2009-03-26 14:25:46

Il cardinale Tauran: precisare la nozione di reciprocità per salvaguardare i diritti dei cattolici nei Paesi musulmani


“Libertà religiosa e reciprocità”: è il tema di grande attualità proposto oggi e domani in un Convegno internazionale promosso dalla Facoltà di Diritto canonico della Pontificia Università della Santa Croce, a Roma. Ad aprire stamane i lavori è stato il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che ha indagato nel Magistero recente della Chiesa, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI, passando per i documenti conciliari. Il servizio di Roberta Gisotti.RealAudioMP3

Appare opportuno che la Chiesa approfondisca il concetto di “reciprocità” in ambito “interreligioso” e indichi “norme chiare” di “applicabilità”, cosi pure “i limiti invalicabili” da tutelare “nei Paesi di tradizione musulmana”, e “le strade da percorrere” laddove i cattolici soffrono ingiustamente. Queste le conclusioni del cardinale Jean–Louis Tauran, dopo avere indagato nel suo intervento sul tema della reciprocità auspicando che si possa superare una certa “frammentarietà”, “nota distintiva” negli interventi di epoca conciliare e anche dopo.

 
Già accennava Giovanni XXIII nella ‘Pacem in Terris’ alla “reciprocità di diritti e di doveri tra persone diverse”. Mentre Paolo VI, collegava nell’‘Ecclesiam Suam’, la reciprocità al dialogo interreligioso. Si parlerà poi nel Concilio di “reciproco rispetto della dignità spirituale” e nella ‘Gaudium et Spes’ del compito della Chiesa di rispondere agli interrogativi degli uomini “sulle loro relazioni reciproche”. Ancora Giovanni Paolo II tratterà nella ‘Mulieris dignitatem’ della reciprocità dei rapporti uomo donna e nella ‘Redemptoris missio’ del dialogo interreligioso in termini di “arrichimento reciproco”, e in altri discorsi pubblici affermava la reciprocità in tutti i campi nelle relazioni con l’islam, comprese le libertà fondamentali, specie quella religiosa. Così come Benedetto XVI, in continuità con i predecessori sta insistendo sulla “necessità di una vera reciprocità”, nei rapporti tra Chiesa ed Islam, “strettamente legata all’esigenza di un più grande rispetto tra le parti”.

 
Ha infine ricordato il cardinale Tauran, di avere lui stesso ripetuto ‘ad nauseam’ riferendosi ad un preciso contesto – l’assenza di luoghi di culto cristiani in Arabia Saudita - “che come i musulmani hanno diritto di poter pregare in moschee nei Paesi a maggioranza cristiana” “nello stesso modo i cristiani hanno il diritto di avere i propri luoghi di culto nei Paesi a maggioranza musulmana. E questo in nome del principio della reciprocità”, di cui ha parlato Benedetto XVI segnando “senz’altro un progresso”, ma a tutt’oggi manca – ha lamentato il capo del dicastero vaticano per il dialogo interreligioso - “una illustrazione approfondita di tale principio”.

 
Partecipa alla conferenza internazionale anche il direttore di AsiaNews padre Bernardo Cervellera. Sergio Centofanti gli ha chiesto un commento sull’intervento del cardinale Tauran:RealAudioMP3

R. – L’intervento molto preciso del cardinale Tauran fa vedere che c’è una reciprocità di rapporto, di amicizia, di accoglienza mutua in tutti gli aspetti della vita; dall’altra parte, è anche un tentativo di confermare la reciprocità anche dal punto di vista giuridico, direi, perché il problema è che ci sono da una parte i rapporti tra le religioni, dall’altra parte anche i rapporti tra gli Stati. E, in qualche modo, gli Stati dovrebbero garantire questa libertà di religione.

 
D. – A tutt’oggi, qual è la situazione dei cristiani nei Paesi musulmani?

 
R. – La situazione è abbastanza diversificata; comunque, resta il fatto che nella maggior parte dei casi – e nel caso migliore – i cristiani sono come delle “comunità protette”, nel senso che hanno la possibilità di una libertà di culto, ma la loro espressione è molto controllata: missione ed evangelizzazione quasi impossibili, se non all’interno del territorio delle parrocchie o all’interno delle Chiese, e proposte di tipo pubblico ed espressività di tipo pubblico non esistono. Poi, ci sono i luoghi più difficili: naturalmente l’Arabia Saudita, che non permette la costruzione di nessun luogo di culto ed anche, di per sé, proibisce dei gesti di culto differenti dall’islam, anche in privato. E’ vero che adesso qualche cosa sta cambiando: la polizia religiosa non va più nelle case a prendere i cattolici o i protestanti e a metterli in prigione perché hanno semplicemente un’icona oppure perché pregano tra di loro; però non c’è ancora una struttura legale per difendere questo diritto. Poi, in questi ultimi tempi – siccome c’è una grande crescita del fondamentalismo – i cattolici e i cristiani sono spesso presi di mira come obiettivo del fondamentalismo e della distruzione; noi ricordiamo le Chiese distrutte in Iraq, le Chiese distrutte in Indonesia, gli attacchi contro i cristiani in Pakistan e in altri Paesi islamici.







All the contents on this site are copyrighted ©.