Lettera del Papa all'abate primate dei Benedettini, in occasione della conclusione
dell'Anno anselmiano. Stasera celebrazione ad Aosta
Con una settimana di celebrazioni e iniziative culturali la diocesi di Aosta ricorda,
nell’ambito dello speciale Anno Anselmiano, il nono centenario della morte di Sant’Anselmo,
monaco benedettino nel monastero di Bec, in Francia, e poi arcivescovo di Canterbury.
A presiedere oggi, alle ore 18, la solenne concelebrazione eucaristica per la festa
del Santo - nato ad Aosta nel 1033 - sarà l’inviato speciale del Papa, il cardinale
Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna. In occasione della ricorrenza, Benedetto
XVI ha inviato una lettera all’abate primate dei Benedettini Confederati, Dom Notker
Wolf. Il servizio di Alessandro Guarasci
Nelle
opere di Sant’Anselmo la contemplazione è dunque legata alla ricerca: l’amore è ciò
che la ragione stimola nella ricerca di Dio. E quale messaggio risplende oggi nei
suoi insegnamenti destinati soprattutto ai giovani? Helene Destombes, del nostro
programma francese, lo ha chiesto al vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi:
R. - La figura
di Sant’Anselmo emerge come educatore dei giovani, dando molta importanza alle regole
- soprattutto alle regole monastiche, che sono ispirate a valori cristiani - e contrastando
i suoi contemporanei quando usano le discipline troppo severe. Sant'Anselmo ha insegnato
ad avere rispetto della persona dei giovani, e soprattutto rispetto della coscienza.
Ha detto che bisogna educare il cuore, educare la coscienza. Mentre lui educa la coscienza,
dà anche un altro messaggio: bisogna insegnare a pensare bene, ad usare la ragione
per comprendere il mistero cristiano. Le sue preghiere - pur essendo medievali, antichissime
- sono molto personali, parla molto di sé, del suo peccato, dei suoi sentimenti. Sotto
questo profilo, è molto moderno.
D. - Qual è il dono
che lui ha lasciato alla Chiesa?
R. - Il dono che
Sant'Anselmo lascia è quello di un uomo profondamente armonizzato nella vocazione
umana e nella vocazione di monaco: per lui, il cristiano deve essere soprattutto monaco.
Ma lui è monaco senza essere veramente uomo. Quindi, non soltanto dà importanza alla
ragione, ma mette in evidenza che l’uomo che ha incontrato Dio, che ha fatto da giovane
un’esperienza positiva con la sua mamma o negativa col suo papà, vive tutto se stesso,
sia nella dimensione umana che nella dimensione spirituale, senza conflitto tra le
due, in una continua ricerca - come si vede dalla preghiera - di un cammino spirituale
che va perfezionandosi giorno dopo giorno, fino al giorno in cui diventa vescovo.
Con molte crisi e con molte difficoltà, alla fine capisce che la rettitudine interiore
gli dice di accettare l’incarico di vescovo. Quindi, in tutta la vita come si cerca
Dio? Non solo con la ragione, ma anche con l’intima personalità. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)