Domani presidenziali in Salvador. La Chiesa chiede di accettare lealmente i risultati
delle urne
In Salvador, a due mesi dalle elezioni politiche e amministrative, domani oltre 4
milioni di persone saranno chiamate al voto per eleggere il presidente della Repubblica.
Tra i vari candidati in realtà solo due, Rodrigo Ávila dell’Alleanza repubblica nazionalista
di destra, e Mauricio Funes del Fronte “Farabundo Martí” di centrosinistra, hanno
reali probabilità di vincere. Da diversi mesi i sondaggi danno come possibile vincitore
l’ex Movimento della guerriglia guidato da Funes, oggi partito costituzionale dopo
gli Accordi di pace del 1992. Nelle elezioni del 15 gennaio questa organizzazione
ottenne la maggioranza relativa dei parlamentari, senza però riuscire a strappare
la maggioranza dei sindaci all’Arena. Da allora, le rilevazioni demoscopiche rilevano
una riduzione delle distanze da parte di Ávila e quindi, alla vigilia del voto, tutto
è possibile. Nonostante alcuni gravi episodi di violenza che hanno lasciato più di
una vittima, la campagna è stata abbastanza corretta, anche se c’è stata molta violenza
verbale. Lasciati da parte i fucili con cui in passato questi due schieramenti si
sono combattuti, oggi si confrontano con il voto. Ciò ha molto contribuito allo sviluppo
di un dibattito sul futuro del Paese, sulla sua gravissima situazione economica, sulle
misure da prendere per attutire le conseguenze negative su una popolazione in gran
parte al di sotto della soglia della povertà. Sulla serietà delle proposte per uscire
dalla crisi hanno molto insistito i vescovi salvadoregni, ricordando agli elettori
che “sarebbe un’irresponsabilità non andare a votare”. In recenti documenti, la Conferenza
episcopale ha sottolineato “l’importanza del discernimento al momento di decidere”
poiché i valori cristiani e le grandi questioni della vita, della famiglia, dell’equità
sociale, della giustizia e della solidarietà “sono responsabilità di tutti”. “Dobbiamo
vedere, alla presenza di Dio, quello che è conveniente per il Paese ed esprimere la
nostra opinione", hanno scritto i presuli lo scorso 14 gennaio, aggiungendo: "Votare
significa assumersi responsabilmente il ruolo di cittadini perché tutti siano protagonisti
e destinatari della politica”. Domenica scorsa, mons. José Luis Escobar Alas, arcivescovo
di San Salvador, ha chiesto “a tutti gli elettori, partiti e candidati, di accettare
lealmente i risultati delle urne. Il nostro appello si rivolge a tutti i cittadini.
Così è possibile evitare qualsiasi tipo di violenza”. “La Chiesa non è in grado di
dare opinioni tecniche anche perché non è la sua missione. Le nostre sono considerazioni
pastorali” e dunque “non aspettatevi da noi valutazioni positive o negative. Sono
in gioco molti interessi - ha concluso il presule - e ciascuno ha la propria ottica.
La Chiesa salvadoregna non desidera apparire in favore di alcuni e contro altri”.
In questo momento, ha osservato l’arcivescovo, la cosa più importante è che ciascuno
“sappia fare discernimento con serietà e in un clima di preghiera. Questo lo aiuterà
a votare”. (A cura di Luis Badilla)