Il cardinale Tauran: precisare la nozione di reciprocità per salvaguardare i diritti
dei cattolici nei Paesi musulmani
E’ iniziato oggi a Roma presso la Pontificia Università della Santa Croce un Convegno
internazionale di due giorni sul tema “Libertà religiosa e reciprocità”, promosso
dalla Facoltà di Diritto Canonico dell’ateneo. Stamani ha introdotto i lavori il cardinale
Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso,
con una conferenza dal titolo “Libertà religiosa e reciprocità: cenni e proposte nel
recente magistero”. Ecco il testo integrale del suo intervento:
La
reciprocità è un concetto soprattutto presente nel diritto internazionale in particolare
nei rapporti tra gli Stati in sede bilaterale e, nell’epoca contemporanea, anche in
sede multilaterale; viene intesa come identità di trattamento nelle relazioni tra
Stati: cioè due o più Stati applicano verso l’altro Stato le stesse norme giuridiche
rispettivamente applicate a sé e ai propri cittadini. La reciprocità vale come concessione
corrispettiva di diritti. È diventata recentemente una vera regula iuris sopra tutto
nel campo dei diritti dell’uomo e delle sue libertà fondamentali, in particolare il
diritto di libertà di pensiero, di coscienza e di convinzione. Per quanto
riguarda la Chiesa cattolica, si può dire che il tema reciprocità appare in concomitanza
all’epoca in cui il tema del dialogo comincia a prendere forma. Vorrei quindi dedicare
questo mio intervento ad uno sguardo retrospettivo sull’insegnamento del Magistero
recente al riguardo, cioè quanto hanno scritto in merito gli ultimi papi, il Concilio
Vaticano II ed alcune personalità ecclesiastiche. 1. I Papi Con
Papa Giovanni XXIII troviamo un accenno alla reciprocità nel contesto della Pacem
in terris (n. 15), dove si sottolinea l’importanza della “reciprocità di diritti e
di doveri tra persone diverse” e di “mutua collaborazione tra esseri umani”. Ma
è soprattutto con Paolo VI, nell’Enciclica Ecclesiam Suam, che il tema della reciprocità
viene chiaramente affermato nel suo legame al dialogo interreligioso: “Un dialogo
da parte Nostra è possibile; e Noi non mancheremo di offrirlo la dove in reciproco
e leale rispetto sarà benevolmente accettato” (n. 112). Benché siamo di fronte a un
approccio embrionale si possono identificare alcuni elementi significativi: -
la Chiesa propone il dialogo con l’umanità; - è un’offerta la cui condizione
di possibilità si fonda sul reciproco e leale rispetto; - il Papa lascia
intendere che la Chiesa può anche non offrire il dialogo la dove tali condizioni non
sono espressamente manifeste. Questa posizione di Paolo VI è
da mettere in relazione con i lavori del Concilio Vaticano II: l’Enciclica è datata
6 agosto 1964 e nel mese di ottobre seguente riprenderanno i lavori del Concilio.
Quindi si può pensare che la Lettera abbia un valore programmatico. 2.
Il tema nei documenti conciliari Vagliando tali documenti,
si può notare che non appare formalmente il termine ‘reciprocità’. Viene utilizzato
piuttosto nella forma di ‘aggettivo’. Nelle Costituzioni il
termine reciprocità con suoi affini si riscontra sopra tutto in Gaudium et Spes: “Il
compito della Chiesa è di rispondere, alla luce del Vangelo, agli interrogativi che
gli uomini si pongono anche sulle loro relazioni ‘reciproche’ (n.4)”. Il Concilio
parlerà anche di “reciproco rispetto della dignità spirituale” necessità per la comunità
delle persone in cui trova compimento il fraterno dialogo tra gli uomini. Si può osservare
una qualche forma di correlazione tra dialogo inter-umano e reciprocità senza che
tuttavia vi sia un richiamo alla sfera dell’interreligioso. Nelle altre Costituzioni
il tema della reciprocità e totalmente assente. Nei Decreti troviamo
un approccio più articolato. Ad gentes (n. 6) se non parla di reciprocità, tuttavia
accenna alla reciproca stima ed amore nei rapporti tra cristiani di confessioni diverse.
I missionari - si legge - devono essere educati alla “reciproca carità” (n. 37) e
si parla di “scambio reciproco di energie” (n. 19) a proposito del rapporto tra le
giovani Chiese e la Chiesa come tale. Nel Decreto sull’ecumenismo troviamo due sobri
accenni: “fraternità reciproca” e “reciproca conoscenza” da stabilire tra cattolici
e fratelli separati, sono cenni senza approfondimento. Se guardiamo le
Dichiarazioni possiamo constatare che il termine reciprocità formalmente
non compare, viene piuttosto utilizzato nella forma di aggettivo. Ci sono, è vero,
espressioni affini, sinonimiche, per esempio “la mutua comprensione” che troviamo
nella Nostra Aetate n. 3 a proposito dell’islam, e “la mutua conoscenza” n. 4 quando
si parla della religione ebraica. In Dignitatis Humanae non compare il termine reciprocità. Ricapitolando
quindi gli elementi emersi in questo rapido sorvolo dei documenti del Concilio Vaticano
II osservo quanto segue: - il tema della reciprocità risulta sporadico e
generico; - concerne soprattutto l’ambito delle relazioni umane; -
la sua correlazione al dialogo interreligioso e accennata, ma non sviluppata. Si
può perciò ipotizzare che il tema non fosse ancora sentito come una priorità al tempo
della redazione dei documenti conciliari. 3. Dopo il Concilio
Vaticano II: Dopo il Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II
e Benedetto XVI tratteranno più volte il tema. Considerando l’ingente produzione
di discorsi e interventi di Giovanni Paolo II è impossibile farne un elenco esaustivo,
ma possono esserne messe in risalto le linee principali: - la reciprocità
nei rapporti uomo donna (Mulieris diginitatem) è l’approccio dominante nelle prima
catechesi sulla coppia umana e sul matrimonio; - in Pastores gregis, a proposito
delle funzioni proprie del vescovo (n. 9), come pure trattando del rapporto tra sacerdozio
dei fedeli e sacerdozio ministeriale (n. 10) si parla di una reciprocità che struttura
armonicamente la vita della Chiesa; - il tema ricorre anche nei discorsi
in cui è affrontato il rapporto con i giovani (Novo millennio ineunte n. 9); -
investe anche la sfera della preghiera (reciprocità tra credente e Dio) e i rapporti
intra-ecclesiali (Novo millennio ineunte n. 32,45); - parlando a Loreto
nel 1995 il Papa invita i giovani a lavorare per la costruzione di “una unica famiglia
umana, approfondendo la legge della reciprocità, del dare e del ricevere, del dono
di sé e dell’accoglienza dell’altro”. Ma per quanto riguarda il legame più
specifico tra reciprocità e ambito dell’interreligioso, un riferimento chiarissimo
si trova nella Redemptoris missio (n. 55): “Il dialogo interreligioso fa parte della
missione evangelizzatrice della Chiesa. Inteso come metodo e mezzo per una conoscenza
un arricchimento reciproco, esso non è in contrapposizione con la missione ad gentes,
anzi ha speciali legami con essa e ne è una espressione”. Nella medesima Enciclica
il tema della reciprocità viene anche evocato nel contesto inter-ecclesiale (cfr.
n. 64). In relazione al dialogo interreligioso la convinzione forse più
significativa di Papa Giovanni Paolo II la troviamo in un discorso in realtà antecedente
alla Redemptoris missio; mi riferisco all’incontro tenuto a Casa bianca il 19 agosto
1985 di fronte alla gioventù musulmana: “Il rispetto e i dialogo richiedono dunque
la reciprocità in tutti i campi soprattutto in ciò che concerne le libertà fondamentali
e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l’intesa tra
i popoli. Aiutano a risolvere insieme i problemi degli uomini e delle donne di oggi,
in particolare quella dei giovani”. Due elementi sono da rilevare: 1. Nelle
relazioni con l’islam la reciprocità deve esprimersi in tutti i campi; 2.
Di questi campi determinante è quello delle libertà fondamentali specialmente la libertà
religiosa. Vi è dunque continuità di insegnamento tra Paolo VI e Giovanni
Paolo II. L’importanza data al dialogo con l’islam (assente dall’orizzonte di Paolo
VI) si spiega tenendo conto delle diverse epoche in qui i rispettivi interventi sono
stati compiuti. Nonostante ciò, non si può non osservare che, se guardiamo il testo
di Casa bianca, il tema resta ancora allo stadio di enunciato senza ricevere una trattazione
più articolata: * non si parla di situazioni specifiche, * né
delle condizioni in cui il dialogo tra cristiani e musulmani si svolge sul terreno,
mi riferisco al problema dei luoghi di culto cristiani e della pubblica pratica cultuale. Con
il Papa Benedetto XVI i discorsi pronunciati in occasione dei vari viaggi costituiscono
al fonte prevalente a cui attingere. Ed è proprio in relazione al rapporto Chiesa-islam
che l’attuale Pontefice sembra voler insistere parlando della necessità di una vera
reciprocità strettamente legata all’esigenza di un più grande rispetto tra le parti. Di
“rispetto reciproco” il Papa parlerà ai rappresentati della comunità musulmana a Colonia
il 20 agosto 2005 con un energico richiamo ai “valori del rispetto reciproco”: “Cari
amici, sono profondamente convinto che dobbiamo affermare, senza cedimenti alle pressioni
negative dell’ambiente, i valori del rispetto reciproco, della solidarietà e della
pace. La vita di ogni essere umano è sacra sia per i cristiani che per i musulmani.
Abbiamo un grande spazio di azione in cui sentirci uniti al servizio dei fondamentali
valori morali. La dignità della persona e la difesa dei diritti che da tale dignità
scaturiscono devono costituire lo scopo di ogni progetto sociale e di ogni sforzo
posto in essere per attuarlo”. Particolare attenzione dobbiamo prestare al discorso
del Santo Padre in occasione della presentazione delle lettere credenziali del nuovo
ambasciatore del Marocco presso la Santa Sede. Il Papa sarà incisivo: dopo aver affermato
che la pace tra i popoli e tra le persone suppone che le religioni e i loro simboli
siano rispettati, il Pontefice ricorda che l’intolleranza e la violenza non possono
mai giustificarsi come risposte alle offese. “Per i credenti come per tutti gli uomini
di buona volontà”, asserisce il Papa,”l’unica via che può condurre alla pace e alla
fraternità è quella del rispetto delle convinzioni e delle pratiche religiose altrui,
affinché, in maniera reciproca, in tutta la società, sia realmente assicurato per
ciascuno l’esercizio della religione liberamente scelta”. Un’altra affermazione
significativa si rinviene nell’allocuzione alla plenaria del Pontifico Consiglio per
la pastorale dei migranti (15 maggio 2006): “Sempre più si avverte l’importanza della
reciprocità nel dialogo, reciprocità che l’istruzione Erga Migrantes Charitas Christi
definisce giustamente come un principio di grande importanza. Si tratta di una ‘relazione
fondata sul rispetto reciproco e prima ancora di un atteggiamento del cuore e dello
spirito” (n. 64). Il tema della reciprocità ritornerà nel discorso tenuto
a Castel Gandolfo davanti agli ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana il 25
settembre 2006: “ Auspico che i rapporti ispirati a fiducia, che si sono instaurati
da diversi anni fra cristiani e musulmani, non solo proseguano, ma si sviluppino in
uno spirito di dialogo sincero e rispettoso, fondato su una conoscenza reciproca sempre
più autentica”. E Benedetto XVI ricorda il discorso del suo predecessore a Casa bianca
(“il rispetto e il dialogo richiedono la reciprocità in tutti i campi, soprattutto
per quanto concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa.
Essi favoriscono la pace e l’intesa tra i popoli”). Le affermazioni di Castel
Gandolfo vengono riproposte nel viaggio in Turchia (28 novembre-l dicembre 2006).
Al Corpo diplomatico accreditato in quella nazione il Papa richiama il “rispetto reciproco”
e invita le diverse religioni a conoscersi meglio e a rispettarsi reciprocamente.
Asserisce: “Il nostro mondo deve prendere coscienza sempre più del fatto che tutti
gli uomini sono profondamente solidali e invitarli a porre in risalto le loro differenze
storiche e culturali non per scontrarsi ma per rispettarsi reciprocamente”. Il tema
della reciprocità sarà evocato anche nel discorso rivolto alla Conferenza episcopale
francese il 14 settembre 2008 a Lourdes. La conoscenza reciproca è l’ingrediente necessario
del dialogo tanto ecumenico che interreligioso: “La costruzione di ponti tra le grandi
tradizioni ecclesiali cristiane e il dialogo con le altre tradizioni religiose esigono
un reale impegno di conoscenza reciproca perché l’ignoranza distrugge più che costruisce”. Di
particolare interesse e tra i più recenti interventi del Santo Padre sono alcuni passi
centrali del discorso indirizzato ai rappresentati di altre religioni a New York,
il 17 aprile 2008. Lodando le iniziative di carattere interreligioso portate avanti
dai cattolici americani, il Papa parla di rafforzare la comprensione reciproca e si
dice convinto che il dialogo nel reciproco rispetto delle differenze è un modo per
servire la società. Volendo ricapitolare quanto rilevato nell’insegnamento
di Papa Benedetto XVI possono essere indicati tre aspetti caratteristici: a/. Continuità
con le indicazioni dei suoi predecessori; b/. Maggiore insistenza sulla
necessità della reciprocità in particolare in relazione ai rapporti tra Chiesa e islam; c/. Correlazione
tra il tema della reciprocità e quello della comprensione mutua, includendo anche
questioni chiave come il problema della libertà religiosa. La
nota di maggior rilievo nell’insegnamento dell’attuale Pontefice è quando parla di
“principio della reciprocità” alla plenaria del Pontificio Consiglio per i Migranti.
Ma non troviamo un approfondimento del contenuto e nessuna spiegazione circa possibili
modalità di applicazioni di tale principio. 4. Per essere completo
vorrei accennare ad alcuni interventi non papali. Il cardinale Tarcizio
BERTONE, in occasione di un convegno su “La libertà religiosa pietra miliare della
nuova Europa”, tenutosi a Varese il 19 ottobre 2007, menziona il tema della reciprocità
in relazione al dialogo interreligioso. Il Patriarca latino di Gerusalemme,
Michel SABBAH, nella sue lettera pastorale del 10 marzo 2008, parla del rispetto profondo
che si deve avere per la fede dell’altro e della necessità di affermare chiaramente
la propria fede senza compromesso. Accenna lungamente al dialogo con i musulmani e
gli ebrei lamentando un’effettiva mancanza di reciprocità da parte loro. Il Patriarca
mostra con evidenza la difficoltà pratica dell’attuazione del principio della reciprocità. Anche
il recente SINODO sulla Parola di Dio ha toccato il tema della reciprocità: la proposizione
53 verte essa pure sul dialogo interreligioso con i musulmani a proposito del quale,
reciprocità, libertà di coscienza e di religione vengono indicati come temi di tale
dialogo. Infine mi sia consentito di menzionare i miei personali interventi
in materia sia all’epoca del mio servizio alla Segreteria di Stato quale Segretario
per i rapporti con gli Stati sia come oggi, Presidente del Pontificio Consiglio per
il dialogo interreligioso. Numerose volte ho accennato al principio della reciprocità
in un contesto molto preciso, cioè l’assenza dei luoghi di culto cristiani in Arabia
Saudita. Ho ripetuto ad nauseam che come i musulmani hanno diritto di poter pregare
in moschee nei Paesi a maggioranza cristiana (effettivamente hanno tale possibilità)
nello stesso modo i cristiani hanno il diritto di avere i propri luoghi di culto nei
Paesi a maggioranza musulmana. E questo in nome del principio della reciprocità. Ovviamente
converrebbe evocare i numerosi riferimenti alla “reciprocità” che troviamo nei documenti
del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Ma il tempo corre. Comunque
sia, chi è interessato potrà utilmente consultare il volume Il dialogo interreligioso
nel magistero pontificio (documenti 1963-2005) curato dall’ Arcivescovo F. Gioia. 5.
Conclusione Da quanto ho esposto emerge un dato: il recente Magistero della
Chiesa non fornisce una trattazione sistematica del principio di reciprocità. La frammentarietà
è infatti una nota distintiva sia degli interventi di epoca conciliare che dopo lo
stesso Concilio. Si può notare tuttavia una tendenza crescente di correlare il tema
all’ambito del dialogo interreligioso con particolare riferimento alle relazioni islamo-cristiane. È
vero che Papa Benedetto XVI ha parlato di “principio di reciprocità” ed è senz’altro
un progresso, ma a tutt’oggi non si dispone né di una illustrazione approfondita di
tale principio, né di indicazioni concrete per una sua applicabilità nell’ambito delle
libertà fondamentali e in particolare in quello della libertà religiosa. Mi sembra
che per il momento, quando si parla di reciprocità non si vada al di là del significato
e del contenuto della regola d’oro: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse
fatto a te”. Sembrerebbe quindi opportuno che la Chiesa precisi l’autentico
senso che essa ascrive alla nozione di reciprocità nell’ambito dell’interreligioso
e indichi norme chiare che sanciscano con precisione gli ambiti di applicabilità di
tale principio, i limiti invalicabili da salvaguardare nei Paesi di tradizione musulmana,
nonché le strade da percorrere là dove i cattolici soffrono ingiustificate situazioni
di difficoltà. Onde l’importanza del Convegno che ci riunisce, per il successo del
quale formulo i più fervidi auguri. Cardinale Jean-Louis Tauran