2009-03-29 16:16:03

Quando Lancet dava ragione al Papa


La rivista britannica Lancet ha accusato il Papa sulla questione della lotta all'Aids. Tuttavia, non l’ha pensata sempre allo stesso modo. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3



I preservativi, come le cinture di sicurezza, possono rendere più disinvolti e far aumentare i comportamenti a rischio. Il condom non basta per sconfiggere l’Aids. Così, scriveva nel 2000 la rivista scientifica Lancet che ora accusa il Papa di “falsità scientifiche” per aver detto che l’uso del profilattico non è la soluzione nella lotta all’Aids. La stessa rivista scientifica, sempre nel 2000, aveva spiegato che il rischio di contrarre il virus dell’Hiv, usando i preservativi durante i rapporti sessuali, è del 15 per cento. Ben lontano dallo zero. Oggi invece sostiene che “le parole del Papa possono avere conseguenze devastanti per la salute di milioni di persone”. Sull’editoriale di Lancet, abbiamo raccolto l’opinione della dott.ssa Paola Germano, responsabile del progetto Dream della Comunità di Sant’Egidio, in prima linea in Africa contro l’Aids:

 

“La nostra esperienza conferma quello che dice il Papa. In realtà, senza tanto stracciarsi le vesti, basterebbe guardare anche soltanto all’Europa. I dati recenti di quest’anno di Unaids, l’ultimo rapporto annuale, indicano significativamente l’aumento dell’Aids, per esempio, nell’Europa dell’Est dove si è fatta una campagna di prevenzione massiccia incentrata sul condom e dove, purtroppo, l’Aids è cresciuto in maniera esponenziale. Quindi, qualcosa non é andato bene, evidentemente. Dall’altra parte si dimentica che l’Aids in Africa non si trasmette soltanto sessualmente, si trasmette negli ospedali, per le trasfusioni e questo non si evita col preservativo. C’è bisogno della cura. Il Papa ha detto una grande novità: non si ha il coraggio di affermare che c’è bisogno di cure e di cure gratuite per l’Africa. Questo ridurrebbe l’Aids. E’ probabilmente una verità scomoda, sia per i governi africani, sia per l’Occidente che non vuole impegnarsi in questa lotta ma sceglie la via del disimpegno con una soluzione semplicistica, direi: distribuendo preservativi”.

 

Che dire poi del Washington Post? Nei giorni scorsi, il quotidiano americano aveva criticato duramente il Pontefice per le dichiarazioni sull’uso del preservativo. Ma nel marzo del 2007, aveva pubblicato un lungo articolo sul “caso Botswana”, dove il numero di malati di Aids, nonostante la distribuzione massiccia di profilattici, è andato aumentando drammaticamente. Il giornale citava dunque un rapporto elaborato nel 2006 da alcuni esperti del Sudafrica sull’Aids, che sottolineava come “la riduzione del numero di partner” sia la priorità assoluta nella prevenzione dell’Aids. Tesi, quest’ultima, già promossa peraltro dalla prestigiosa rivista Science, in uno studio pubblicato nel 2006. E’ l’educazione, dunque, lo strumento per vincere l’Aids? Ancora Paola Germano:

 

“L’educazione è la vera sfida, per la prevenzione e per la cura. Senza questo, qualsiasi programma è inefficace. Se non si parte dalla realtà degli uomini e delle donne africane, dalla loro cultura, non si è in grado di fare un programma che sia efficace. Noi siamo partiti da questo e questo effettivamente ha dato grandi risultati. Bisogna uscire dagli schemi ideologici e anche dal pensiero unico che un po’ ha dominato in questi anni nelle strategie di lotta all’Aids: essere più vicini alla realtà, conoscere la realtà delle persone. Non si può semplicemente applicare uno schema occidentale”.

 
D’altro canto, balza agli occhi un dato che sembra smontare certi teoremi. Nei Paesi africani, più sono i cattolici meno è diffuso l’Aids. In Burundi, i cattolici sono il 65 per cento degli abitanti, i sieropositivi solo il 2 per cento. In Guinea Equatoriale: 93 per cento di cattolici e 3,5 di malati di Aids. In Sudafrica, dove i cattolici sono solo il 6 per cento, i sieropositivi sono il 18 per cento. In Botswana, con il 5 per cento di cattolici, i sieropositivi sono addirittura il 24 per cento della popolazione adulta. Certo, come hanno messo in rilievo più voci africane, la distribuzione dei preservativi arricchisce chi li fabbrica. L’educazione ad una sessualità responsabile, invece, non ha alcun costo. Ancora una volta, ci sono in gioco gli interessi di multinazionali. Lobbies che hanno sfruttato e sfruttano il continente africano, come denunciato coraggiosamente dall’Instrumentum Laboris del Sinodo per l’Africa.







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