio un cammino di fede. Un cammino nel quale i giovani possano chiedersi quale sia la loro strada, perché tutti hanno una strada da percorrere. Tutti hanno un dono da Dio da mettere a frutto.

 
D. – Mons. Tani, cosa augura ai diaconi che il prossimo 3 maggio saranno ordinati sacerdoti per la diocesi di Roma?

 
R. – Di poter continuare a contemplare sempre di più e di crescere in questa contemplazione dell’amore di Dio per loro e rimanere semplici e umili di fronte al grande amore che Dio ha riversato su di loro. Tutto questo si potrà trasmettere attraverso il loro gesto, il loro volto, la loro parola anche verso gli altri che rimarranno affascinati proprio dal fatto che questi giovani, in un mondo come questo, rimangono felici e liberi di vivere una vita che molti non capiscono. Una vita che in realtà è affascinante.







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