2009-04-08 15:42:34

L'Onu e Kigali ricordano il 15.mo anniversario del genocidio rwandese


“Prevenire il genocidio è una responsabilità collettiva. Solo da questa sfida si può risolvere la partita dei sopravvissuti e veramente onorare la memoria di coloro che sono morti in Rwanda 15 anni fa”. Così recita il messaggio del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, in occasione del 15.mo anniversario del genocidio rwandese, stimato in 800 mila persone, in maggioranza tutsi ma anche hutu moderati, uccisi dalle milizie estremiste hutu. “Le Nazioni Unite continuano la loro opera fondamentale per evitare future tragedie, si legge ancora nella nota. Abbiamo intensificato la nostra attenzione sulla prevenzione dei conflitti e costruire la nostra capacità di mediazione. Stiamo facendo di più per proteggere i civili catturati in conflitto. Il Tribunale penale internazionale per il Rwanda e di altri tribunali internazionali sono l'invio di un segnale forte che il mondo non tollererà l'impunità per gravi violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario”. Un impegno che si traduce con il continuo monitoraggio di segni di potenziali problemi, svolto dal consigliere speciale per la prevenzione del genocidio, che opera nel quadro della “dottrina delle Nazioni Unite volta a rafforzare la prevenzione, la protezione, i meccanismi di risposta e di ricostruzione”. Ban Ki-Moon riferisce inoltre che quest’anno si è voluto ricordare il genocidio del 1994 attraverso gli occhi dei protagonisti di quei drammatici giorni. Attraverso un progetto organizzato dal Dipartimento di Pubblica Informazione chiamato "Visioni del Rwanda: Immagini di sopravvivenza, di riconciliazione, di perdono e di speranza", l’Onu ha documentato le storie di un uomo che nascose centinaia di persone dai loro potenziali assassini, un assassino ancora ossessionato dal suo crimine e una donna che ha cercato di ricostruire la propria vita dopo il massacro del marito e dei suoi tre figli. Il segretario generale dell’Onu ha spiegato che queste testimonianze rappresentano “un paese su un percorso verso la riconciliazione. Ma il silenzio delle più di 800 mila vittime innocenti, ancora tormenta la coscienza collettiva”. E in Rwanda le commemorazioni ufficiali sono state presiedute dal presidente, Paul Kagame, che ha deposto una corona di fiori e acceso una candela per tutte le vittime in un luogo simbolo di questa tragedia: la collina Nyanza, dove furono uccise 5000 persone abbandonate dai ‘caschi blu’ dell’Onu. Secondo quanto riferisce la Misna, nel suo intervento Kagame ha avuto parole dure nei confronti della comunità internazionale che non fece nulla per fermare il genocidio. L’11 aprile, cinque giorni dopo l’inizio delle violenze, migliaia di persone si rifugiarono sulla collina di Nyanza dove si trovava il contingente di ‘caschi blu’ della missione Onu Unamir, mettendosi sotto la loro protezione. Ma ai soldati internazionali fu dato ordine di ritirarsi dopo che 10 militari dell’Onu furono uccisi dell’esercito rwandese, lasciando i civili alla mercè degli estremisti hutu, Interehamwe, e dei militari rwandesi. La comunità internazionale “fa parte di questa storia e delle cause primarie del genocidio” ha continuato Kagame. Il genocidio rwandese cominciò il 7 aprile del 1994 all’indomani dell’abbattimento dell’aereo su cui viaggiava l’allora presidente Juvenal Habyrimana con il suo omologo burundese; gli attentatori sono rimasti sconosciuti, ma secondo gli storici l’uccisione del capo di Stato era il segnale per far cominciare una strage lungamente pianificata. (M.G.)







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