Perù: nella Giornata del nascituro appello del vescovo di Ayaviri contro l'aborto
Ieri, in occasione della "Giornata del nascituro", nella prelatura di Ayaviri è stata
celebrata una Santa Messa presieduta da mons. Kay Schmalhausen, vescovo di Ayaviri,
durante la quale è stato nuovamente ribadito l’insegnamento e l’azione della Chiesa
a sostegno della vita e contro la nefasta pratica dell’aborto. Dopo avere evidenziato
che “la Chiesa continua ad essere attaccata nella persona del Successore di Pietro
a causa del suo insegnamento del tutto coerente con il Vangelo della Vita”, il presule
- riferisce l'agenzia Fides - ha affermato che nella cornice del suo viaggio in Africa,
“il Santo Padre ha spiegato che la soluzione all’AIDS presuppone piuttosto ‘un’umanizzazione
della sessualità ed un rinnovamento spirituale che comporta una nuova forma di condotta
di alcuni verso gli altri’, cosa che supera ampiamente la soluzione semplicista dei
preservativi, difesa a volte in maniera bellicosa da Stati, governi e gruppi di interessi
economici del primo mondo”. Inoltre mons. Schmalhausen ha affermato che ancora una
volta “la Chiesa alza la sua voce per dire: ‘Non uccidere’. L’aborto, l’eliminazione
della vita umana, non è mai una soluzione. È e continuerà ad essere sempre un grave
problema dalle terribili conseguenze personali e sociali”. Affrontando gli effetti
sociali dell’aborto, il presule ha indicato che “una comunità sociale che consente
l’eliminazione dei suoi figli nel ventre delle madri, non può altro che incamminarsi
verso la propria distruzione e verso il deterioramento morale. L’aborto è in effetti
un attentato diretto contro la vita ed un vero assassinio, molte volte neanche voluto
da parte delle madri, forzate ad entrare in un vicolo cieco”. In conclusione Mons.
Schmalhausen ha ricordato che “sono sempre più le testimonianze spaventose di donne,
vittime della sindrome post-aborto, che nella loro ricerca della guarigione - sia
mediante il sacramento della confessione che attraverso l’accompagnamento terapeutico
–, avvertendo le terribili ferite morali e spirituali causate dalla morte del figlio
avvenuta nelle proprie viscere, hanno confessato di aver assistito all’assoluta indifferenza
e alla complicità sociale di fronte al dramma che le ha spinte ad abortire. Esse oggi
soffrono perchè ieri non hanno avuto l’aiuto adeguato per trovare una via d’uscita
che rendesse giustizia alle due vite umane in gioco, quella della madre che soffre
in solitudine e quella del figlio nel grembo, che ha diritto e lotta per vivere”.
(R.P.)