Benedetto XVI: è la libera iniziativa di Dio a suscitare le vocazioni, all'uomo spetta
una libera risposta d'amore, sostenuta dalla preghiera della comunità cristiana
La risposta alla chiamata a servire Dio nel sacerdozio o nella vita religiosa non
ceda alle difficoltà o ai dubbi, ma si rafforzi costantemente grazie alla preghiera
e all’Eucaristia. L’auspicio di Benedetto XVI è contenuto nel suo Messaggio per la
46.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che verrà celebrata il 3 maggio
prossimo sul tema “La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana”. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
Di seguito,
pubblichiamo il testo integrale del Messaggio di Benedetto XVI:
Venerati
Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari fratelli e sorelle! In
occasione della prossima Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni al sacerdozio
ed alla vita consacrata, che sarà celebrata il 3 maggio 2009, Quarta Domenica di Pasqua,
mi è gradito invitare l’intero Popolo di Dio a riflettere sul tema: La fiducia nell’iniziativa
di Dio e la risposta umana. Risuona perenne nella Chiesa l’esortazione di Gesù ai
suoi discepoli: “Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella
sua messe!” (Mt 9,38). Pregate! Il pressante appello del Signore sottolinea come la
preghiera per le vocazioni debba essere ininterrotta e fiduciosa. Solamente se animata
dalla preghiera infatti, la comunità cristiana può effettivamente “avere maggiore
fede e speranza nella iniziativa divina” (Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis,
26). La vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata costituisce uno speciale
dono divino, che si inserisce nel vasto progetto d’amore e di salvezza che Iddio ha
su ogni uomo e per 1’intera umanità. L’apostolo Paolo, che ricordiamo in modo speciale
durante quest’Anno Paolino nel bimillenario della sua nascita, scrivendo agli Efesini
afferma: “Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni
benedizione spirituale nei cieli in Cristo, in lui ci ha scelti prima della creazione
del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,3-4).
Nell’universale chiamata alla santità risalta la peculiare iniziativa di Dio, con
cui sceglie alcuni perché seguano più da vicino il suo Figlio Gesù Cristo, e di lui
siano ministri e testimoni privilegiati. Il divino Maestro chiamò personalmente gli
Apostoli “perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare
i demoni” (Mc 3,14-15); essi, a loro volta, si sono associati altri discepoli, fedeli
collaboratori nel ministero missionario. E così, rispondendo alla chiamata del Signore
e docili all’azione dello Spirito Santo, schiere innumerevoli di presbiteri e di persone
consacrate, nel corso dei secoli, si sono poste nella Chiesa a totale servizio del
Vangelo. Rendiamo grazie al Signore che anche oggi continua a convocare operai per
la sua vigna. Se è pur vero che in talune regioni della terra si registra una preoccupante
carenza di presbiteri, e che difficoltà e ostacoli accompagnano il cammino della Chiesa,
ci sorregge l’incrollabile certezza che a guidarla saldamente nei sentieri del tempo
verso il compimento definitivo del Regno è Lui, il Signore, che liberamente sceglie
e invita alla sua sequela persone di ogni cultura e di ogni età, secondo gli imperscrutabili
disegni del suo amore misericordioso. Nostro primo dovere è pertanto di
mantenere viva, con preghiera incessante, questa invocazione dell’iniziativa divina
nelle famiglie e nelle parrocchie, nei movimenti e nelle associazioni impegnati nell’apostolato,
nelle comunità religiose e in tutte le articolazioni della vita diocesana. Dobbiamo
pregare perché 1’intero popolo cristiano cresca nella fiducia in Dio, persuaso che
il “padrone della messe” non cessa di chiedere ad alcuni di impegnare liberamente
la loro esistenza per collaborare con lui più strettamente nell’opera della salvezza.
E da parte di quanti sono chiamati si esige attento ascolto e prudente discernimento,
generosa e pronta adesione al progetto divino, serio approfondimento di ciò che è
proprio della vocazione sacerdotale e religiosa per corrispondervi in modo responsabile
e convinto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda opportunamente che la libera
iniziativa di Dio richiede la libera risposta dell’uomo. Una risposta positiva che
presuppone sempre 1’accettazione e la condivisione del progetto che Dio ha su ciascuno;
una risposta che accolga 1’iniziativa d’amore del Signore e diventi per chi è chiamato
un’esigenza morale vincolante, un riconoscente omaggio a Dio e una totale cooperazione
al piano che Egli persegue nella storia (cfr n. 2062). Contemplando il mistero
eucaristico, che esprime in modo sommo il libero dono fatto dal Padre nella Persona
del Figlio Unigenito per la salvezza degli uomini, e la piena e docile disponibilità
di Cristo nel bere fino in fondo il “calice” della volontà di Dio (cfr Mt 26,39),
comprendiamo meglio come “la fiducia nell’iniziativa di Dio” modelli e dia valore
alla “risposta umana”. Nell’Eucaristia, il dono perfetto che realizza il progetto
d’amore per la redenzione del mondo, Gesù si immola liberamente per la salvezza dell’umanità.
“La Chiesa - ha scritto il mio amato predecessore Giovanni Paolo II - ha ricevuto
l’Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri,
ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella
sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza” (Enc. Ecclesia de Eucharistia,
11). A perpetuare questo mistero salvifico nei secoli, sino al ritorno glorioso
del Signore, sono destinati i presbiteri, che proprio in Cristo eucaristico possono
contemplare il modello esimio di un “dialogo vocazionale” tra la libera iniziativa
del Padre e la fiduciosa risposta del Cristo. Nella celebrazione eucaristica è Cristo
stesso che agisce in coloro che Egli sceglie come suoi ministri; li sostiene perché
la loro risposta si sviluppi in una dimensione di fiducia e di gratitudine che dirada
ogni paura, anche quando si fa più forte 1’esperienza della propria debolezza (cfr
Rm 8,26-30), o si fa più aspro il contesto di incomprensione o addirittura di persecuzione
(cfr Rm 8,35-39). La consapevolezza di essere salvati dall’amore di Cristo,
che ogni Santa Messa alimenta nei credenti e specialmente nei sacerdoti, non può non
suscitare in essi un fiducioso abbandono in Cristo che ha dato la vita per noi. Credere
nel Signore ed accettare il suo dono, porta dunque ad affidarsi a Lui con animo grato
aderendo al suo progetto salvifico. Se questo avviene, il “chiamato” abbandona volentieri
tutto e si pone alla scuola del divino Maestro; ha inizio allora un fecondo dialogo
tra Dio e l’uomo, un misterioso incontro tra l’amore del Signore che chiama e la libertà
dell’uomo che nell’amore gli risponde, sentendo risuonare nel suo animo le parole
di Gesù: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate
e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16). Questo intreccio
d’amore tra l’iniziativa divina e la risposta umana è presente pure, in maniera mirabile,
nella vocazione alla vita consacrata. Ricorda il Concilio Vaticano II: “I consigli
evangelici della castità consacrata a Dio, della povertà e dell’obbedienza, essendo
fondati sulle parole e sugli esempi del Signore, e raccomandati dagli Apostoli, dai
Padri, dai dottori e dai pastori della Chiesa, sono un dono divino, che la Chiesa
ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva” (Cost. Lumen gentium,
43). Ancora una volta, è Gesù il modello esemplare di totale e fiduciosa adesione
alla volontà del Padre, a cui ogni persona consacrata deve guardare. Attratti da lui,
fin dai primi secoli del cristianesimo, molti uomini e donne hanno abbandonato famiglia,
possedimenti, ricchezze materiali e tutto quello che umanamente è desiderabile, per
seguire generosamente il Cristo e vivere senza compromessi il suo Vangelo, diventato
per essi scuola di radicale santità. Anche oggi molti percorrono questo stesso esigente
itinerario di perfezione evangelica, e realizzano la loro vocazione con la professione
dei consigli evangelici. La testimonianza di questi nostri fratelli e sorelle, nei
monasteri di vita contemplativa come negli istituti e nelle congregazioni di vita
apostolica, ricorda al popolo di Dio “quel mistero del Regno di Dio che già opera
nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli” (Esort. ap. postsinodale
Vita consecrata, 1). Chi può ritenersi degno di accedere al ministero sacerdotale?
Chi può abbracciare la vita consacrata contando solo sulle sue umane risorse? Ancora
una volta, è utile ribadire che la risposta dell’uomo alla chiamata divina, quando
si è consapevoli che è Dio a prendere l’iniziativa ed è ancora lui a portare a termine
il suo progetto salvifico, non si riveste mai del calcolo timoroso del servo pigro
che per paura nascose sotto terra il talento affidatogli (cfr Mt 25,14-30), ma si
esprime in una pronta adesione all’invito del Signore, come fece Pietro quando non
esitò a gettare nuovamente le reti pur avendo faticato tutta la notte senza prendere
nulla, fidandosi della sua parola (cfr Lc 5,5). Senza abdicare affatto alla responsabilità
personale, la libera risposta dell’uomo a Dio diviene così “corresponsabilità”, responsabilità
in e con Cristo, in forza dell’azione del suo Santo Spirito; diventa comunione con
Colui che ci rende capaci di portare molto frutto (cfr Gv 15,5). Emblematica
risposta umana, colma di fiducia nell’iniziativa di Dio, è l’“Amen” generoso e pieno
della Vergine di Nazaret, pronunciato con umile e decisa adesione ai disegni dell’Altissimo,
a Lei comunicati dal messo celeste (cfr Lc 1,38). II suo pronto “si” permise a Lei
di diventare la Madre di Dio, la Madre del nostro Salvatore. Maria, dopo questo primo
“fiat”, tante altre volte dovette ripeterlo, sino al momento culminante della crocifissione
di Gesù, quando “stava presso la croce”, come annota l’evangelista Giovanni, compartecipe
dell’atroce dolore del suo Figlio innocente. E proprio dalla croce, Gesù morente ce
l’ha data come Madre ed a Lei ci ha affidati come figli (cfr Gv 19,26-27), Madre specialmente
dei sacerdoti e delle persone consacrate. A Lei vorrei affidare quanti avvertono la
chiamata di Dio a porsi in cammino nella via del sacerdozio ministeriale o nella vita
consacrata. Cari amici, non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà e ai
dubbi; fidatevi di Dio e seguite fedelmente Gesù e sarete i testimoni della gioia
che scaturisce dall’unione intima con lui. Ad imitazione della Vergine Maria, che
le generazioni proclamano beata perché ha creduto (cfr Lc 1,48), impegnatevi con ogni
energia spirituale a realizzare il progetto salvifico del Padre celeste, coltivando
nel vostro cuore, come Lei, la capacità di stupirvi e di adorare Colui che ha il potere
di fare “grandi cose” perché Santo è il suo nome (cfr ibid., 1,49). Dal
Vaticano, 20 Gennaio 2009BENEDETTO XVI