Si attenua la tensione in Pakistan dopo che il governo ha rimesso al suo posto il
capo della Corte suprema, Iftikhar Chaudhry, accettando le richieste dell'opposizione
ed evitando uno scontro che minacciava la stabilità del Paese. Il primo ministro Yousuf
Raza Gilani, in un discorso in tv, ha promesso una riconciliazione nazionale con l'opposizione
guidata dall'ex premier Nawaz Sharif, il quale domenica aveva contravvenuto agli arresti
domiciliari per guidare una marcia dei sostenitori della Lega musulmana diretta alla
capitale Islamabad. Marcia poi annullata dallo stesso Sharif. Gilani ha detto inoltre
che chiederà una revisione della sentenza che vieta a Sharif e a suo fratello Shahbaz
di candidarsi e che ha sciolto il governo della provincia del Punjab, guidato dalla
Lega musulmana. Il premier ha anche ordinato il rilascio degli oltre 1.500 attivisti
arrestati nell'ultima settimana. Con queste decisioni può dirsi concluso il braccio
di ferro tra l’opposizione dell'ex premier Sharif e il presidente Ali Zardari? Giada
Aquilino lo ha chiesto alla professoressa Elisa Giunchi, docente di Storia
e Istituzioni dei Paesi islamici all’Università degli studi di Milano:
R. – Non
credo ad un braccio di ferro tra due programmi politici diversi, tra due personalità
molto diverse, che già negli anni ’90, quando la Bhutto, che era moglie di Zardari,
era al potere, nei suoi due mandati, si era già espressa in vario modo. E’ un braccio
di ferro che tocca vari punti, relativi soprattutto alla politica estera e all’alleanza
con gli Stati Uniti. Si ha poi l’impressione che Nawaz Sharif voglia
tentare di ergersi a paladino dell’indipendenza della magistratura, alleandosi anche
a gruppi che difendono i diritti dell’uomo e agli avvocati, quando in realtà il punto
è il tentativo di controllare la magistratura, non di renderla indipendente. Un tentativo
che è stato perseguito sia dal governo di Zardari sia dal governo di Nawaz
Sharif, quando Sharif era al potere negli anni ’90. Rimangono irrisolti
anche altri nodi della situazione pakistana, in particolare lo squilibrio tra le varie
istituzioni e lo squilibrio tra la provincia del Punjab, che è la più ricca e che
è controllata dalla famiglia degli Sharif, alleata in politica estera all’Arabia Saudita,
e le altre province controllate dal partito popolare pakistano di Zardari e di Gilani
e da partiti minori nazionalisti. Poi vi è lo squilibrio molto forte tra i vertici
militari e le istituzioni politiche. Sembra sia proprio in seguito alla pressione
dei vertici militari, non solo degli Stati Uniti, che Zardari ha poi deciso di reintegrare
Iftikhar Chaudhry e di andare incontro alle richieste dell’opposizione.
D.
– A questo punto il potere del presidente è messo a dura prova?
R.
– Da una parte si può dire che il presidente in un certo senso facilita, fa un primo
passo verso una reale democratizzazione della politica pachistana, perché cedendo
su questo punto, sul punto del reintegro di Iftikhar Chaudhry, in sostanza dà un segnale
in positivo in merito all’indipendenza della magistratura, almeno formalmente. D’altra
parte, quello di Zardari è anche un segno di debolezza, perché dimostra chiaramente
di essere debole nei confronti della pressione dell’opposizione.
D.
– La stessa opposizione nei giorni scorsi parlava di rivoluzione, di guerra civile.
Che rischi ci sono?
R. – Vi è il rischio che la situazione
degeneri, anche perché la situazione politica interna è assolutamente poi collegata
alla situazione di anarchia e di caos che si ha a cavallo del confine con l’Afghanistan.