“Non una legge cattolica, ma una legge in difesa della donna”: così mons. Rino Fisichella,
presidente della Pontificia Accademia per la vita e rettore della Pontificia università
lateranense ha commentato la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato
illegittime alcune parti della legge 40, che in Italia regolamenta la procreazione
medicalmente assistita. In un confronto con Lucia Annunziata, giornalista e già presidente
della Rai, organizzato dall’Unione cattolica stampa italiana e intitolato ‘La coscienza
in prima pagina’, l’arcivescovo ha richiamato l’attenzione sulle “tante sperimentazioni
selvagge che venivano fatte” prima che la materia fosse regolamentata da questo testo
e ha sottolineato la necessità, per il legislatore, di dare ascolto a tutte le istanze
presenti nel Paese che, in questo caso, sono due: la libertà che viene dal mondo laico
e il rispetto della vita dal concepimento alla fine che viene dal mondo cattolico.
“Ci deve essere la capacità di ascolto verso entrambe – ha sottolineato – per arrivare,
come in ogni legge, al compromesso”. L’arcivescovo, nel corso del suo intervento,
ha analizzato la realtà del mondo dell’informazione italiana e il ruolo della religione
nella società, in particolare mettendone in luce i rapporti con lo Stato: “È vero
che si fa informazione, ma è altrettanto vero che in Italia la tradizione informativa
è tale per cui si fa anche formazione. Del resto anche riportare semplicemente i fatti
implica fatalmente interpretarli e quindi dare un’opinione”. Mons. Fisichella ricorda
come la coscienza non sia un dato neutrale e come questa, per un cristiano, si formi
in maniera determinante sulla Parola di Dio: “Se la fede non ragiona non è una fede
cattolica – ha detto – l’uomo è sempre chiamato a seguire la propria coscienza, anche
se è in errore”. E ancora: “Oggi addirittura c’è chi afferma che chi ha fede non può
essere uomo di scienza. Ricordo a tutti che laicità significa capacità di ragionare
indipendentemente dalla fede. Anch’io ne sono capace”. Dal canto suo, Lucia Annunziata,
ha tenuto invece a spostare la lente d’ingrandimento sulla società, di cui i media
sono “specchio fedele”: “In Italia esiste il reato di vilipendio delle istituzioni
che, a differenza dei politici, godono comunque di un certo rispetto. In compenso
abbiamo parlato della Chiesa e del Papa con toni che non si sono mai sentiti nei confronti
di qualsiasi altra cosa di carattere sacro o istituzionale”. Annunziata, parlando
della lettera del Papa ai vescovi di tutto il mondo, ha riconosciuto alla Chiesa “una
trasparenza mai vista” e si è chiesta come mai tutto questo “non venga apprezzato,
ma strumentalizzato”. “L’informazione è sotto la pressione della piazza – ha affermato
– sulla vita e la bioetica bisognerebbe fare una ricerca approfondita per arrivare
a soluzioni che non lacerino la società”. (A cura diRoberta Barbi)