Il congedo dal Camerun. Appello del Papa a eliminare ingiustizia e fame
“L’augurio che questa visita pastorale possa portare frutto per la vita della Chiesa
in Africa”. Questo l’auspicio espresso stamani dal Papa all’aeroporto internazionale
di Yaoundé nel saluto a conclusione della prima tappa in Camerun del viaggio apostolico
in Africa, prima della partenza alla volta dell’Angola. Il servizio del nostro inviato
a Yaoundé, Giancarlo La Vella:
(musiche
e canti)
Ancora tanto entusiastico affetto per Benedetto
XVI e tanta commozione all’aeroporto di Yaoundé per la cerimonia di commiato dal Camerun.
Dopo i ringraziamenti al presidente Biya, alla Chiesa locale e ai tanti fedeli che
hanno affollato gioiosamente le cerimonie nel corso delle intense giornate trascorse
a Yaoundé il Papa, in un breve ma denso discorso, è tornato sui motivi della visita.
Innanzitutto un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno pregato intensamente,
affinché questa visita pastorale potesse portare frutto per la vita della Chiesa in
Africa.
Et je vous demande de continuer à prier
pour que la Seconde Assemblée …
"E vi chiedo di continuare a
pregare, – ha detto il Pontefice – perché il II Sinodo dei vescovi per l’Africa dia
prova di essere un tempo di grazia per la Chiesa in tutto il Continente, un tempo
di rinnovamento e di nuovo impegno nella missione di portare il messaggio salvifico
del Vangelo ad un mondo lacerato”.
Poi i ricordi più emozionanti:
la tenerezza riservata ieri da Benedetto XVI ai disabili nel “Centro cardinal Léger”.
Questa compassione simile a quella di Cristo – ha sottolineato il Santo Padre – è
un segno sicuro di speranza per il futuro della Chiesa e per il futuro dell’Africa.
E poi non ha mancato di citare l’incontro con i membri della comunità musulmana, importante
segno di un dialogo che deve andare avanti:
As we
continue on our journey towards greater mutual understanding, ...
"Mentre
continuiamo nel nostro cammino verso una più grande comprensione reciproca – ha ricordato
il Pontefice – prego affinché cresciamo anche nel vicendevole rispetto e stima e fortifichiamo
la nostra decisione di collaborare per proclamare la dignità donata da Dio alla persona
umana, un messaggio che un mondo in crescente secolarizzazione ha bisogno di sentire”.
Quindi,
ancora un cenno allo storico momento della promulgazione dell’Instrumentum laboris
in vista del prossimo Sinodo per l’Africa, un evento di importanza globale:
Truly
this is a moment of great hope for Africa and for the whole world. ...
"Questo
è veramente un momento di grande speranza per l’Africa e per il mondo intero. Popolo
del Camerun, vi incito a cogliere l’importanza del momento che il Signore vi ha dato!
Rispondete alla sua chiamata – ha esortato Benedetto XVI – che vi impegna a portare
riconciliazione, guarigione e pace alle vostre comunità ed alla vostra società! Operate
per eliminare l’ingiustizia, la povertà e la fame ovunque le troviate!”.
Ora
in Angola il Papa continua il suo dialogo con l’Africa, ma del Camerun rimane l’emozione
di tante parole, di tanti gesti dedicati dal Papa ai più poveri, ai più deboli e ai
meno fortunati. L’ultimo stamani, prima di lasciare la nunziatura: l’incontro con
un gruppo di pigmei, una delle etnie più antiche dell’Africa, oggi troppo spesso dimenticata,
la cui sopravvivenza, insieme con usi e tradizioni, è messa in pericolo dall’impoverimento
ambientale, dalla deforestazione, dalla difficoltà di integrazione nella
società africana moderna.
(musica)
Per
un bilancio sulla tappa camerunense del viaggio del Papa nel continente africano ed
una riflessione sul prossimo Sinodo per l’Africa, Giancarlo La Vella ha
intervistato l’arcivescovo ghanese di Accra, Gabriel Charles Palmer-Buckle:
R.
- La sua visita è stata una visita molto incoraggiante. Come lui stesso un paio di
volte aveva detto, l’Africa è la speranza della Chiesa e abbiamo veramente sentito
questo calore di un padre che viene a incoraggiare i suoi figli a fare quello che
possono fare e a farlo bene.
D. - L’Africa – è l’auspicio
del Papa – deve mettersi in moto per risolvere certe emergenze. C’è una volontà comune
sia a livello ecclesiale che di società?
R. - Dal 1994,
dal primo sinodo sull’Africa, si è visto subito che l’Africa ormai doveva prendere
nelle mani il proprio destino e parlando di Chiesa come famiglia di Dio abbiamo già
cominciato a livello pastorale, a livello teologico, nell’indagine sociale, a vedere
quello che si può fare. E’ importante, credo che questo secondo Sinodo ci dia veramente
la spinta alla maturazione come Chiesa. Come continente direi che già ci sono stati
dei passi molto validi, per esempio il NEPAD,the New Partnership
for Africa's Development, dove i presidenti dell’Africa vengono a parlare dei propri
problemi e a vedere come risolvere questi problemi con le proprie risorse e le proprie
forze. L’Africa non vuole isolarsi ma vuole prendere in mano anche il proprio destino.
Anche per quanto riguarda la democratizzazione, da vent’anni in qua, ci sono oltre
50 nazioni africane di cui solo 12 hanno dei problemi, crisi politche, conflitti:
circa 40 Paesi si stanno avviando gradualmente verso una democratizzazione ancora
più matura. Allora obbiamo essere contenti che l’Africa stia prendendo in mano il
proprio destino, certamente con l’aiuto positivo della comunità internazionale.