Mons. Tomasi: la comunità cristiana è la più discriminata nel mondo
Con una stretta maggioranza, 23 voti a favore, 11 contrari e 13 astensioni, il Consiglio
dell'Onu per i diritti umani ha approvato ieri a Ginevra una controversa risoluzione
sulla diffamazione delle religioni. Presentata dal Pakistan a nome dei Paesi dell'Organizzazione
della Conferenza islamica il testo esprime ''profonda preoccupazione'' per la frequente
diffamazione delle religioni. Il documento tuttavia nomina solo l’Islam. Contraria
alla risoluzione la Santa Sede che ritiene la libertà di espressione strettamente
connessa alla libertà religiosa, come spiega, al microfono di Sergio Centofanti,
mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente vaticano presso l’Ufficio Onu
di Ginevra:
R. – Se si
comincia ad aprire la porta ad un concetto di diffamazione che si applica alle idee,
poi, in qualche modo, lo Stato entra a decidere quando si è diffamata una religione
o no, e questo, alla fine, tocca la libertà religiosa. Per esempio, il riconoscimento
giuridico del concetto astratto di diffamazione della religione può essere utilizzato
per giustificare le leggi contro la blasfemia, che sappiamo bene come in alcuni Stati
siano utilizzate per attaccare minoranze religiose, in maniera anche violenta. La
sfida è quella di arrivare a trovare un equilibrio sano, che combini la propria libertà
con il rispetto dei sentimenti degli altri, e la strada per arrivare a questo obiettivo
è quella di accettare i principi fondamentali di libertà, che sono iscritti nei trattati
internazionali.
D. – Lei, nel suo intervento in Commissione,
ha denunciato l’aumento dell’intolleranza religiosa nel mondo, in particolare contro
le minoranze cristiane…
R. – Se guardiamo la situazione
mondiale, vediamo che, di fatto, i cristiani – come varie fonti stanno documentando
– sono il gruppo religioso più discriminato; si parla addirittura di più di 200 milioni
di cristiani, di una confessione o dell’altra, che si trovano in situazioni di difficoltà,
perché ci sono delle strutture legali o delle culture pubbliche che portano, in qualche
modo, ad una certa discriminazione nei loro riguardi. Questo è un dato di cui non
si parla moltissimo, che però è reale soprattutto se pensiamo agli scoppi di violenza
che sono capitati negli ultimi mesi in vari contesti politici e sociali.
D.
– Lei ha sottolineato inoltre che i cristiani sono sottoposti a discriminazione anche
in alcuni Paesi dove sono maggioritari, e dove si stanno perseguendo nuove politiche
laiciste che mirano a ridurre il ruolo della religione nella vita pubblica…
R.
– Ci sono delle situazioni particolari, che portano ad una certa emarginazione di
coloro che veramente credono e vivono la loro fede cristiana. Ci sono delle situazioni
– anche dichiarazioni pubbliche parlamentari – che attaccano questo o quell’aspetto
della credenza cristiana, e questo tende a relegare i cristiani ai margini della società
e a togliere il contributo dei loro valori alla società.