Mosca ritiene conclusa l'emergenza terrorismo in Cecenia e conta di porre fine ufficialmente
all'operazione militare lanciata dieci anni fa contro la Repubblica nord-caucasica.
Una decisione che porterebbe al ritiro di 20 mila soldati russi dalla Cecenia. Secondo
il leader di Grozny, il filorusso Ramzan Kadyrov, il provvedimento potrebbe essere
ufficializzato alla vigilia del G20 di inizio aprile a Londra, quando il capo del
Cremlino, Dmitri Medvedev, incontrerà anche il presidente statunitense Barack Obama.
Il premier russo Putin da tempo si era espresso a favore di una conclusione dell’operazione
caucasica, che il Cremlino non ha mai definito ‘guerra’. Sulla decisione della Russia,
Giada Aquilino ha intervistato Fabrizio Dragosei, corrispondente da
Mosca del Corriere della Sera:
R. – Si è
trattato fondamentalmente del ritiro di una buona parte degli ultimi soldati russi
ancora rimasti, soldati e truppe del Ministero dell’interno. Se ne vanno 20 mila,
ma rimane ancora una brigata sana, con 15 mila uomini e la 42.ma divisione dell’esercito.
La verità è che la guerra cecena – ma questo già da tempo – è praticamente finita.
La resistenza, il terrorismo ormai sono scomparsi, anche se ricordiamo che non sono
scomparsi del tutto e che si sono allargati negli ultimi tempi alle repubbliche circostanti.
La vita sicuramente a Grozny, la capitale che fu distrutta dai bombardamenti russi,
è ripresa in maniera quasi normale. La squadra di calcio ormai gioca a Grozny e hanno
ripreso le loro attività i cinema e i teatri. Insomma, la città sta rinascendo. Rimane,
però, un piccolo gruppo di terroristi. Secondo le autorità russe, sarebbero 480 i
ribelli, e, secondo Kadyrov, sarebbero meno di un centinaio, che colpiscono in Cecenia,
ma colpiscono anche nelle altre Repubbliche. Questo è un po’ uno dei problemi che
la Russia di Putin e di Medvedev dovrà continuare a gestire per molti anni: il terrorismo
endemico, che è islamico, e che ormai si è fuso con i gruppi internazionali, e, quindi,
la lotta di liberazione che era quella soprattutto della prima guerra cecena, negli
anni ’90, dal ’94 al ’96, oggi, in pratica, è legata indubbiamente al terrorismo internazionale.
D.
– In questi anni, il Cremlino non ha mai definito guerra quella che si combatteva
in Cecenia. Dall’altra parte, gli scontri, i bombardamenti, gli assassini – ricordiamo
anche quello di Anna Politkovskaya – sono al centro dei dossier delle
principali organizzazioni in difesa dei diritti umani. Ecco, la decisione russa di
archiviare l’operazione in Cecenia, come influirà sul dibattito internazionale?
R.
– Ormai, purtroppo, a livello internazionale di Cecenia si parla ben poco. E si parla
poco di rispetto dei diritti umani. La posizione corretta era quella di schierarsi
per il rispetto dei diritti umani e per il rispetto delle autonomie locali. Su questo,
l’Occidente, secondo me, ha fatto pochissimo e male. Doveva imporre che le truppe
dei ceceni filorussi, gli uomini di Kadyrov, non si comportassero come gruppi di banditi,
e come si sono comportati poi dall’altro lato i militanti islamici e i terroristi.
Ricordiamo le terribili storie della scuola di Beslan, del teatro Dubrovka
a Mosca. A questi metodi, usati dai terroristi ceceni, la Russia ha risposto con metodi
simili, che non sono accettabili, quando sono usati da terroristi, ma lo sono ancora
meno, quando sono usati da uno Stato.
D. – Il futuro
della Cecenia dove sta?
R. – Il futuro della Cecenia
è ormai un futuro legato indissolubilmente alla Russia. E’ un futuro legato ad un
possibile sviluppo, che stava un poco decollando negli ultimi anni e che inevitabilmente
ha subito una forte battuta d’arresto con la crisi che ha colpito tutto il mondo e
che ha colpito molto pesantemente la Russia.