Giornata mondiale della gioventù: il Papa invita i giovani a porre la speranza in
Dio
Tra il ricordo di Sydney e l’attesa di Madrid del 2011, centinaia di migliaia di ragazze
e ragazzi in tutto il mondo si apprestano a vivere la 24.ma Giornata mondiale della
gioventù a livello diocesano, che cade come da tradizione la Domenica delle Palme.
Per l’appuntamento di domani, Benedetto XVI ha proposto nel suo Messaggio scritto
per l’occasione, e già reso noto, un tema di riflessione che si rifà a una frase di
San Paolo “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente”. Una speranza, scrive
il Papa, che può davvero condizionare in positivo la vita di un giovane se radicata
nel Vangelo, piuttosto che sulle fragili opzioni che il mondo di oggi offre come surrogato
alla fiducia in Dio. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Diventare
testimoni credibili della speranza cristiana” in un mondo che ha in gran parte smarrito
la “grande speranza” in Dio e vive di piccole speranze che spesso si dissolvono in
solitudini e sfiducia. E’ la consegna che Benedetto XVI ha affidato ai giovani che
domani vivranno la 24.ma Giornata mondiale della gioventù. Nel suo Messaggio, il Papa
descrive la giovinezza come “il tempo delle speranze”, perché intrisa di “ideali,
sogni, progetti”. Ogni ragazzo misura il futuro su queste aspettative e le sue domande
si fanno stringenti, osserva Benedetto XVI, allorché la vita è lastricata di ostacoli:
difficoltà negli studi, crisi in famiglia, mancanza di soldi, l’insorgere di una malattia.
In queste circostanze il cuore ha bisogno di una “grande speranza” che, afferma il
Papa, “può essere solo Dio”. E tuttavia il giovane che si guarda attorno non è aiutato
a sperare in Dio. Le società, nota il Pontefice, presentano “risvolti di solitudine
e violenza” e dunque la “crisi di speranza colpisce più facilmente i giovani in contesti
socioeconomici privi di certezze, di valori”. E qui, specie
ai giovani cristiani, Benedetto XVI indica la concretezza di San Paolo. Per lui, scrive,
la speranza “non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù”. E come
si incontra Gesù, oggi? Il Papa è chiaro: anzitutto, nella “preghiera perseverante”.
Quindi, nei Sacramenti, nella lettura della Parola. E poi, aggiunge, ci sono movimenti
e gruppi che offrono vari modi “per familiarizzare con Lui”. Animati da una fede così
irrobustita, conclude Benedetto XVI, “diffondete questa speranza intorno a voi, fate
scelte che manifestino la vostra fede”. E davanti alle chimere di carriera o successo
vissuti solo per sé preferite, soggiunge, “l’amore per il prossimo”, sapendo che “il
cristiano autentico non è mai triste”, perché “la presenza di Gesù è il segreto della
sua gioia e della sua pace”. Su questa dinamica tra crisi dei valori
e ricerca di una speranza che non delude, al centro del messaggio di Benedetto XVI
si sofferma Silvia Sanchini, giovane presidente nazionale della Fuci, la Federazione
universitaria cattolica italiana, intervistata da Fabio Colagrande:
R. - La parola
“crisi” è una parola che in questi tempi ritorna con insistenza fortissima: si parla
di crisi etica, di crisi educativa e ultimamente anche di crisi finanziaria ed economica.
E’ un po’ un paradigma che sembra incombere sulle nostre vite e, in un modo o nell’altro,
i giovani ne risentono in maniera particolare, perché quando si parla di crisi necessariamente
si mette in discussione la nozione di futuro. E il futuro, proprio per sua natura,
appartiene prima di tutto ai giovani. Quindi sicuramente i giovani, nel sentire parlare
di crisi e nello sperimentare la crisi nella loro vita, vivono questo momento storico
con una particolare paura e sfiducia. Sicuramente, alla nostra generazione è richiesto
un supplemento di speranza, di amore proprio per affrontare questa crisi in maniera
più consapevole e coraggiosa. D. - Ci sono giovani feriti dalla
vita, condizionati da immaturità, conseguenza di un vuoto familiare - come scrive
il Papa - di scelte educative permissive? Chi sono questi “cattivi maestri” di cui
parla il Papa nel Messaggio, secondo te? R. - Una cosa che mi
pare di riscontrare in molti ambiti educativi - quindi la famiglia, la scuola e l’università
- è la mancanza di adulti che svolgano un ruolo educativo: adulti che hanno un po’
abdicato a questo ruolo di maestri, di testimoni, di accompagnatori dei giovani, lasciandoli
in una profonda solitudine, che spesso ha anche le conseguenze disastrose che il Papa
descrive nel suo messaggio. D. - La tua generazione spesso sente
la mancanza di maestri. Secondo la tua esperienza, cos’è che fa presa sui giovani? R.
- In primo luogo, una testimonianza di vita coerente: non ha senso predicare certi
valori, annunciarli ad alta voce, se poi non si è capaci di tramutarli in una testimonianza
di vita coerente. I giovani sono alla ricerca di persone che sappiano, con la loro
vita, testimoniare che una esistenza di fede è possibile anche nel tempo attuale.
E poi, mettersi in ascolto dei giovani: questa è una dimensione che manca oggi. Tutti
parlano dei giovani, tutti danno ricette, categorie, definizioni del mondo giovanile,
ma pochi li ascoltano veramente. (Montaggio a cura di Maria Brigini) I
giovani, dunque, chiedono ascolto e su questa esigenza - e sulla proposta di un itinerario
di formazione alla fede - che si muove il Servizio di Pastorale giovanile del Vicariato
di Roma. Lo conferma il direttore del Servizio, don Maurizio Secondo Mirilli,
al microfono di Fabio Colagrande:
R. - L’impegno
che il Papa lascia ai giovani attraverso questo Messaggio è quello di essere protagonisti,
soggetti attivi, costruttori di comunità impregnate di amore, perché è quella poi
la prima forma di evangelizzazione. Costruendo comunità che si vogliono bene, così
come il Signore ci ha insegnato - comunità che si amano con lo stesso amore che il
Signore ci ha donato - allora queste comunità diventano attraenti ed è la prima forma
di evangelizzazione e di annuncio. I giovani non devono essere più soggetti passivi,
ma devono sentirsi pienamente responsabili, inseriti in questa costruzione di una
Chiesa che è impregnata di amore. I giovani hanno bisogno di speranza, ma anche noi
abbiamo bisogno di giovani che diano speranza alla Chiesa. D.
- Don Maurizio, il Papa scrive che il cristiano autentico non è mai triste… R.
- E’ vero, ci sono troppe facce tristi in giro. Certo, bisogna essere realisti, la
situazione è quella che è: c’è la crisi, ci sono le difficoltà, c’è lo smarrimento.
Però, il cristiano sa navigare in mezzo alle difficoltà della vita e proprio a partire
da Cristo, dal suo esempio, è capace di passare per la croce e mostrare la gioia della
Risurrezione. Se noi non mostriamo questo non siamo credibili e coloro che sono lontani
dalla Chiesa continueranno ad essere lontani perché ci diranno: ma perché mi devo
avvicinare a un qualcosa che non mi cambia la vita e che non mi porta gioia e felicità
in questa vita che è già tanto brutta? Gesù propone una vita di gioia non una vita
di tristezza. (Montaggio a cura di Maria Brigini)