La crisi economica scuote i governi dell'Est Europa
La crisi di governo che si è aperta nella Repubblica Ceca ''non minaccerà'' la presidenza
di turno dell'Unione Europea. E' quanto ha assicurato il primo ministro di Praga,
Mirek Topolanek, intervenuto oggi all’Assemblea di Strasburgo all'indomani del voto
parlamentare che ha sfiduciato l’esecutivo da lui guidato. Lo stallo politico in Repubblica
Ceca segue di qualche giorno quello in Ungheria, con il passo indietro compiuto dal
premier Gyurcsany. Nei mesi scorsi si era dimesso anche l’esecutivo della Lettonia,
mentre in Lituania la maggioranza di centro-sinistra aveva perso le elezioni d’autunno.
A fare da comune denominatore nelle difficoltà politiche di questi Paesi dell’Europa
orientale, la crisi economica. Ce ne parla Fulvio Scaglione, vicedirettore
di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni est-europee, intervistato da Giada
Aquilino:
R. – Certamente
la crisi economica, per ammissione degli stessi protagonisti, ha giocato un ruolo
pesante. Teniamo presente che alcuni di questi Paesi non si distinguono proprio per
una stabilità di governo, per esempio, la Lettonia credo abbia cambiato decine di
formazioni di governo negli ultimi anni. Credo che, in questa crisi di questa democrazia
di quello che chiamavamo l’Est Europa, ci sia anche, tutto sommato, una crisi di imprevidenza
e un aver puntato forse su un baricentro sbagliato dal punto di vista geo-strategico.
In altre parole, non mi pare un caso che ad avere più problemi siano proprio dei regimi
notoriamente euroscettici.
D. – La Repubblica Ceca
è anche presidente di turno dell’Unione Europea e su questa leadership pesa il trattato
di Lisbona che ancora non é stato ratificato. Ci saranno ripercussioni per l’Ue?
R.
– Più che ripercussioni per l’Unione Europea ci saranno ripercussioni sulle opinioni
pubbliche di questi Paesi. Sono Paesi che nel momento della crisi si sono accorti
che se potevano avere un sostegno, un aiuto, un approdo e sicurezza, questo era nell’Europa.
Lo abbiamo visto anche con il caso dell’Islanda che è rimasta orgogliosamente fuori
dall’Unione Europea, salvo poi precipitosamente chiedere di essere ammessa nel momento
del bisogno. Lo abbiamo visto con l’Irlanda, orgogliosa sprezzatrice del Trattato
di Lisbona, ma adesso del tutto intenzionata a organizzare un nuovo referendum per
approvarlo e non per discuterlo. Sono Paesi che si sono molto illusi, in questo caso
ovviamente penso alla Repubblica Ceca, all’Irlanda, anche grazie alle robuste iniezioni
di quattrini e di agevolazioni commerciali che ricevevano dall’Unione Europea. La
realtà vince il sogno e adesso si è capito che solo l’unione fa la forza e nel nostro
caso l’Unione Europea fa la forza.
D. - E, quindi,
queste crisi a livello nazionale come possono essere superate?
R.
– Ci sono due livelli. Uno è quello politico nazionale. L’altra considerazione, che
si spera venga prodotta da questa crisi economica globale, è che la geografia non
è un’opinione e i vicini vanno trattati con il dovuto rispetto perché sono poi quelli
sui quali ti potrai appoggiare nel momento del bisogno.