Un anno fa lo storico discorso del Papa all'Onu: intervista con mons. Migliore
Un anno fa Benedetto XVI pronunciava il suo discorso all’Assemblea dell’Onu. Giovedì
scorso un Simposio al Palazzo delle Nazioni Unite, a New York, ha ricordato questa
storica visita del Papa. Fausta Speranza ha chiesto all’arcivescovo Celestino
Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu, di raccontarci
qualcosa di questo incontro che è stato come una eco delle parole pronunciate da Benedetto
XVI il 18 aprile 2008.
R. – Certamente
la visita del Santo Padre qui all’Onu è stata una visita che ha tirato su il morale;
quella lunga ovazione, l’applauso, che tutta l’assemblea in piedi ha riservato al
Santo Padre non era un applauso di circostanza, ma un applauso che veniva dal cuore,
perché il Papa ha saputo veramente leggere nel cuore di ogni diplomatico dell’Onu
presente; la volontà che esiste nel cuore di ognuno di fare qualcosa di buono, di
arrivare a promuovere la pace e la giustizia.
D.
– Mons. Migliore, l’anno scorso Benedetto XVI nella sua visita ha elogiato il ruolo
dell’Onu nel favorire una comune regolamentazione nei rapporti tra gli Stati, secondo
regole internazionali vincolanti; in particolare, ha raccomandato un’azione congiunta
e tempestiva, cioè non unilateralismo ma piuttosto multilateralismo. Ecco, una raccomandazione
sempre valida, ma forse, in qualche modo, la crisi globale sta dando un’accelerata
alla consapevolezza di tutti i Paesi del mondo: che sia meglio lavorare insieme piuttosto
che tra pochi. Abbiamo visto il G20 piuttosto che il G8; può cambiare qualcosa in
positivo, anche nel consenso dell’Onu?
R. – Sì. Qui
si ripete spesso, in questi tempi, che l’Onu non è G8 né G20, ma è “G192”. Si capisce
bene che, specialmente questa crisi finanziaria ed economica in atto non può essere
risolta attorno ad un tavolo con 192 delegazioni; però, quelle 192 delegazioni devono
essere ascoltate.
D. – Mons. Migliore, il Papa ha
fatto un riferimento forte, nel suo discorso, al significato della trascendenza e
della ragione naturale, perché il rispetto dei diritti umani non rimanga una vuota
enunciazione d’illegalità. In pratica, rimuovere i diritti umani da “questo contesto”,
cioè dal contesto della trascendenza, significherebbe – sottolinea il Papa – restringere
il loro ambito e cedere ad una concezione relativistica; che dire di questo, si fanno
passi avanti su questo piano?
R. – Questa è una questione
culturale, epocale, e non si risolve da un momento all’altro. A volte la democrazia
- quella che vive con un voto - si esprime poi con una maggioranza che magari non
tiene conto, o addirittura va contro queste considerazioni. Io devo dire che le delegazioni
presenti qui alle Nazioni Unite sono molto attente a questa questione, e vedo come
spesso, quando la Santa Sede parla - e la Santa Sede probabilmente è l’unica che non
ha interessi immediati né di voto, né di candidati, né di cambi d’interessi politico-economici,
e quindi è riconosciuta come la più libera nel parlare e parla spesso e volentieri
su queste questioni – c’è un ascolto, quasi come a dire: “siamo contenti che almeno
voi che potete parlare, in questo senso, continuate a parlare, a tenere desta questa
voce".
D. – In particolare, mons. Migliore, tra
i fondamenti alla base dei diritti umani, la Chiesa difende il riconoscimento dell’unità
della famiglia umana e l’attenzione alla dignità di ogni uomo e donna; una scommessa
sempre aperta, all’Onu…
R. – Una scommessa sempre
aperta perché vediamo tante di quelle che potremmo chiamare “derive” o attentati a
questi principi e a queste convinzioni; dall’altra parte, vediamo anche tanta buona
volontà, tanta chiarezza d’idee, tante belle convinzioni che si producono poi in idee,
in iniziative, in proposte, spesso su espressioni della società civile, a volte appoggiate
anche dagli Stati che portano delle nuove iniziative. Ed io credo che il nostro lavoro
sia proprio questo, un lavoro di discernimento – come ci ha chiesto di fare il Santo
Padre nel suo discorso, l’anno scorso – per poi poter dare un appoggio alle forze,
alle idee, alle proposte migliori che vengono.
D.
– Mons. Migliore, in definitiva, un percorso lungo: Paolo VI all’Onu, nel ’65; Giovanni
Paolo II nel ’79 e nel ’95; l’anno scorso Benedetto XVI e quest’anno un momento in
ricordo di questa visita. Un rapporto pieno, diretto, un legame forte…
R.
– Sì, un legame forte, come si sottolineava anche ieri nel messaggio che il segretario
generale ha inviato per questo nostro simposio; un messaggio forte, in cui il segretario
generale diceva: “noi abbiamo bisogno della Chiesa, perché la Chiesa è presente in
tutti gli angoli della terra, la Chiesa è un’istituzione che lavora e ci trova – noi
dell’Onu - sulla stessa lunghezza d’onda in tanti punti”. Ma d’altra parte, la Chiesa
ha proprio questo messaggio di ricreare il cuore dell’uomo, ed è questo di cui noi
abbiamo bisogno, per poi portare avanti il nostro discorso e le nostre iniziative.