Convegno a Roma ricorda don Mazzolari a 50 anni dalla morte
A 50 anni dalla morte, don Primo Mazzolari è stato ricordato in un convegno a Roma.
Intensa spiritualità, prioritaria attenzione ai poveri, spirito profetico, sono queste
le virtù con le quali si può sintetizzare l’attività di questo sacerdote protagonista
della Chiesa del ‘900. Le celebrazioni, iniziate, una settimana fa, culmineranno con
una cerimonia martedì prossimo a Roma alla Camera cui parteciperà anche il presidente
Gianfranco Fini. Alessandro Guarasci:
Il sacerdozio
per don Primo Mazzolari diventa offerta di sé, senza misura. Cristo è al centro del
nostro vivere quotidiano e la sua presenza va testimoniata in tutti i modi, soprattutto
con la vicinanza agli ultimi. Bruno Bignami dello Studio Teologico
delle diocesi di Crema, Cremona, Lodi e Vigevano: “Un parroco,
una Chiesa attenta alle esigenze del povero, che è il protagonista della vita parrocchiale,
secondo quel famoso scritto, molto bello, intitolato ‘La parrocchia’. Qui il povero
è al centro della realtà parrocchiale. C’è un’esigenza di testimonianza forte, alta,
della Chiesa, rispetto agli ultimi e rispetto alle povertà che allora e nell’immediato
dopoguerra erano molto presenti nella realtà in cui Mazzolari viveva”.
Don
Primo, così lo chiama chi lo ha conosciuto e chi ne apprezza il pensiero, era per
una forma di cattolicesimo popolare, vedeva nelle parrocchie la cellula vivente della
Chiesa. Negli anni ’50 però non esitò nemmeno a denunciare una certa incapacità delle
parrocchie di essere lievito. Insomma all’epoca era necessario una sorta di esame
di coscienza dell’apostolato ecclesiale. Nessuna commistione poi con la politica,
come dice Paolo Zanini dell’Università di studi di Milano: “Io
non vedo Mazzolari come un precursore dell’unità politica dei cattolici; certo, quando
quest’unità ci fu, egli si adeguò, sostenendo sempre la Democrazia Cristiana nella
prospettiva di un rinnovamento cristiano delle strutture sociali, più che non di una
presa di possesso esteriore dello Stato”. Dunque no al separatismo
cattolico, fatto di associazioni, sindacati, imprese in cui i cattolici si rinchiudessero,
in una sorta di recinto, ma piuttosto a un’azione forte dei cristiani nella società
per gettare un ponte sul mondo e avviare una vera stagione di dialogo. Certo, un compito
non facile nell’Italia del dopoguerra, era di forti contrapposizioni politiche ed
ideologiche.