La soluzione della povertà in Africa passa per un'ecologia dei consumi nei Paesi ricchi:
lo afferma il Rapporto sulla fame 2008
Un problema essenzialmente africano, che può essere risolto anche attraverso nuove
strategie di consumo nei Paesi più ricchi. E’ quanto evidenzia il Rapporto “Anni di
povertà: l’indice globale della fame 2008”, realizzato da tre organizzazioni non governative
di Stati Uniti, Germania e Irlanda, pubblicato per la prima volta in Italia da “Link
2007”, una rete composta da 11 Ong che lavorano a favore dello sviluppo. Il servizio
di Benedetta Capelli:
Conflitti
violenti, povertà e mancanza di diritti sono i parenti stretti della fame. In questi
contesti, l’indice calcolato dal rapporto sulla base di tre indicatori - malnutrizione,
mortalità infantile e accesso al cibo - assume dimensioni sempre più vaste. La situazione
peggiore nell’Africa subsahariana e la "maglia nera" va alla Repubblica Democratica
del Congo seguita dall’Eritrea, dal Burundi e dal Niger. Un’emergenza sulla quale
è possibile intervenire soprattutto nell’ambito della sicurezza alimentare, come evidenzia
Stefano Piziali, curatore della pubblicazione:
“Pur
avendo tantissime cause, il problema della fame ha sicuramente alcune soluzioni: la
più importante di tutte è che bisogna riportare all’attenzione dei donatori l’investimento
in agricoltura nei Paesi in via di sviluppo. Negli ultimi 10 anni, si è insistito
troppo su investimenti di natura infrastrutturale che hanno dimenticato invece lo
sviluppo economico delle aree rurali”. Nel
Rapporto, sottolinea poi l’importanza del lavoro delle Ong sul cosiddetto “ultimo
miglio” della cooperazione, ovvero il contatto diretto con le situazioni più problematiche
dei Paesi in via di sviluppo. Le organizzazioni esprimono timore per le inevitabili
e drammatiche ricadute della crisi economica globale, che potranno complicare ancora
di più il quadro, disegnato dalla relazione, e riferito ai dati del 2006. i motivi
dalla voce di Stefano Piziali:
“Perché
comunque abbiamo avuto un 2008 con una crescita per alcuni prodotti alimentari del
700 per cento, rientrata parzialmente alla fine del 2008, ma a tutt’oggi il riso costa
il 30 per cento in più in quasi tutti i Paesi del mondo di quanto costava un paio
di anni fa. Accanto a questi prezzi alimentari - che rimangono stabilmente alti -
ci sono adesso le conseguenze della perdita del lavoro, della crisi economica, della
disoccupazione che sta crescendo in tutto il mondo. Segnali
positivi arrivano dalla Commissione europea, che ha deciso di stanziare un miliardo
di euro per programmi volti a stimolare la produzione agricola in 50 Paesi per ben
tre anni. Ma quali sono le misure messe a punto? Risponde Simona Mari,
responsabile della sicurezza alimentare presso l’Ufficio di cooperazione della Commissione
europea:
“Per esempio, programmi di distribuzione
di sementi certificate, di fertilizzanti. Ma ci sono anche misure per sostenere il
reddito dei più poveri, persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, soprattutto
nel mondo rurale. Ed esistono anche programmi di piccola irrigazione, di formazione
professionale ai contadini. Queste sono le misure. Quello che stiamo cercando di lanciare
con vari partner, le organizzazioni internazionali ma anche la società civile”. Tante
iniziative che in qualche modo intendono sopperire al taglio dei fondi destinati alla
solidarietà, operato in molti Paesi. Si tratta di un ambito sul quale è necessario
intervenire e per questo l’appuntamento del prossimo G8 a guida italiana è un’occasione
da cogliere soprattutto per rilanciare l’impegno dei Grandi. Quale il contributo della
coalizione italiana contro la povertà? Ci risponde il presidente Sergio
Marelli:
“Abbiamo un documento di proposte
concrete, ricordando ai grandi della Terra che impegnarsi per una maggiore giustizia
sociale nel mondo vuol dire impegnarsi anche per la ripresa economica dei Paesi ricchi.
Se non ci si convince di questo, andremo di incontro a una maggiore instabilità e
probabilmente - come denuncia anche questo rapporto - anche a delle situazioni di
insicurezza proprio causate dalla fame, dalle situazioni di miseria che nel Sud sono
all’ordine del giorno ma che è una realtà sempre più è presente qui dentro i confini
dell’Italia. Fissare così una nuova
scadenza per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio diventa non solo una
speranza ma una drammatica necessità.