Il contrasto Italia-Malta sulla vicenda "Pinar" finisce a Bruxelles
Continua a sucitatare contrasti e polemiche tra Italia e Malta la vicenda della nave
italiana "Pinar" che dopo aver tratto in salvo 154 immigrati ha atteso per giorni
che i due Stati decidesso dover poter effettuare lo sbarco, poi avvenuto in Sicilia.
Questa mattina, il dossier della vicenda è giunto sul tavolo della Commissione europea,
inviato dal ministro dell'Interno italiano, Roberto Maroni. Fabio Colagrande
ha sentito sulla vicenda il parere di un esperto, Gabriele Del Grande, giornalista
e scrittore e fondatore di “Fortress Europe”, osservatore mediatico sulle vittime
dell’immigrazione clandestina:
R. - Nel
canale di Sicilia molto spesso i salvataggi vengono fatti da mercantili o pescherecci
e soltanto in un secondo momento interviene la Marina o la Guardia Costiera, trasbordando
le persone e portandole verso Lampedusa. Per fortuna, la vicenda della "Pinar"si è
chiusa in modo positivo, anche se dopo tutti questi giorni, sicuramente la domanda
che rimane aperta è che cosa succederà adesso, quando si ripresenteranno casi simili:
cioè, che cosa decideranno pescatori o mercantili di fronte ad un barcone di migranti
da soccorrere, sapendo che si rischia di perdere una settimana di lavoro. D.
- In effetti, gli uomini d’equipaggio della "Pinar" si sono trovati per tre giorni
bloccati con i clandestini, ricevendo sollecitazioni diverse da Malta e dall’Italia.
Lei sta dicendo che forse la prossima volta i pescatori ci penseranno due volte prima
di salvare dei clandestini nel Canale di Sicilia... R. - Sì,
e in qualche modo succede anche adesso, nel senso che spesso noi abbiamo racconti
di migranti che si sono trovati in avaria, in mare, in acque internazionali, che hanno
visto sfilare di fronte a sé diverse imbarcazioni civili prima di essere soccorsi
da pescatori o da altri. C'è da dire, poi, che non è corretto parlare di clandestini:
in acque internazionali non esistono leggi sull’emigrazione, non esistono quindi nemmeno
permessi di soggiorno o visti d’ingresso. Chiunque ha il diritto di navigare in acque
internazionali e chiunque ha l’obbligo di soccorrere persone in difficoltà. E questo
è interessante, perchè mette appunto in luce il contrasto tra il Diritto marittimo
internazionale che obbliga e impone il soccorso e quelle che sono poi invece le leggi
interne sull’emigrazione, che identificano quelle persone come irregolari e in chi
le trasporta verso terra un reo di un potenziale reato di favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina. Ricordiamo anche la vittima della "Pinar": il comandante della nave ha
tenuto a bordo per cinque giorni il cadavere di una donna, incinta fra l’altro. Così,
davvero si viola il diritto e si dimentica persino la pietà umana a queste situazioni
drammatiche. D. - L’Unione Europea ha anche un’agenzia che
si chiama Frontex, che si occupa del pattugliamento di quella regione. Come funziona
quest’agenzia? R. - In realtà, coordina l’azione di pattugliamento
sia marittimo che terrestre lungo le frontiere esterne dell’Europa. In realtà, in
Sicilia, non si è fatto finora respingimento alla frontiera e quindi le tre missioni
di Frontex, che si sono succedute negli ultimi anni, hanno fondamentalmente coordinato
il pattugliamento e il soccorso in mare. Da quest’anno le cose cambiano, perché c’è
il via libera della Libia per pattugliare con mezzi europei in acque libiche. Quindi,
è molto probabile che dal 15 maggio Frontex opererà al limite delle acque territoriali
libiche per riportare in Libia i migranti rifugiati intercettati in mare, nonostante
le durissime accuse rivolte contro la Libia da Human Right’s Watch, da Amnesty International
ed anche dal nostro Osservatorio Fortress Europe, che denunciano violenze nei campi
di detenzione per stranieri. Sull’avvio di Frontex ci sono dei ritardi, proprio per
gli scontri diplomatici tra Italia e Malta. La questione aperta è appunto dove portare
gli immigrati intercettati in mare. Le acque di Malta dove prestare soccorso tecnicamente
sono estremamente vaste. Malta non ha i mezzi per pattugliare quella zona e non vuole
farsi carico dei migranti intercettati in quella zona, ma allo stesso tempo non vuole
diminuire la propria zona di competenza delle acque internazionali.