La morte di Cristo dà senso alla sofferenza: così padre Cantalamessa alla celebrazione
della Passione in Vaticano
“Con la sua morte, Cristo ha dato un senso nuovo alla sofferenza, anche a quella che
si è abbattuta questa settimana sull’Abruzzo con il terremoto”. Così il predicatore
della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, questo pomeriggio durante la celebrazione
della Passione del Signore presieduta dal Papa nella Basilica Vaticana. Parole anche
sulle gravi mancanze di chi ha costruito gli edifici crollati e sull’irresponsabilità
di chi ha provocato la crisi economica in atto. Il peccato, cioè il rifiuto di Dio
– ha detto padre Cantalamessa - è la causa principale dell'infelicità degli uomini,
non Dio come l’ateismo vorrebbe far credere. Il servizio è di Paolo Ondarza.
“Senza Dio
la vita è un giorno che termina nella notte; con Dio è una notte che termina nel giorno,
e un giorno senza tramonto”. Le riflessioni di padre Cantalamessa nel venerdì santo,
sono centrate sulla testimonianza di Paolo nell’anno a lui dedicato L’apostolo delle
genti offre risposte alle sfide attuali della fede poste dalle contemporanee battaglie
condotte da gruppi atei: come quella degli slogan sui bus di varie città italiane:
“Dio probabilmente non esiste. Dunque smetti di tormentarti e goditi la vita”. Ma
come può godersela – ha chiesto padre Cantalamessa – chi ha subito gravi ingiustizie
dalla vita? Il messaggio sottinteso è che la fede in Dio impedisce di
godere la vita, è nemica della gioia. Senza di essa ci sarebbe più felicità nel mondo!
Una visione questa che ha radici antiche difficili da estirpare e che
propone la sofferenza come necessaria per espiare il peccato. “E’ questo – ha notato
padre Cantalamessa – che ha provocato in epoca moderna il rigetto di ogni idea di
scarificio offerto a Dio e l’idea stessa di Dio”. Ma si tratta di un equivoco che
san Paolo aiuta a smascherare quando afferma che non è l’uomo ad esercitare un’influenza
su Dio perché questi si plachi, ma è Dio ad agire perché l’uomo desista dalla propria
inimicizia contro di lui e verso il prossimo. La salvezza non inizia
con la richiesta di riconciliazione da parte dell’uomo, bensì con la richiesta di
Dio: ‘Lasciatevi riconciliare con Lui” Per l’apostolo delle genti è
il peccato, cioè il rifiuto di Dio, la causa principale dell’infelicità, non Dio.
Il peccato è dietro la crisi economica in atto, dietro le inadempienze di chi ha costruito
gli edifici crollati in Abruzzo. Perché tante famiglie ridotte al lastrico,
masse di operai che rimangono senza lavoro, se non per la sete insaziabile di profitto
da parte di alcuni?Perchè nel terremoto degli Abruzzi sono crollati tanti palazzi
costruiti di recente? Cosa aveva indotto a mettere sabbia al posto del cemento? Morendo
Cristo ha vinto il peccato, ha dato senso alla sofferenza che non dipende dal peccato
di nessuno. La sofferenza, specialmente quella degli innocenti – ha aggiunto padre
Cantalamessa – è un mistero che, senza la fede in Dio diviene immensamente più assurda,
le si toglie anche l’ultima speranza di riscatto. L’ateismo – ha proseguito – è un
lusso che possono concedersi solo i privilegiati della vita, quelli che hanno avuto
tutto”. Con la sua morte Cristo - ha detto padre Cantalamessa– ha ribaltato
il rapporto tra piacere e dolore, scegliendo non un piacere che termina in dolore
come quello di chi cerca felicità dalla droga, dall’abuso del sesso, dalla violenza
omicida; ma una sofferenza che porta alla vita e alla gioia. I giovani
dovrebbero conoscere questa rivoluzione. Loro a cui Satana tenta di far credere che
Dio è il nemico della gioia, che se credono in Dio dovranno dire addio all’allegria.
Cristo ha ribaltato, ha fatto una rivoluzione. E’ la gioia, in questo modo, ad avere
l’ultima parola, non la sofferenza, e una gioia che durerà in eterno. “Cristo
risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rom 6,9).
E non lo avrà neppure su di noi. Cristo – ha aggiunto
il padre francescano - non è venuto a predicare la rassegnazione alla sofferenza,
è venuto a darle senso, ad annunciarne la fine e il superamento. La vita di san Paolo
– ha concluso padre Cantalamessa – insegna che Dio, attraverso l’esperienza della
Croce di Cristo, è capace di fare dei suoi negatori più accaniti i suoi apostoli
più appassionati.