2009-04-13 20:14:14

Terremoto in Abruzzo. Il 30% delle case è inagibile. Pioggia e vento a L'Aquila


Ad una settimana di distanza dal sisma che ha provocato 294 morti in Abruzzo, lo sciame sisimico sembra finalmente in diminuzione. Dalla scorsa notte però nelle tendopoli disagi in aumento per il vento e la pioggia. La Protezione civile ha accelerato i tempi per l’arrivo di altre stufe e coperte. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente nel Capoluogo Abruzzese Luca Liverani, inviato del quotidiano Avvenire:RealAudioMP3

Insieme ai Vigili del Fuoco prosegue il lavoro della Protezione Civile per le verifiche di agibilità e stabilità degli edifici dell’Aquila. E la Procura della Repubblica del capoluogo indaga su eventuali responsabilità penali legate ai crolli. Giampiero Guadagni:RealAudioMP3

Il sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente, è certamente tra le personalità istituzionali più impegnate in questi giorni nell’area del sisma. Il nostro inviato, Giancarlo La Vella, gli ha chiesto se la fase della prima emergenza possa considerarsi conclusa:RealAudioMP3



R. - Non completamente, anche perché adesso dobbiamo completare la fase della "urbanizzazione" delle tendopoli. In alcune tendopoli è tutto perfetto, ormai stanno chiedendoci le antenne per le televisioni: siamo a questo. C’è già il riscaldamento, le docce… In altre tendopoli dobbiamo ancora completare l'allestimento, ma si consideri che sono in tutto 60. Io spero che le feste di questi giorni siano proprio una Pasqua di resurrezione, perché c’è una grande voglia di ripartire, e spero si riesca a trovare anche in una fase così drammatica lo spirito della Pasqua, che è sempre di serenità.



Nonostante la terra continui a tremare - circa 10 mila le scosse totali registrate dal 6 aprile - da domani saranno di nuovo al lavoro tutti i dipendenti comunali de L’Aquila - tranne quelli colpiti da lutti particolarmente gravi - mentre nella tendopoli di Poggio Picenze i bambini delle elementari potranno riprendere a studiare. Sono i primi inizi di un ritorno alla normalità in una regione che nel suo complesso ha subito col terremoto del 6 aprile un ulteriore colpo ad una situazione complessiva poco rosea dal punto di vista economico. Alessandro Guarasci ha domandato a Giovanni Smargiassi, presidente della sezione abruzzese dell’Ucid, l'Unione cristiana imprenditori dirigenti, quali settori abbiano più risentito di questa emergenza:RealAudioMP3



R. - Il commercio, l’artigianato e anche un po’ l’agricoltura da quello che abbiamo sentito. Io ho sentito addirittura che le Agenzie delle entrate sono chiuse. E’ stata colpita veramente la città.



D. - Il governo inizialmente è intervenuto con uno stanziamento, ad esempio, di 800 euro al mese per i lavoratori autonomi...



R. - E questo è interessante, perché è la prima volta che si fa qualcosa di simile.



D. - Secondo lei, questi interventi bastano oppure bisognerà approntare un piano straordinario di ammortizzatori sociali?



R. - Quello sicuramente, perché abbiamo visto che questo è dedicato soltanto alle attività private. C’è qualcuno, qualche imprenditore, che continua a dare lo stipendio anche agli operai che non lavorano, ma la questione è irrilevante, è solo a livello personale. Sarebbe opportuno allargare un po’ i cordoni della borsa in questo senso.



D. - La regione era già stata duramente provata dalla crisi economica che ha colpito tutto il mondo?



R. - La regione era in crisi principalmente per le grosse aziende. Ci sono i rinnovi dei contratti a termine che non sono stati più fatti, c’è stato qualche licenziamento e un po’ di cassa integrazione. A livello artigianale o della piccola impresa ha dato invece segni di resistenza maggiore.



D. - Presidente Smargiassi, in questo momento, però, quello che sembra fondamentale è il ruolo delle banche, ovvero coloro che detengono i capitali. Bisognerà prevedere una maggiore elasticità sia nei prestiti alle famiglie, sia alle imprese, in questo momento, secondo lei?



R. - Sicuramente, questo è uno degli aspetti importanti, perché io ho notato veramente che è ristretto il margine per accedere al credito. Le banche, anche quelle locali, non erano propense né a fare i mutui né i leasing.



D. - Ci sarà bisogno anche di meno burocrazia per ripartire?



R. - Sono necessari i controlli, affinché tutto vada fatto per bene, e forse una burocrazia meno attenta alle procedure, ma più alla sostanza.



In questi giorni di estenuante lavoro da parte di Protezione civile, Vigili del Fuoco, volontari e di tutte le Forze dell’ordine, molti esempi di dedizione e di generosità sono emersi nei vari contesti dove si cerca di alleviare il più possibile i disagi dei terremotati. Ma la generosità può nascere anche nel cuore di chi ha perso tutto e vive in condizioni di sfollato. E’ il caso di un giovane, Marco, che racconta la sua esperienza al microfono di Giancarlo La Vella:RealAudioMP3



R. - Un po’ di sconforto c’è sempre, però la voglia di ricominciare è tanta. Non siamo andati via nonostante tutti gli inviti che ci hanno rivolto gli amici: non ci sembra il caso di abbandonare tutto e di andare via.



D. - Rimanere ancorati alla propria terra ha un particolare significato, vuol dire rimanere ancorati a che cosa?



R. - Alla speranza di ricominciare tutto. Certo, sono crollate molte speranze, molti sogni che c’erano prima. Ma speriamo di realizzare tutti i sogni che avevamo.



D. - Tu stai arricchendo la tua presenza nella tendopoli dando una mano ai volontari: una spinta in più per ricominciare?



R. - Sì. Anche per non pensarci: il primo e il secondo giorno sono stati abbastanza pesanti, la sera, in macchina per dormire. Però, fa piacere avere incontrato tanti ragazzi, tanti amici che ci hanno aiutato tanto e noi vogliamo contraccambiare in qualche maniera.



La testimonianza di questo giovane abruzzese è emblematica di una capacità di sopportazione e di reazione al disastro da parte dei terremotati abruzzesi, che ha molto colpito i soccorritori e che più volte è stata enfatizzata in questi giorni. Un aspetto sul quale si sofferma - nell'intervista di Federico Piana - il vescovo di Sulmona-Valva, mons. Angelo Spina, altra diocesi che ha subito seri danni a causa del sisma:RealAudioMP3



R. - La gente d’Abruzzo ha in se stessa un Dna fortissimo: hanno tutti un’alta dignità, quindi trovano in se stessi la forza per rinascere, perché questa terra è stata provata da tanti terremoti, da tante calamità e poi anche da un fenomeno molto vasto, che è stato quello dell'emigrazione. Io sono convinto che il temperamento di queste persone già sia pronto per la ricostruzione. E poi, è un popolo ricco di fede, ricco di amore per Dio, e allora la fede proietta luce nuova, riapre alla speranza. E’ proprio questa, penso, la molla per rinascere.



D. - Ai suoi fedeli, che nel proprio intimo avranno gridato al Signore: “Perché mi hai abbandonato?”, cosa può dire?



R. - E’ stata forte, questa parola e questo interrogativo, perché nella mia diocesi di Sulmona ho 28 paesi segnati dal terremoto. Le chiese sono chiuse, quindi non sono agibili, ci sono in alcuni paesi - per fortuna non i morti ma gli sfollati. E allora: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, io direi che è proprio il grido di chi chiede aiuto. E qui c’è il silenzio di Dio. Noi sappiamo che Dio sta in silenzio quando il Figlio prega così. Benedetto XVI ha detto nella sua prima enciclica Deus caritas est che Dio volge contro se stesso questo danno, questa sofferenza, proprio per farci capire che ci ama. Gesù che grida “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, pone poi tutto nelle mani di Dio: “Nelle tue mani consegno la mia vita”. E’ il silenzio di Dio che sta soffrendo per noi: è questo il segno che ci ama e già prepara la risurrezione.



D. - In qualche modo, le persone che stanno soffrendo stanno condividendo le sofferenze patite da Gesù sulla Croce?



R. - Quando uno dice: ma dov’è Dio, in questo momento?, io rispondo che è proprio qui, nel suo Corpo mistico che è la Chiesa, in queste membra doloranti, in queste sofferenze atroci che si vivono: mancanza di casa, disorientamento, freddo, il portare sul proprio corpo le ferite di un terremoto, la lacerazione della morte. Ecco, Dio sta qui, sta con noi, non è lontano.



D. - Soprattutto in questi casi così drammatici è importante la preghiera. Abbiamo visto molte persone pregare, dopo il terremoto. Quindi, c’è una riscoperta dell’importanza della preghiera?

R. - Pregare è lasciarsi amare da Dio: quando si prega sentiamo fortemente l’amore di Dio, e quello regge. Se Dio regge il mondo, regge anche noi.







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