“In catene per Cristo, liberi di amare”: è il tema dell’odierna Giornata di preghiera
per i missionari martiri promossa dalla Chiesa italiana
Sedici sacerdoti, un arcivescovo, un religioso e due laici: è il triste bilancio degli
operatori pastorali che, nel solo 2008, hanno testimoniato il Vangelo offrendo la
propria vita. A loro, la Chiesa in Italia dedica l’odierna 17.ma Giornata di preghiera
e digiuno per i missionari martiri, su iniziativa del Movimento giovanile missionario
delle Pontificie Opere Missionarie. Il servizio di Isabella Piro:
Nella lingua
greca, “martirio” significa “testimonianza”. E i martiri sono coloro che hanno testimoniato
l’amore per Cristo fino alla morte. Nel 2008, nove di loro provenivano dall’Asia,
sei dall’America, tre dall’Africa e due dall’Europa. Un bilancio amaro, di cui fanno
parte anche mons. Paulos Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mossul, e don Bernard
Digal, prima vittima delle violenze anticristiane in Orissa. La 17.ma Giornata di
preghiera e digiuno è quindi un omaggio al loro sacrificio. Quest’anno, in concomitanza
dell’Anno Paolino, il motto della Giornata recita “In catene per Cristo, liberi di
amare”, che evoca la sofferenza della prigionia patita dall’Apostolo delle Genti.
La riflessione di Rocco Negri, responsabile Movimento giovanile
missionario delle Pontificie Opere Missionarie:
“Volevamo uno slogan
che fosse legato all’Anno Paolino e, quindi, questo motto poteva racchiudere l’esperienza
dei missionari martiri. Ma visti gli episodi degli ultimi anni, e l’ultimo anno soprattutto,
in Orissa, in Iraq, dove i cristiani hanno subito persecuzioni, volevamo usare l’idea
delle catene. Nonostante queste persecuzioni, però, i cristiani non devono e non hanno
smesso mai di amare”.
La Giornata di preghiera e
digiuno per i missionari martiri cade nell’anniversario dell’uccisione dell’arcivescovo
di San Salvador, Oscar Arnulfo Romero, avvenuta il 24 marzo 1980, durante la celebrazione
dell’Eucaristia. Ma a distanza di 29 anni, il suo sacrificio e la sua figura non sono
stati dimenticati:
“E’ un grande profeta. La Chiesa
ancora non l’ha 'nominato Santo', però è Santo per la gente, per il Sudamerica. Anche
per l’esperienza dei giovani, è una figura che ha un grande valore, per il messaggio
da testimone che ha saputo ascoltare il proprio territorio e alle sfide di questo
territorio ha saputo dare una risposta che partiva dal Vangelo”.
A
ricordare i missionari martiri sono le tante veglie di preghiera, l’Adorazione Eucaristica
e la Via Crucis organizzate oggi nelle comunità parrocchiali, nei seminari e nei noviziati.
Ma il valore del martirio, ricordano gli organizzatori, non si esaurisce in una giornata:
quello che conta è la “ferialità della fede”:
“La giornata, è ovvio,
ricorda quanti hanno donato la propria vita. Però sappiamo anche quanti giovani si
trovano a dover testimoniare in un ambiente ostile quello che è il messaggio del Vangelo.
Quindi, nella quotidianità, soprattutto nell’ambiente del lavoro, dell’università”.
Le
offerte raccolte durante le celebrazioni di oggi, inoltre, saranno inviate alle Suore
Brignoline dello Stato indiano del Kerala, per finanziare un progetto per le ragazze
diversamente abili, abbandonate dalle proprie famiglie. Ma quale insegnamento trarre,
allora, da questa Giornata? Ancora Rocco Negri:
“Che i missionari martiri
non sono un qualcosa di lontano dalla quotidianità, ma hanno semplicemente ascoltato
il proprio territorio e le sue sfide e l’hanno testimoniato. Certo, non è semplice,
ma ce l’hanno fatta, e quindi anche noi dobbiamo metterci in ascolto del nostro territorio
ed essere cristiani sempre, in chiesa, ma soprattutto nella quotidianità, fuori della
chiesa, e dare alle sfide, alle provocazioni che il mondo ci porta una riposta basata
sul Vangelo”.