Maria ai piedi della Croce, presenza di una madre nel dolore
Nel momento della passione di Gesù, la Vergine Maria è ai piedi della Croce accanto
al Figlio morente. Le piaghe del Signore sono impresse nel suo cuore e la Madre è
in attesa della Risurrezione. Cosa possiamo comprendere osservando Maria ai piedi
della Croce? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al mariologo Stefano De
Fiores, sacerdote monfortano:
R. – La presenza
di Maria ai piedi della Croce è innanzitutto la presenza di una madre. Quindi, tante
cose che non vengono dette dal Vangelo sono sviluppate in modo particolare dalla pietà
popolare. La pietà popolare percepisce che Maria ha dovuto avere l’apparizione di
Cristo. Ogni anno la Chiesa deve sperimentare e vuole sperimentare questo passaggio
dal dolore alla gioia.
D. – Maria ai piedi della
Croce ricorda all’uomo come nonostante lo strazio del cuore, l’autentica fede possa
partecipare al compimento della salvezza estesa a tutta l’umanità...
R.
– Qui si tratta di una fede provata, messa al rischio di una prova pesante, perchè
Maria vede il Figlio di Dio che muore sulla Croce come una persona umanamente fallita
e quindi per credere alla Parola di Dio Maria deve avere una fede molto forte, tenace.
E difatti è la Vergine fedele che rimane ai piedi della Croce e poi la troviamo nella
Pentecoste.
D. – L’Ora della Madre ricorda poi la
prova suprema della fede vissuta da Maria, in attesa della Resurrezione del Figlio...
R.
– Questo è un approfondimento del Medioevo, secondo cui l’unica persona che nel Triduo
Pasquale ha mantenuto la fede è proprio Maria. Era simboleggiata nell’unica candela
che rimaneva accesa nell’ufficio delle tenebre. Quindi, Maria anticipa la fede dei
cristiani, perché precede i cristiani nella fede e porta alla fede i discepoli, dicendo:
“Fate quello che Gesù vi dirà”.
D. - Alla Croce
sono legati i momenti della Passione di Gesù ancora in vita e della morte del Salvatore.
La Sindone ha avvolto il Suo corpo senza vita e restituito Gesù Risorto. Come ha vissuto
Maria questo passaggio dal dolore per la perdita del Figlio alla gloria della Resurrezione?
R.
– L’arte cristiana, che ha trovato un sommo interprete in Michelangelo, ha fissato
l’obiettivo soprattutto sul dolore di Maria, quando riceve il corpo inerte del Figlio,
cioè la Pietà. E’ una scena veramente compassionevole che ha interessato gli artisti
più sensibili. Allo stesso tempo, in area tedesca, si è sviluppata l’iconografia del
Tronum Gratiae, il Trono della Grazia. Al posto di Maria c’è l’eterno Padre, che partecipa
in maniera misteriosa e ineffabile al dolore del Figlio durante tutta la Passione.
E quindi noi vediamo che Maria esprime il dolore, la sofferenza del Padre. Nell’immagine
della Madre noi vediamo questo pathos del Padre che partecipa in maniera misteriosa
ed ineffabile al dolore del proprio Figlio durante la Passione.
D.
– Come possono seguire l’esempio di Maria quanti oggi sono ai piedi della Croce, davanti
a sofferenze laceranti, per avere sperimentato il dramma del terremoto in Abruzzo?
R.
– L’unico appiglio è la Grazia dello Spirito Santo che ha animato Maria e l’ha resa
forte di fronte ad un dolore così atroce. E’ un dolore così grande che può consolare
anche chi è vittima di questi fenomeni naturali che fanno piombare molte volte nella
disperazione. Chi può dare questo input in maniera tale che anche il dolore più atroce
possa essere cambiato in spazio di dolore e di amore salvifico è Maria al seguito
del Cristo che ha fatto proprio questo, nel redimere il mondo. Ha fatto questo sfruttando
il buio più grande, che è quello della morte, e trasformandolo nell’atto di amore
più grande per Dio e per i fratelli.