2009-04-12 15:51:57

Pellegrini di tutto il mondo alla Messa pasquale nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme


Le campane hanno suonato, oggi, a Gerusalemme. Un tripudio di gioia questa mattina nella Basilica del Santo Sepolcro dove attorno all’Anastasis, come la chiamano i greci, o “Chiesa della resurrezione”, come la chiamano i cristiani locali, un’assemblea di fedeli e pellegrini provenienti da ogni angolo della terra, ha partecipato alla solenne Messa pontificale di Pasqua. Il servizio è di Sara Fornari:RealAudioMP3

Presieduta dal Patriarca latino, mons. Fouad Twal, e celebrata sull’altare posto davanti all’Edicola che custodisce la tomba, la celebrazione ha fatto riecheggiare nella Basilica il canto della resurrezione. L’“Exsultet” e il Vangelo del Risorto erano già stati proclamati ieri durante la Veglia pasquale che nel Santo Sepolcro viene celebrata per motivi di ‘status quo’ - il regolamento dei turni delle comunità in Basilica - già il sabato mattina. E se è vero che nella Basilica cuore di Gerusalemme è sempre Pasqua, l’annuncio della resurrezione e l’Alleluja sono esplosi solo stamane nella loro pienezza, risuonando nei cuori di tanta gente.
 
Culmine della liturgia pasquale nella Basilica del Risorto è la processione con l’Evangelario, che a conclusione della Messa è stato portato solennemente intorno al Sepolcro vuoto, proclamando in quattro punti diversi della Basilica il Vangelo della Resurrezione, quasi ad indicare la notizia che da qui dev’essere annunciata fino ai confini della terra. I cattolici ortodossi hanno poi riempito il sagrato del Santo Sepolcro, in questo giorno dove nella Città santa diverse celebrazioni si intersecano. Già stamattina presto, prima della Messa pontificale, la Basilica aveva accolto il Patriarca greco-ortodosso e quello armeno che celebrano oggi con le loro comunità la Domenica delle Palme. E durante la solenne celebrazione eucaristica dei latini al Santo Sepolcro, altri canti si sono sovrapposti al tripudio pasquale della comunità cattolica di Gerusalemme.
 
Nell’omelia, il Patriarca ha ricordato lo smarrimento della Maddalena davanti alla morte, un’immagine delle folle di giovani e meno giovani che, oggi come ieri, cercano il Signore e non lo trovano né nella politica, né nell’economia, né nella giustizia internazionale, né nelle Costituzioni dei Paesi che si dicono cristiani moderni. Ma l’inaudito annuncio della Resurrezione – ha continuato il Patriarca – raggiunge noi che nella vita quotidiana siamo tutti, in un modo o nell’altro, toccati dalla sconfitta e che ci confrontiamo quotidianamente con piccole morti. Noi cristiani – ha proseguito mons. Twal – osiamo parlare di Pasqua, di gioia e di vittoria sulla morte anche quando continuiamo a contare centinaia di migliaia di vittime di guerre, malattie e catastrofi naturali in tutto il mondo. Abbiamo il coraggio di credere nella vittoria sul male e sulla morte, mentre quotidianamente immagini di violenza e di guerra ci circondano. Abbiamo il coraggio di credere nella vittoria sul male e sulla morte mentre la Terra Santa è stata appena insanguinata a Gaza.
 
“Lasciamo che il Signore guardi le nostre ferite”: questa l’esortazione finale di mons. Twal, che ha incoraggiato anche a proclamare l’Alleluja innanzitutto in famiglia, ma poi anche davanti agli uomini, senza vergognarsi di mostrare la nostra fede in Gesù risorto a tutti, con la testimonianza, la gioia e l’amore fraterno. 
La Pasqua è festa di Risurrezione, ma in Terra Santa s’intreccia col dolore e l’ingiustizia. E’ la testimonianza di padre Severino Lubecki, missionario francescano, direttore della “Casa Nova” di Betlemme per i pellegrini, al microfono di Claudia Di Lorenzi:RealAudioMP3

R. - Il patriarca precedente, Michel Sabbah, parlava della sofferenza presente in Terra Santa, sia nel popolo palestinese sia tra gli israeliani. La sofferenza è generata da questo conflitto che non riesce a trovare una soluzione, né gente coraggiosa per riconciliarsi. L’ultimo grande conflitto, quello di Gaza, è il segno più evidente che ancora siamo lontani dalla pace, dalla gioia della Resurrezione in Terra Santa. C’è tanta violenza, tanta persecuzione. Ci sono ancora questi due popoli, quello israeliano e quello palestinese, che non riescono a vivere in pace, l’uno accanto all’altro.
 
D. - Una Croce che irradia forte intorno a sé la Luce del Risorto. Quale speranza sollecita per gli abitanti della Terra Santa?
 
R. - Non possiamo lasciarci travolgere dalle tenebre, dallo scoraggiamento. Noi speriamo che anche per tutti i luoghi santi arriverà la vera Pasqua di riconciliazione, di un popolo composto da diverse nazionalità, diverse religioni, ma che riesce a camminare insieme e a vivere in pace, gli uni accanto agli altri.
 
D. - Una speranza che trova alimento in esperienze di dialogo anzitutto fra i singoli, a testimoniare che – scriveva Michel Sabbah, - la “terra promessa”, dove si realizza l’incontro fra Dio e l’uomo, è anzitutto l’uomo stesso, che si lascia abitare da Dio e si apre alla carità e all’accoglienza…
 
R. - Ci sono tanti piccoli segni di speranza, ci sono molti momenti in cui questi due popoli, soprattutto la gente più semplice, riesce a superare le barriere, le differenze; riesce a vivere insieme. Ci sono tantissime iniziative sia dalla parte israeliana che da quella palestinese, che mirano ad avvicinare questi due popoli. Si cerca di coinvolgere i giovani, di collaborare a livello culturale. Tutto questo ci fa sperare che un giorno ci sarà la pace, che è sempre dono di Dio, anche qui.
 
D. - Il pellegrinaggio è metafora dell’incontro con Dio: cosa significa per i pellegrini raggiungere i luoghi dove Cristo è vissuto, morto e risorto?
 
R. - Per capire cosa provano basta vedere il loro sguardo, prima di tutto pieno di commozione, perché con i loro occhi possono vedere, con le loro mani possono toccare quei luoghi che ancora oggi ci ricordano la presenza di Cristo sulla terra, e anche una grandissima gioia. I luoghi santi, Betlemme, Nazareth, Gerusalemme, Cana di Galilea, sono ancora oggi luoghi desiderati più degli altri. Soprattutto in questi ultimi anni vengono molti pellegrini dai Paesi dell’est europeo, e sappiamo quanto sacrificio economico richiede il pellegrinaggio in Terra Santa per loro, e quando arrivano c’è la grandissima gioia di essere tra quei privilegiati che hanno realizzato il sogno di venire in Terra Santa.







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