Voci dall'Abruzzo: i racconti degli sfollati e dei volontari
Alla vigilia dell’ultimo saluto alle vittime del terremoto, c’è ancora molta preoccupazione
tra gli sfollati per le continue scosse. Non manca però la forza e la tenacia, frutto
di un moto di solidarietà che non conosce soste. Associazioni di imprenditori e le
sigle sindacali hanno attivato numerose raccolte fondi, distribuzione di generi alimentari
e farmaci ma anche di uova di Pasqua per i bambini e ricariche telefoniche omaggio.
Ascoltiamo al microfono di Massimiliano Menichetti le testimonianze raccolte
nel corso della mattinata all’Aquila:
Maria Lara: R. – Sono iniziati
gli sciacallaggi, anche qui internamente, nelle tendopoli. Vengono soggetti estranei
che non hanno nulla a che vedere con il terremoto dell’Aquila, vengono da fuori. Questo
è stato appurato anche dalle forze dell’ordine che hanno sparso la voce. Entrano nelle
tendopoli e prendono di tutto e di più. Vanno via con bustoni neri di immondizia da
70, 100 litri, e da quello che abbiamo capito vanno poi nelle loro regioni, rivendono
e così via. Si nascondono con i loro piccoli camper, le loro macchine. Sono ben organizzati,
insomma. Adesso, però, la voce già da ieri è stata sparsa tra le forze dell’ordine,
che giustamente stanno facendo veramente, ma veramente tanto. Anzi, ci tengo personalmente
a ringraziarli, a nome di tutto il popolo aquilano, perché nonostante tutto hanno
sempre una carezza per i bambini, un appoggio per una madre che ha perso un figlio
e così via. Sì, sarà anche il loro lavoro, ma di umanità qui ce n’è veramente da vendere,
da vendere.
D. – Lei abita qui all’Aquila?
R.
– Sì, a Pettino. Eravamo in affitto e la nostra casa ci è praticamente caduta addosso.
A me e a mia figlia ci ha tirato fuori mio marito. Ringrazio Dio. L’unico mio pensiero
va a tutte quelle mamme, a quelle zie, a quelle nonne, a questi bambini che hanno
perso qualcuno, a quelle persone... a quelle dobbiamo pensare noi, lo Stato, perché
la vita umana è sacra, non te la rende nessuno. Ricostruiremo l’Aquila, ma io do un
consiglio: ricostruitela come Dio comanda. Oggi è successo all’Aquila, ma può succedere
in qualunque posto e credetemi, una sciagura così non passerà fino alla morte, non
passerà fino alla morte.
D. – Vi hanno detto fino
a quando resterete qui nella tendopoli?
R. – Gira
la voce che tra un mesetto o due intendono iniziare con i container. Io mi auguro
di sì, perché parlando anche con gli altri cittadini, il terrore più grande è di essere
dimenticati, come è successo in tutte le altre zone, come tutti sanno, perché tutti
sappiamo.
Nicola Tudisco, medico clown: R. – Noi siamo
dei clown dottori che già lavorano al Gemelli, nei reparti pediatrici, nell’ospedale
Grassi di Ostia e nell’ematologia dell’Umberto I. Il ministro Mara Carfagna ci ha
chiesto di intervenire qui tra i bambini che hanno subìto questo trauma del terremoto.
Ma non solo i bambini, anche gli anziani hanno molto bisogno. I bambini assimilano
velocemente, giocano e si distraggono facilmente, invece le persone anziane stanno
lì ferme a pensare alla tragicità della situazione.
D. – Trovate accoglienza
da questo punto di vista?
R. – Abbiamo trovato parecchia
accoglienza anche da parte di persone anziane che stanno male. Ci hanno fatto entrare
e abbiamo giocato divertendoci molto con loro e loro con noi.
D.
– Che giochi fate?
R. – Qualsiasi. Ci inventiamo
delle gag.
D. – Quanto rimarrete qui? R. – Un
po’ di giorni. Poi vedremo quello che è possibile fare, perché dobbiamo ritornare
anche al nostro lavoro. E’ importantissimo sdrammatizzare. E’ una cosa necessaria,
perché il buon umore fa passare il dolore, toglie il dolore e mette allegria.
Giornalaio:
R. – Ho riaperto
da ieri. Abbiamo ricominciato la nostra attività con pochi giornali: con sei, sette
testate. Oggi siamo quasi a pieno regime con le testate e i quotidiani, ma non con
la stampa illustrata. D. – Lei sta tenendo aperta questa edicola,
come se fosse già un segno di speranza, di ripresa?
R.
– Esatto. Perché la vita continua e quindi bisogna ricominciare le attività. Come
noi anche le poste si stanno attivando. Ci sono anche delle banche, fuori dell’Aquila
che lavorano. Bisogna ricominciare. Ormai il terremoto è arrivato e non ci possiamo
fare niente.
D. – Lei per aprire l’edicola quanti
chilometri fa al giorno?
R. – Io faccio numerosi
chilometri: 60 ad andare e 60 a tornare. Mi sono appoggiato dai suoceri, che hanno
una casa qui vicino. La mia casa, di fronte all’edicola, non è abitabile, e non so
se ci si potrà rientrare. Durante la notte del terremoto ho visto che si aprivano
delle crepe, quindi… Non so neanche come sono riuscito ad uscirne fuori.
D.
– Che cosa si sente di dire per quanto accaduto a tutti i suoi concittadini?
R.
– Adesso, la prima cosa, unirsi attorno a coloro che hanno perso le persone care e
poi cercare di ricominciare a ricostruire la città.
Signora anziana:
R. – La casa
di mia figlia è tutta rovinata, casa mia non ne parliamo. Più che altro la paura.
Noi andiamo un po’ qua, un po’ là. Ci affacciamo a vedere perché dicono che ci sono
in giro pure gli “sciacalli”.
D. – La terra continua a tremare, in questi
minuti ancora tante scosse…
R. – Ce ne sono state
tutta la scorsa notte ... sembra che ti trema la terra sotto i piedi.
D.
– Si riuscirà a dimenticare questo grande trauma?
R.
– No. E’ stato troppo forte. Non si dimentica. Ancora non mi sono dimenticata quello
dell’86, figuriamoci questo.
D. – Signora, qual è la sua richiesta,
cosa le servirebbe?
R. – Servirebbe tutto, però non
so. Mia figlia mi telefona, mi dice di andare dove si trova lei, perché noi piangiamo
qui e loro da un’altra parte.
D. – Molti dicono anche:
non ci abbandonate. Questo non deve succedere neanche dopo, ci deve essere un sostegno
anche dopo?
R. – Dovrebbe essere così, ma non so
se ci sarà questo sostegno.
Fra Orazio, cappuccino: R. – Siamo
arrivati in otto, in più c’erano altri confratelli, che erano già presenti qui all’Aquila,
perché abbiamo un convento in città, che è inagibile.
D.
– Il motivo della vostra presenza qui nel campo?
R.
– Ero già stato qui due giorni fa e mi sono reso conto, insieme ad altri confratelli,
che era il caso di venire per essere vicini alla nostra gente – noi siamo di queste
zone – e soprattutto, perché in questo periodo pasquale ci sembra opportuno portare
un poco di speranza. Ci saranno dei giorni difficili. Speriamo di poter vedere qualcosa
di meglio per il futuro insieme con loro.
D. – Quanto è importante
portare la solidarietà e un seme di speranza?
R.
– Ti posso dire che noi siamo qui soprattutto per condividere. Loro ci danno tanto,
quando vediamo gente con un volto sofferto ma sereno, gente che ha perso tutto, ma
non ha perso la speranza. E’ una condivisione. Non sono soli anche nel dare qualcosa
pur non avendo più niente.
D. – Oggi è Giovedì Santo, si entra nel
periodo forte della Pasqua. Cosa porterà questa Pasqua qui? Cosa significa celebrare
la Pasqua in un luogo così?
R. – Forse non si può
capire il Triduo pasquale come in questo momento. Oggi si celebrerà la Santa Messa
alle 16.00, forse con la lavanda dei piedi, un segno forte, non più esterno ma interiore:
lavare i piedi ai fratelli e lasciarseli lavare. Domani la Passione con la croce,
le letture della Passio di Gesù vissute sulla carne di questi nostri cari fratelli
e condivisi con loro. Speriamo di poter celebrare la Messa di Resurrezione la notte
di Pasqua. Qui non si tratta tanto di una celebrazione in una Chiesa quanto di una
celebrazione nel corpo. Il corpo, che è la Chiesa, in questo momento è piegato, è
ferito, e speriamo che questi fratelli sentano per grazia di Dio – sicuramente il
Signore non farà mancare il suo apporto – un motivo di resurrezione. Ce lo auguriamo
tutti, perché ne abbiamo bisogno noi e anche loro, i nostri fratelli.
Al
microfono di Federico Piana, il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente,
racconta le ferite della sua città. Subito dopo ascolteremo la testimonianza del Commissario
Straordinario della Croce Rossa Italiana Francesco Rocca intervistato dal nostro
inviato Massimiliano Menichetti:
Massimo Cialente, sindaco dell'Aquila:
R. – La città
è una città fantasma. Se lei la attraversa, la trova completamente vuota, non c’è
una casa abitata. Le persone si sono riversate nelle tendopoli o altrimenti nelle
macchine, come me.
D. – Le persone come hanno passato
questa notte nelle tendopoli? Lei ha fatto un giro per capire anche lo stato d’animo…
R.
– Lo stato d’animo è quello di un grande dolore, di una grande disperazione, ma anche
di una grande dignità. Il problema è che le notti qui sono rigide, adesso stiamo organizzando
il riscaldamento in tutti i campi, perché in alcuni ancora non arriva.
D.
- Sindaco, se lei dovesse dare un giudizio alla macchina degli aiuti, che giudizio
darebbe?
R. – C’è stata una risposta pronta, favorita
forse dal fatto che noi siamo in una zona centrale del Paese, per cui siamo stati
raggiunti in poco tempo innanzitutto dai vigili del fuoco. E’ chiaro che ci sono dei
servizi da organizzare, anche perché è un caso proprio unico, un’intera città che
viene colpita, si tratta di un territorio vasto.
D.
– Il Papa ha detto nell’udienza di ieri che arriverà dopo Pasqua soprattutto per portare
speranza…
R. – C’è stata una grande gioia perché
credo serva serenità e speranza in questo momento. I primi giorni è stato drammatico,
ma adesso c’è proprio la voglia di ripartire e guardare con speranza al futuro.
Francesco
Rocca, Commissario Straordinario della Croce Rossa Italiana: R. – Noi siamo
presenti in massa, siamo presenti con centinaia di volontari fin dalle primissime
ore. Stiamo gestendo cinque cucine da campo, abbiamo posti medici avanzati... Insomma,
la risposta è una risposta importante, seria, coordinata, perché va sempre ricordato
che esiste una sala operativa coordinata dal dipartimento della Protezione Civile.
Siamo tantissimi a lavorare anche insieme alle altre associazioni. Siamo tutti tessere
di un grande mosaico che mi sembra stia andando a posto.
D. – Molti
chiedono come si può aiutare, cosa si deve fare?
R.
– Ci sono tantissime sottoscrizioni aperte. La Croce Rossa ha aperto una sua sottoscrizione,
ma non solo la Croce Rossa, anche altri grandi enti hanno aperto le loro raccolte.
A noi la responsabilità di gestire con attenzione e con amore la generosità degli
italiani che si manifesterà attraverso queste donazioni.
D.
– Quindi, più soldi rispetto ad oggetti?
R. – Gli
oggetti verranno ordinati in funzione delle necessità. Si rischia di avere un flusso
incontrollato che può creare soltanto caos, disordine e magari anche il rischio di
non essere finalizzato correttamente o che vada disperso. Quindi, noi preferiamo assumerci
la responsabilità di coordinare l’arrivo di questi aiuti, ma in maniera razionale
e mirata.
D. – Siamo nei primi quattro giorni, state facendo un lavoro
straordinario. Come sta reagendo, dal vostro punto di vista, la popolazione?
R.
– Grande maturità, grande sensibilità. Si è parlato più volte in questi giorni della
forza del popolo abruzzese e mi sembra che stia emergendo. Non abbiamo visto situazioni
di panico, di nervosismo, che pure potevano anche essere comprensibili. In realtà,
veramente grande, grande senso di responsabilità, di collaborazione. Lei pensi che
molti medici dell’Aquila, nonostante siano senza casa e abbiano dormito in macchina
la prima notte, hanno continuato a lavorare, hanno continuato ad assistere la loro
gente. Quindi è bello perché è una comunità che sa prendersi cura di se stessa.