2009-04-11 13:20:30

Via Crucis. Il Papa invita a guardare verso Colui che si è fatto carico delle nostre angosce mortali per ridonarci la speranza e la vita


Contemplare il volto sfigurato di Cristo: nella notte del Venerdì Santo, al termine della tradizionale Via Crucis al Colosseo, Benedetto XVI ha invitato i cristiani a volgere lo sguardo a Colui che si è fatto carico “di tutte le nostre angosce mortali” e a pregare soprattutto per i “sofferenti della terra terremotata dell’Aquila”. Il volto di Gesù oggi – ha detto il Papa – si riflette “in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata”. Le parole del Pontefice hanno fatto eco alle meditazioni dell’arcivescovo di Guwahati mons. Thomas Menamparampil, lette da Paola Pitagora e da Orazio Coclite; meditazioni che, nelle 14 stazioni del Calvario, lasciano intravedere il dolore di oggi. Il servizio di Tiziana Campisi:RealAudioMP3

Meditando la Passione di Cristo, Benedetto XVI ha voluto pregare ancora per i terremotati dell’Abruzzo. Il suo pensiero è andato a quanti hanno perso tutto, ma proiettato verso la speranza:

 
“Preghiamo soprattutto con tutti i sofferenti della terra terremotata dell’Aquila. Preghiamo perché … in questa notte oscura appaia la stella della speranza, la luce del Signore Risorto”.

 
Il Risorto, “un Uomo unico nella storia di tutti i tempi, che ha cambiato il mondo non uccidendo gli altri, ma lasciandosi uccidere appeso ad una croce”: ecco chi è Cristo. Fissandolo sul Golgota, ha ricordato il Pontefice, un centurione ha visto in Lui il Figlio di Dio, ha visto “l’apice della rivelazione dell’amore di Dio per ciascuno di noi”:

 
“E’ per amore nostro che Cristo muore in croce! Lungo il corso dei millenni, schiere di uomini e di donne si sono lasciati affascinare da questo mistero e hanno seguito Lui, facendo a loro volta, come Lui e grazie al suo aiuto, della propria vita un dono ai fratelli”.

 
Con queste parole il Papa ha voluto fare memoria di santi e martiri, ma anche di quanti hanno seguito le orme di Gesù restando a noi sconosciuti, di coloro che “in questo nostro tempo… nel silenzio della loro quotidiana esistenza, uniscono i loro patimenti a quelli del Crocifisso e diventano apostoli di un vero rinnovamento spirituale e sociale”. Ha spiegato, il Santo Padre, che l’uomo è salvo grazie alla misericordia di Dio; ha citato Sant’Agostino per far capire che condividendo la morte con gli uomini, Cristo ci ha riportati alla vita. “Cosa sarebbe l’uomo senza Cristo?”, rifletteva il vescovo di Ippona; sembra rispondergli così Benedetto XVI:

 
“Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno”.
 
(Lettore)
Seconda stazione: Gesù è tradito da Giuda e trattiene Pietro dalla violenza.
 (Lettore)
In tempi di conflitto tra persone, gruppi etnici e religiosi, nazioni, interesse economici e politici, Gesù dice che lo scontro e la violenza non sono la risposta, bensì l’amore, la persuasione e la riconciliazione. Anche quando sembriamo non riuscire in tali sforzi, piantiamo nondimeno semi di pace che porteranno frutto a tempo debito.

 
C’e’ chi ha perso la vita “combattendo per la libertà, l’uguaglianza o la giustizia”, scrive l’arcivescovo di Guwahati, ma è con l’“insegnamento di Gesù sulla non-violenza” che sono stati difesi “i diritti dei deboli e degli oppressi”.

 
E con le sue meditazioni mons. Menamparampil è sceso anche nei meandri dell’animo umano, nella debolezza, nell’incoerenza che lascia emergere la “divergenza tra ciò che professiamo di essere e ciò che siamo realmente”. Perché spesso siamo mossi dall’egoismo, dagli interessi professionali; come Pilato che giudicando Gesù non cerca la verità; si chiede solo cosa sia, senza impegnarsi nella ricerca di una risposta.

 
(Lettore)
La gente spesso si preoccupa di ciò che procura una soddisfazione immediata. Ci si accontenta di risposte superficiali. Si prendono decisioni non sulla base di principi di integrità, ma di considerazioni opportunistiche. Non scegliendo opzioni moralmente responsabili, si danneggiano gli interessi vitali della persona umana e della famiglia umana.

 
E invece servono “decisioni responsabili” nel rendere un servizio pubblico ed è a Dio che si può chiedere il coraggio di raggiungerle. Quando il cammino della vita si fa pesante e “sopraggiunge la notte oscura”, la fede aiuta, e fa fare grandi cose. Come le fa il discepolo fedele, “che prende su di sé la croce e segue Cristo”, nella semplicità e nell’umiltà. Ed è da qui che nasce il servizio della Chiesa ai “meno privilegiati, gli emarginati, i baraccati, i poveri, i sottoalimentati, i disabili, le vittime di varie forme di dipendenza”. Un servizio, riflette mons. Menamparampil, per il quale bisogna pregare, perché la Chiesa lo rafforzi.

 
(Lettore)
Decima stazione: Gesù è crocifisso
 
Il presule indiano ha usato l’immagine di Cristo sulla croce per descrivere, poi, la disperazione che spesso dilania anche l’uomo più forte:

 
(Lettore)
Le frustrazioni si accumulano, l’ira e il risentimento aggiungono il loro peso. Malattie, cattive notizie, disgrazie, maltrattamenti, tutto può sopraggiungere insieme… E’ in questi momenti che abbiamo bisogno di ricordare che Gesù non ci lascia mai.

 
Dunque, “l’esperienza del dolore e dell’oscurità interiore” in realtà insegna che in Dio “nulla è perduto”, perché in Dio “anche la perdita più grande è un guadagno”, come la morte di Cristo è stata “preludio di risurrezione”. E’ questa la conclusione dell’arcivescovo di Guwahati: se le tragedie inducono a riflettere, se la morte che colpisce da vicino lascia intravedere un altro mondo, è a Gesù che si giunge, come ha detto anche, al termine della Via Crucis, Benedetto XVI:

 
“Mentre svetta la Croce sul Golgota, lo sguardo della nostra fede si proietta verso l’alba del Giorno nuovo ed assaporiamo già la gioia e il fulgore della Pasqua. ‘Se siamo morti con Cristo, - scrive san Paolo - crediamo che anche vivremo con Lui’”.

 
E’ questa la Buona Novella, conclude mons. Menamparampil, quella che i cristiani cercano di “annunciare ‘in ogni maniera’, “anche in luoghi dove Cristo non è mai stato conosciuto”.

 
(canto)







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