Messaggio del Papa: in Sant'Anselmo unità di fede e ragione, inviolabilità della coscienza
e libertà della Chiesa fanno del Medioevo un "periodo pensante"
Sant’Anselmo conserva ancora una grande attualità, per questo può essere proficuo
rileggere i suoi scritti e rimeditare sulla sua vita. E’ quanto scrive Benedetto XVI
in un messaggio affidato al cardinale Giacomo Biffi, suo inviato speciale alle celebrazioni
che si stanno svolgendo ad Aosta, a conclusione dell’anno dedicato al monaco benedettino
nel IX centenario della morte. Il porporato ha letto le parole del Pontefice nella
città natale del Santo ieri sera. “Tra le figure più luminose nella tradizione della
Chiesa”, scrive il Papa riferendosi ad Anselmo, di lui non si puo’ fare a meno di
ricordare l’“insegnamento sul valore inviolabile della coscienza e sulla libertà come
responsabile adesione alla verità e al bene”, così come “la sua appassionata opera
di pastore d’anime”. Il servizio di Tiziana Campisi:
(musica)
Dottore
magnifico: così, spiega Benedetto XVI, viene chiamato Sant’Anselmo, monaco e poi vescovo,
brillante teologo vissuto nel XII secolo, “il cui pensiero si accendeva e illuminava”
nella preghiera e che con i suoi scritti testimonia che il medioevo è stato “un periodo
‘pensante’, e, … ‘coscienzioso’”. Furono le vette dei monti che ammirava da bambino
ad Aosta a fargli comprendere che “Dio si trova a una altezza inaccessibile, situata
oltre i traguardi a cui l'uomo può arrivare”, perché “Dio sta al di là del pensabile
- diceva -. Per questo il viaggio alla ricerca di Dio, almeno su questa terra, non
si concluderà mai, ma sarà sempre pensiero e anelito, rigoroso procedimento dell'intelletto
e implorante domanda del cuore”.
Anselmo cercava,
Dio gli ha aperto la strada, sicché penetrate le questioni più oscure sulla divinità
di Dio e la fede, riusciva a spiegarle e a provarle “con chiare ragioni” come elementi
della dottrina cattolica. “Mirava a raggiungere la visione dei nessi logici intrinseci
al mistero” Anselmo, “a percepire la ‘chiarezza della verità’; spinto dalla fede confidava
nella ragione per comprendere le cose di Dio.
“Non
tento, Signore, di penetrare la tua profondità, perché non posso neppure da lontano
mettere a confronto con essa il mio intelletto; ma desidero intendere, almeno fino
a un certo punto, la tua verità, che il mio cuore crede e ama. Non cerco infatti di
capire per credere, ma credo per capire”.
Così scriveva
Anselmo nel suo Proslogion. Ma non fu solo speculazione la sua vita, il religioso
benedettino viene ricordato anche come esperto maestro di vita spirituale e grande
educatore in cui si sono contraddistinte misericordia e fermezza, soprattutto quando
a malincuore dovette lasciare il monastero perché nominato arcivescovo di Canterbury.
Non si riteneva adatto, detestava gli impegni secolari e avrebbe voluto vivere tra
gli studi e la preghiera; ma proprio gli anni monastici lo resero capace di affrontare
le tribolazioni del ministero episcopale, tanto da fargli affermare che non avrebbe
mai conservato nel cuore alcun rancore per nessuno.
Come
vescovo lasciò emergere “la sua rettitudine, la sua rigorosa fedeltà alla coscienza;
se ne ricorda "la sua ‘libertà episcopale’, la sua ‘onestà episcopale’, la sua insonne
opera per la liberazione della Chiesa dai condizionamenti temporali e dalle servitù
di calcoli non compatibili con la sua natura spirituale”.
“Preferisco
essere in disaccordo con gli uomini che, d'accordo con loro, essere in disaccordo
con Dio”.
Questo si legge in una sua lettera, e in
un’altra ancora:
“Non ho paura di effondere il mio
sangue; non temo nessuna ferita nel mio corpo né la perdita dei beni”.
Nel
suo messaggio, Benedetto XVI ha voluto affidare al cardinal Biffi anche il compito
di esortare i fedeli della diocesi di Aosta “a guardare con ammirazione e affetto”
al loro grande concittadino Anselmo, una “luce" che "continua a brillare in tutta
la Chiesa, soprattutto là dove sono coltivati l'amore per le verità della fede e il
gusto per il loro approfondimento mediante la ragione”.