2009-03-21 14:41:59

L'associazione Scienza e Vita lancia il manifesto “Liberi per vivere”


Un manifesto per dire ‘sì’: alla vita, alla medicina palliativa, ad accrescere ed umanizzare l’assistenza ai malati e agli anziani. Ma anche per dire ‘no’: all’eutanasia, all’accanimento terapeutico e all’abbandono di chi è più fragile. E’ il documento presentato ieri a Roma dall’associazione Scienza e Vita, dal Forum delle Famiglie e da Retinopera: uno strumento intitolato “Liberi per vivere” e pensato per essere distribuito attraverso parrocchie e gruppi ecclesiali al fine di favorire a livello popolare un discernimento sulla fine della vita. Ma perché questo manifesto? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Maria Luisa Di Pietro, co-presidente di Scienza e Vita:RealAudioMP3

R. - Per rispondere a un’esigenza, che è quella di conoscere, di approfondire, questi temi e anche per aiutare ad elaborare la paura. Abbiamo bisogno di riflettere su questo e aiutare la gente a riacquistare speranza e, soprattutto, a elaborare la paura della malattia e della morte. Abbiamo bisogno di riacquistare la consapevolezza che sono eventi che fanno parte della vita e che se vissuti in un mondo di relazioni, di affetti, in un mondo che risponda ai tuoi bisogni, possono essere anche accettati e portati avanti con speranza.

 
D. – Lei diceva: è importante sconfiggere la malattia, distruggere la malattia e non il malato…

 
R. – L’idea di chi sostiene l’eutanasia è che bisogna eliminare il malato per eliminare la sofferenza. La sofferenza è un insieme di componenti psicologiche, relazionali, esistenziali: si combatte vincendo la solitudine, vincendo l’abbandono, non certo eliminando la persona che soffre. E’ molto facile lo scivolamento dalla cosiddetta eutanasia su richiesta a un’eutanasia sociale e questo già con l’eutanasia su richiesta ma ancora di più con la cosiddetta eutanasia sociale sarebbe veramente la distruzione totale di una convivenza civile.

 
D. – Lei sottolineava anche la contraddizione del cosiddetto diritto a morire perché laddove c’è morte non ci sono diritti...

 
R. – Dove c’è morte non ci sono diritti. Uno Stato tutela diritti sempre positivi. C’è il diritto al lavoro, c’è il diritto allo studio, il diritto ad essere curati ma non ha senso un diritto a morire. La cura, il lavoro, la salute, sono dei beni ma la morte non è un bene, non è un valore.







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