Il Papa annuncia l'indizione a giugno di uno speciale Anno Sacerdotale
Il Papa, ricevendo oggi i partecipanti alla plenaria della Congregazione per il Clero,
ha annunciato l’indizione a giugno di uno speciale Anno Sacerdotale. Ecco il testo
integrale del discorso di Benedetto XVI:
Signori Cardinali, Venerati Fratelli
nell’Episcopato e nel Sacerdozio!
Sono lieto di potervi accogliere in speciale
Udienza alla vigilia della partenza per l’Africa, ove mi recherò per consegnare l’Instrumentum
laboris della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l’Africa, che si terrà qui
a Roma nel prossimo ottobre. Ringrazio il Prefetto della Congregazione, il Signor
Cardinale Cláudio Hummes, per le gentili espressioni con cui ha interpretato i comuni
sentimenti. Con lui saluto tutti voi, Superiori, Officiali e Membri della Congregazione,
con animo grato per tutto il lavoro che svolgete a servizio di un settore tanto importante
della vita della Chiesa.
Il tema che avete scelto per questa Plenaria - «L’identità
missionaria del presbitero nella Chiesa, quale dimensione intrinseca dell’esercizio
dei tria munera» - consente alcune riflessioni per il lavoro di questi giorni e per
i frutti abbondanti che certamente esso porterà. Se l’intera Chiesa è missionaria
e se ogni cristiano, in forza del Battesimo e della Confermazione, quasi ex officio
(cfr CCC, 1305) riceve il mandato di professare pubblicamente la fede, il sacerdozio
ministeriale, anche da questo punto di vista, si distingue ontologicamente, e non
solo per grado, dal sacerdozio battesimale, detto anche sacerdozio comune. Del primo,
infatti, è costitutivo il mandato apostolico: «Andate in tutto il mondo e predicate
il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Tale mandato non è, lo sappiamo, un semplice
incarico affidato a collaboratori; le sue radici sono più profonde e vanno ricercate
molto più lontano.
La dimensione missionaria del presbitero nasce dalla sua
configurazione sacramentale a Cristo Capo: essa porta con sé, come conseguenza, un’adesione
cordiale e totale a quella che la tradizione ecclesiale ha individuato come l’apostolica
vivendi forma. Questa consiste nella partecipazione ad una “vita nuova” spiritualmente
intesa, a quel “nuovo stile di vita” che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è
stato fatto proprio dagli Apostoli. Per l’imposizione delle mani del Vescovo e la
preghiera consacratoria della Chiesa, i candidati divengono uomini nuovi, divengono
“presbiteri”. In questa luce appare chiaro come i tria munera siano prima un dono
e solo conseguentemente un ufficio, prima una partecipazione ad una vita, e perciò
una potestas. Certamente, la grande tradizione ecclesiale ha giustamente svincolato
l’efficacia sacramentale dalla concreta situazione esistenziale del singolo sacerdote,
e così le legittime attese dei fedeli sono adeguatamente salvaguardate. Ma questa
giusta precisazione dottrinale nulla toglie alla necessaria, anzi indispensabile,
tensione verso la perfezione morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente sacerdotale.
Proprio
per favorire questa tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale
soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero, ho deciso di indire uno speciale
“Anno Sacerdotale”, che andrà dal 19 giugno prossimo fino al 19 giugno 2010. Ricorre
infatti il 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney,
vero esempio di Pastore a servizio del gregge di Cristo. Sarà cura della vostra Congregazione,
d’intesa con gli Ordinari diocesani e con i Superiori degli Istituti religiosi, promuovere
e coordinare le varie iniziative spirituali e pastorali che appariranno utili a far
percepire sempre più l’importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa
e nella società contemporanea.
La missione del presbitero, come evidenzia il
tema della plenaria, si svolge «nella Chiesa». Una tale dimensione ecclesiale, comunionale,
gerarchica e dottrinale è assolutamente indispensabile ad ogni autentica missione
e, sola, ne garantisce la spirituale efficacia. I quattro aspetti menzionati devono
essere sempre riconosciuti come intimamente correlati: la missione è “ecclesiale”
perché nessuno annuncia o porta se stesso, ma dentro ed attraverso la propria umanità
ogni sacerdote deve essere ben consapevole di portare un Altro, Dio stesso, al mondo.
Dio è la sola ricchezza che, in definitiva, gli uomini desiderano trovare in un sacerdote.
La missione è “comunionale”, perché si svolge in un’unità e comunione che solo secondariamente
ha anche aspetti rilevanti di visibilità sociale. Questi, d’altra parte, derivano
essenzialmente da quell’intimità divina della quale il sacerdote è chiamato ad essere
esperto, per poter condurre, con umiltà e fiducia, le anime a lui affidate al medesimo
incontro con il Signore. Infine le dimensioni “gerarchica” e “dottrinale” suggeriscono
di ribadire l’importanza della disciplina (il termine si collega con “discepolo”)
ecclesiastica e della formazione dottrinale, e non solo teologica, iniziale e permanente.
La
consapevolezza dei radicali cambiamenti sociali degli ultimi decenni deve muovere
le migliori energie ecclesiali a curare la formazione dei candidati al ministero.
In particolare, deve stimolare la costante sollecitudine dei Pastori verso i loro
primi collaboratori, sia coltivando relazioni umane veramente paterne, sia preoccupandosi
della loro formazione permanente, soprattutto sotto il profilo dottrinale. La missione
ha le sue radici in special modo in una buona formazione, sviluppata in comunione
con l’ininterrotta Tradizione ecclesiale, senza cesure né tentazioni di discontinuità.
In tal senso, è importante favorire nei sacerdoti, soprattutto nelle giovani generazioni,
una corretta ricezione dei testi del Concilio Ecumenico Vaticano II, interpretati
alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa. Urgente appare anche il recupero
di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti ad essere presenti, identificabili
e riconoscibili sia per il giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche
per l’abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione
della Chiesa.
Come Chiesa e come sacerdoti annunciamo Gesù di Nazaret Signore
e Cristo, crocifisso e risorto, Sovrano del tempo e della storia, nella lieta certezza
che tale verità coincide con le attese più profonde del cuore umano. Nel mistero dell’incarnazione
del Verbo, nel fatto cioè che Dio si è fatto uomo come noi, sta sia il contenuto che
il metodo dell’annuncio cristiano. La missione ha qui il suo vero centro propulsore:
in Gesù Cristo, appunto. La centralità di Cristo porta con sé la giusta valorizzazione
del sacerdozio ministeriale, senza il quale non ci sarebbe né l’Eucaristia, né, tanto
meno, la missione e la stessa Chiesa. In tal senso è necessario vigilare affinché
le “nuove strutture” od organizzazioni pastorali non siano pensate per un tempo nel
quale si dovrebbe “fare a meno” del ministero ordinato, partendo da un’erronea interpretazione
della giusta promozione dei laici, perché in tal caso si porrebbero i presupposti
per l’ulteriore diluizione del sacerdozio ministeriale e le eventuali presunte “soluzioni”
verrebbero drammaticamente a coincidere con le reali cause delle problematiche contemporanee
legate al ministero.
Sono certo che in questi giorni il lavoro dell’Assemblea
plenaria, sotto il protezione della Mater Ecclesiae, potrà approfondire questi brevi
spunti che mi permetto di sottoporre all’attenzione dei Signori Cardinali e degli
Arcivescovi e Vescovi, invocando su tutti la copiosa abbondanza dei doni celesti,
in pegno dei quali imparto a voi e alle persone a voi care una speciale, affettuosa
Benedizione Apostolica.