2009-03-31 16:06:55

Le Chiese cristiane al Sudan: non bloccare le operazioni umanitarie in Darfur


I vertici della Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa (CETA) hanno chiesto al governo sudanese di “consentire la prosecuzione delle operazioni umanitarie” nel Darfur dopo la recente espulsione dal Paese di 13 ong internazionali. La richiesta è contenuta in una dichiarazione diffusa il 26 marzo dal Comitato generale riunito a Nairobi in Kenya. “Siamo profondamente preoccupati per le conseguenze dell’espulsione di queste organizzazioni che hanno permesso di salvare vite umane in Sudan”, si legge nella dichiarazione del Comitato generale, che riunisce più di 100 Chiese (per lo più protestanti e anglicane) e 39 Consigli di Chiese associate, presenti in 34 Paesi africani. Come si ricorderà, l’espulsione delle 13 agenzie umanitarie è avvenuta dopo il mandato d'arresto emanato dalla Corte Penale Internazionale dell’Aia (CPI) nei confronti del Presidente Omar Hassan el-Bashir accusato di crimini di guerra e contro l'umanità per i massacri nel Darfur. Il governo di Khartum le accusa di avere messo a repentaglio la sicurezza del Paese, riferendo informazioni false al TPI. Nella dichiarazione, ripresa dall’agenzia ecumenica Eni, la CETA ricorda che il governo sudanese è responsabile “della protezione dei suoi cittadini, quali che siano le loro origini, religioni o affiliazioni politiche” ed invita “tutte le parti in conflitto nel Darfur ad astenersi dal ricorso a qualsiasi forma di violenza e a rispettare i diritti della persona e la dignità di tutti i cittadini del Sudan”. La decisione della Corte Internazionale ha suscitato qualche perplessità anche tra i vescovi cattolici sudanesi, preoccupati delle sue possibili ripercussioni negative sul delicato processo di pace iniziato nel 2005 con gli accordi siglati tra il governo di Khartum e i ribelli dello SPLA, dopo una guerra civile che per più di un ventennio ha insanguinato il Sud del Paese. (L.Z.)







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