Ricordato in un Simposio al Palazzo di Vetro il discorso che Benedetto XVI pronunciò
all'Onu il 18 aprile dello scorso anno
L’ex ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon, ha tenuto
il discorso principale, seguito dagli interventi di altre personalità. Alessandro
De Carolis ricorda nel suo servizio i passaggi salienti del discorso del Papa:
Davanti alla
platea schierata dei delegati Onu, Benedetto XVI fa ruotare tutto attorno a un punto
cardine: il rispetto dell’inalienabile dignità di ogni persona umana, il “punto più
alto del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia”. Questo, mette con
insistenza in risalto il Papa, è stato ed è uno dei principi fondativi dell’Onu, insieme
con “il desiderio della pace, la ricerca della giustizia”, la “cooperazione umanitaria
e l’assistenza”.
Il Pontefice dice esplicitamente
che la sua presenza al Palazzo di Vetro “è un segno di stima” per l’Organizzazione
fondata nel 1945 e riconosce in un passaggio che il “merito della Dichiarazione Universale
è di aver permesso a differenti culture, espressioni giuridiche e modelli istituzionali
di convergere attorno ad un nucleo fondamentale di valori e, quindi, di diritti”.
Tuttavia il mondo è molto cambiato in 60 anni. E in un mondo nel quale, osserva con
schiettezza, “sperimentiamo l’ovvio paradosso di un consenso multilaterale che continua
ad essere in crisi a causa della sua subordinazione alle decisioni di pochi”, mentre
i problemi del mondo - soggiunge - esigono l’“azione collettiva da parte della comunità
internazionale”, occorre allora “raddoppiare gli sforzi di fronte alle pressioni per
reinterpretare i fondamenti della Dichiarazione”, senza “comprometterne l’intima unità,
così da facilitare un allontanamento dalla protezione della dignità umana per soddisfare
semplici interessi, spesso interessi particolari”:
“Tout
État a le devoir primordial de protéger… Ogni Stato ha il dovere
primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti
umani, come pure dalle conseguenze delle crisi umanitarie, provocate sia dalla natura
che dall’uomo. Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità
internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni
Unite e da altri strumenti internazionali”.
Benedetto
XVI denuncia quella declinazione al ribasso dei diritti derivanti dalla legge naturale
operata, rimarca, da una “concezione relativistica” per cui a interpretare tali diritti
diventano una certa politica o un certo contesto culturale e sociale, con i loro utilitarismi
lontani dall’idea di bene comune. Al contrario, sostiene:
“The
life of the community, both domestically and internationally… La
vita della comunità, a livello sia interno che internazionale, mostra chiaramente
come il rispetto dei diritti e le garanzie che ne conseguono siano misure del bene
comune che servono a valutare il rapporto fra giustizia ed ingiustizia, sviluppo e
povertà, sicurezza e conflitto. La promozione dei diritti umani rimane la strategia
più efficace per eliminare le disuguaglianze fra Paesi e gruppi sociali, come pure
per un aumento della sicurezza”.
I diritti devono
avere dunque un’anima. Se li si propone “semplicemente in termini di legalità - asserisce
il Papa - rischiano di diventare deboli”. E anche i “nuovi diritti” che si affacciano
sull’oggi della storia hanno bisogno di avere la spina dorsale della “solidarietà”.
Questo diventa più facile, prosegue Benedetto XVI, quando la trascendenza diventa
un valore oggettivo della vita e non solo soggettivo. La “dimensione religiosa” favorisce
una maggiore sensibilità verso i valori della giustizia e della pace. E ciò, ribadisce
il Pontefice, deve portare l’Onu a una rinnovata difesa del diritto di libertà religiosa:
"It
is inconceivable, then, that believers… È perciò inconcepibile che
dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere
cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere
dei propri diritti (...) Non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa
al libero esercizio del culto; al contrario, deve esser tenuta in giusta considerazione
la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare
la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale”.
Benedetto
XVI termina assicurando la volontà della Santa Sede di offrire con coerenza “il proprio
contributo nella sfera etica e morale e con la libera attività dei propri fedeli”.
Le Nazioni Unite, conclude, “rimangono un luogo privilegiato nel quale la Chiesa è
impegnata a portare la propria esperienza ‘in umanità’, sviluppata lungo i secoli
fra popoli di ogni razza e cultura, e a metterla a disposizione di tutti i membri
della comunità internazionale”.