L'associazione Scienza e Vita lancia il manifesto “Liberi per vivere”
Un manifesto per dire ‘sì’: alla vita, alla medicina palliativa, ad accrescere ed
umanizzare l’assistenza ai malati e agli anziani. Ma anche per dire ‘no’: all’eutanasia,
all’accanimento terapeutico e all’abbandono di chi è più fragile. E’ il documento
presentato ieri a Roma dall’associazione Scienza e Vita, dal Forum delle Famiglie
e da Retinopera: uno strumento intitolato “Liberi per vivere” e pensato per essere
distribuito attraverso parrocchie e gruppi ecclesiali al fine di favorire a livello
popolare un discernimento sulla fine della vita. Ma perché questo manifesto? Paolo
Ondarza lo ha chiesto a Maria Luisa Di Pietro, co-presidente di Scienza
e Vita:
R. - Per
rispondere a un’esigenza, che è quella di conoscere, di approfondire, questi temi
e anche per aiutare ad elaborare la paura. Abbiamo bisogno di riflettere su questo
e aiutare la gente a riacquistare speranza e, soprattutto, a elaborare la paura della
malattia e della morte. Abbiamo bisogno di riacquistare la consapevolezza che sono
eventi che fanno parte della vita e che se vissuti in un mondo di relazioni, di affetti,
in un mondo che risponda ai tuoi bisogni, possono essere anche accettati e portati
avanti con speranza.
D. – Lei diceva: è importante
sconfiggere la malattia, distruggere la malattia e non il malato…
R.
– L’idea di chi sostiene l’eutanasia è che bisogna eliminare il malato per eliminare
la sofferenza. La sofferenza è un insieme di componenti psicologiche, relazionali,
esistenziali: si combatte vincendo la solitudine, vincendo l’abbandono, non certo
eliminando la persona che soffre. E’ molto facile lo scivolamento dalla cosiddetta
eutanasia su richiesta a un’eutanasia sociale e questo già con l’eutanasia su richiesta
ma ancora di più con la cosiddetta eutanasia sociale sarebbe veramente la distruzione
totale di una convivenza civile.
D. – Lei sottolineava
anche la contraddizione del cosiddetto diritto a morire perché laddove c’è morte non
ci sono diritti...
R. – Dove c’è morte non ci sono
diritti. Uno Stato tutela diritti sempre positivi. C’è il diritto al lavoro, c’è il
diritto allo studio, il diritto ad essere curati ma non ha senso un diritto a morire.
La cura, il lavoro, la salute, sono dei beni ma la morte non è un bene, non è un valore.