L'Onu e Kigali ricordano il 15.mo anniversario del genocidio rwandese
“Prevenire il genocidio è una responsabilità collettiva. Solo da questa sfida si può
risolvere la partita dei sopravvissuti e veramente onorare la memoria di coloro che
sono morti in Rwanda 15 anni fa”. Così recita il messaggio del segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-Moon, in occasione del 15.mo anniversario del genocidio rwandese,
stimato in 800 mila persone, in maggioranza tutsi ma anche hutu moderati, uccisi dalle
milizie estremiste hutu. “Le Nazioni Unite continuano la loro opera fondamentale per
evitare future tragedie, si legge ancora nella nota. Abbiamo intensificato la nostra
attenzione sulla prevenzione dei conflitti e costruire la nostra capacità di mediazione.
Stiamo facendo di più per proteggere i civili catturati in conflitto. Il Tribunale
penale internazionale per il Rwanda e di altri tribunali internazionali sono l'invio
di un segnale forte che il mondo non tollererà l'impunità per gravi violazioni dei
diritti umani internazionali e del diritto umanitario”. Un impegno che si traduce
con il continuo monitoraggio di segni di potenziali problemi, svolto dal consigliere
speciale per la prevenzione del genocidio, che opera nel quadro della “dottrina delle
Nazioni Unite volta a rafforzare la prevenzione, la protezione, i meccanismi di risposta
e di ricostruzione”. Ban Ki-Moon riferisce inoltre che quest’anno si è voluto ricordare
il genocidio del 1994 attraverso gli occhi dei protagonisti di quei drammatici giorni.
Attraverso un progetto organizzato dal Dipartimento di Pubblica Informazione chiamato
"Visioni del Rwanda: Immagini di sopravvivenza, di riconciliazione, di perdono e di
speranza", l’Onu ha documentato le storie di un uomo che nascose centinaia di persone
dai loro potenziali assassini, un assassino ancora ossessionato dal suo crimine e
una donna che ha cercato di ricostruire la propria vita dopo il massacro del marito
e dei suoi tre figli. Il segretario generale dell’Onu ha spiegato che queste testimonianze
rappresentano “un paese su un percorso verso la riconciliazione. Ma il silenzio delle
più di 800 mila vittime innocenti, ancora tormenta la coscienza collettiva”. E in
Rwanda le commemorazioni ufficiali sono state presiedute dal presidente, Paul Kagame,
che ha deposto una corona di fiori e acceso una candela per tutte le vittime in un
luogo simbolo di questa tragedia: la collina Nyanza, dove furono uccise 5000 persone
abbandonate dai ‘caschi blu’ dell’Onu. Secondo quanto riferisce la Misna, nel suo
intervento Kagame ha avuto parole dure nei confronti della comunità internazionale
che non fece nulla per fermare il genocidio. L’11 aprile, cinque giorni dopo l’inizio
delle violenze, migliaia di persone si rifugiarono sulla collina di Nyanza dove si
trovava il contingente di ‘caschi blu’ della missione Onu Unamir, mettendosi sotto
la loro protezione. Ma ai soldati internazionali fu dato ordine di ritirarsi dopo
che 10 militari dell’Onu furono uccisi dell’esercito rwandese, lasciando i civili
alla mercè degli estremisti hutu, Interehamwe, e dei militari rwandesi. La comunità
internazionale “fa parte di questa storia e delle cause primarie del genocidio” ha
continuato Kagame. Il genocidio rwandese cominciò il 7 aprile del 1994 all’indomani
dell’abbattimento dell’aereo su cui viaggiava l’allora presidente Juvenal Habyrimana
con il suo omologo burundese; gli attentatori sono rimasti sconosciuti, ma secondo
gli storici l’uccisione del capo di Stato era il segnale per far cominciare una strage
lungamente pianificata. (M.G.)