Tra le macerie del terremoto in Abruzzo irrompe la speranza della Pasqua
Tra le macerie dell’Abruzzo irrompe la speranza della Pasqua. Altari di fortuna e
piccole cappelle per le Messe sono stati allestiti in tutte le tendopoli della provincia
de L’Aquila. Intanto, a sei giorni dal sisma, il bilancio sale a 294 vittime, ma in
città non si scava più da ieri. Il servizio di Marco Guerra:
È una Pasqua
di attesa e di speranza per gli oltre ventimila sfollati ospitati nelle tendopoli
dell’Aquila e provincia. Il sentimento di rinascita per la festa della resurrezione
di Gesù Cristo fa breccia nei circa 60 campi allestiti dalla Protezione civile, dove
sono stati predisposti piccoli Altari di fortuna per le Messe pasquali, con il coordinamento
della Curia arcivescovile de L'Aquila. Per celebrare l’Eucarestia sono giunte circa
diecimila ostie e 32 bottiglie di vino, donate dalla libreria San Paolo e da Teleradiopace
Chiavari, l'emittente televisiva diocesana. Il Comune di Roma ha invece donato una
tensostruttura adibita a Cappella davanti alla tendopoli di Piazza D’Armi, dove stamani
ha officiato la Messa il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata.
Per la prima volta da secoli, l'arcivescovo dell’Aquila non ha celebrato nel Duomo
ma nel cortile della Scuola ispettori della Guardia di Finanza. Durante la cerimonia
- alla ha presenziato anche il premier Berlusconi - mons. Giuseppe Molinari ha ringraziato
i soccorritori. ''Crediamo di poter passare dalla morte alla vita, anche perchè accanto
a noi ci sono uomini e donne che hanno portato l'amore'', ha detto il presule nell’omelia.
Intanto tra le rovine del capoluogo abruzzese non si scava più, ma il bilancio delle
vittime sale comunque 294 morti per il decesso di uno dei feriti gravi ricoverato
all’ospedale di Teramo. Sul fronte giudiziario si segnalano i primi passi dell’inchiesta
sui crolli. Per ora non si registra nessun indagato ma dalle prime verifiche dei periti
risultano gravi anomalie nelle strutture della casa dello studente e dell’ospedale.
Novità anche sugli aiuti: quest’anno i contribuenti italiani potranno destinare il
cinque per mille della dichiarazione dei redditi all’emergenza del dopo terremoto. Don
Andrea La Regina, dell’Ufficio Solidarietà sociale di Caritas italiana, descrive
al microfono di Massimiliano Menichetti, quale significato assuma in un simile
dramma la solennità della Pasqua e, in particolare, quale valore rivesta l’onda di
solidarietà mostrata in questi giorni ai terremotati:
R. – Significa
aver camminato insieme con queste popolazioni la via della Croce, il Calvario insieme
con Cristo e con la sofferenza di queste popolazioni, che hanno avuto perdite umane
gravissime, che sono state minate nell’interiorità. La solidarietà mostrata dall’Italia
e anche dall’estero e la vicinanza, la prossimità, significa annunciare che Gesù è
risorto e che quindi coloro che sono morti partecipano a questa risurrezione. Ma anche
coloro che sono scampati hanno la responsabilità, l’impegno - insieme con tutta la
comunità - di affidarsi al Cristo morto e risorto e, nella risurrezione, sperare in
un riscatto, in una capacità di ricostruire non solo l’habitat naturale umano, ma
soprattutto rinascere come comunità: forti, dignitose, capaci di affrontare anche
questo grande dramma. D. - La Pasqua è un giorno di festa. Quali
dimensioni può prendere la festa in un luogo così segnato dal dolore? R.
- Come possiamo cantare - diceva il salmo - eventi di gioia, di pace, nella dispersione,
nel dramma dell’oggi? E’ ancora possibile, perché l’uomo può sperare in Cristo, perché
l’uomo può essere segno di speranza, dono l’uno per l’altro. D.
- In questo giorno di Pasqua, come ha visto la popolazione di questa città così segnata? R.
- Dopo l’ansia, la disperazione, il dover continuamente convivere con lo sciame sismico
che mina nell’interiorità le persone, le famiglie, oggi c’è la possibilità di superare
tutto questo perché la nostra realtà di fede ci impegna ad essere attenti al fratello
che è prossimo a noi. D. - Don Andrea, lei è in mezzo alla gente.
Il Papa ha detto che verrà presto qui. Il significato forte di questo viaggio, secondo
lei, qual è? R. - Quello di una Chiesa che in tutte le sue dimensioni
- e quindi anche nella capacità di essere prossima - vuole farsi vicina a tutti, perché
spesso il dire le parole non basta: bisogna che ci sia una concretezza di presenza
che rincuori queste persone, che temono soprattutto l’oblio che potrebbe insorgere
quando non ci saranno più i riflettori accesi. (Montaggio a cura di Maria
Brigini)