Aperto ad Istanbul il Forum dell'Alleanza delle Civiltà
Promuovere la convivenza pacifica e il dialogo tra culture e religioni diverse e fornire
un contributo per la comprensione reciproca. Sono alcuni degli scopi dell'Alleanza
delle Civiltà, organismo dell’Onu costituito nel 2005 per iniziativa di Spagna e Turchia,
di cui si è aperto oggi ad Istanbul il secondo Forum, alla presenza di oltre 80 Paesi
e organi decisionali nei settori dell'economia privata, dei media e della società
civile. Intervenendo alla due giorni, il premier turco Erdogan ha parlato di “comprensione
e tolleranza possibile tra tra cristiani, musulmani ed ebrei, e tra Est ed Ovest”,
biasimando “i pregiudizi che possono essere soltanto pericolosi”. Dei temi in programma,
Adriana Masotti ha parlato con Flavio Lotti, coordinatore nazionale
della Tavola della Pace.
R. – Innanzitutto,
c’è il confronto tra le grandi religioni, tra il cristianesimo e l’islam, e poi c’è
sul piano culturale e politico il Medio Oriente, dove si concentrano culture, popoli
e religioni che, anziché minacciarsi l’un l’altro, possono e, credo, debbano trovare
una strada per rianimare un futuro che oggi sembra comparire all’orizzonte. D.
– L’Alleanza delle Civiltà riunisce vari attori, governi, ma anche la società civile
e i mass media. Con quali ruoli e quali responsabilità? R. –
E’ un grande laboratorio, uno straordinario laboratorio di persone che hanno responsabilità
diverse e che però sono unite dalla consapevolezza che il futuro esiste solo se c’è
un dialogo, se si fa tesoro delle ricchezze, delle diversità, delle culture e non
si ha paura l’uno dell’altro. Questo è un grande mondo che cerca di costruire ponti,
occasioni di incontro, di conoscenza, proprio per far tesoro di questa straordinaria
ricchezza che è nelle mani dell’umanità e che spesso viene oscurata da mezzi di comunicazione
e anche da forze politiche che infiammano gli animi, che seminano odio, che incoraggiano
lo scontro. D. – Dialogo è una parola molto usata oggi e anche
il Forum dedicherà diverse sessioni all’educazione al dialogo. Ma a che punto siamo
su questo aspetto? R. – Siamo ancora all’inizio. Spesso il dialogo
è una parola abusata, perché poi non lo si costruisce fino in fondo. Dialogo vuol
dire riconoscimento delle diversità. Tutto questo non può essere ottenuto con un colpo
di bacchetta magica, c’è bisogno di un lavoro faticoso da parte di tutti. D.
– Il Forum di Istanbul intende promuovere nuove iniziative concrete, quali ad esempio? R.
– Progetti e strumenti concreti per mettere in comunicazione innanzitutto chi questo
dialogo e questa collaborazione la pratica già. Non c’è un’unica medicina per il male
di cui stiamo un po’ tutti soffrendo. Ci sono tante soluzioni, tante medicine che
devono essere usate attraverso un’assunzione di responsabilità plurale. Quindi, i
gruppi di base della società civile, le chiese, le istituzioni locali, le città hanno
una grande responsabilità nel trasformare questi luoghi in luoghi di incontro, anziché
di scontro. Queste sono le idee di fondo, che poi si trasformano davvero in centinaia
di progetti che saranno presentati e sviluppati in questi giorni.