2009-03-13 15:33:35

Opposizione in piazza in Madagascar


Nuova manifestazione di piazza dell'opposizione, nel centro di Antananarivo, capeggiata da Roland Ratsiraka, il candidato sconfitto alle presidenziali del 2006, che ha affermato che la vittoria è ormai vicina. Alla manifestazione non ha potuto intervenire il leader dell'opposizione, Andry Rajoelina, nei confronti del quale è stato emesso un mandato di arresto ed è pertanto nascosto. Nella notte, militari dissidenti hanno dispiegato carri armati nella capitale del Madagascar con la dichiarata intenzione di impedire l'arrivo di non meglio precisati mercenari. Sullo sfondo della crisi, la totale confusione nel Paese in seguito al braccio di ferro che oppone da settimane il presidente, Marc Ravalomananna, al leader dell'opposizione, Rajoalina. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

 
Le truppe tradiscono la neutralità che aveva caratterizzato la loro posizione finora. I mercenari dai quali dicono di volersi difendere sarebbero quelli che il presidente vorrebbe assoldare per rafforzare la propria posizione. Potrebbero anche essere semplicemente gruppi di militari a lui fedeli. Due giorni fa, c'è stato un confuso cambiamento al vertice delle forze armate, pare senza il consenso del presidente. A questo punto, lo stesso presidente lancia un appello agli abitanti della capitale affinchè respingano l'attacco di militari ribelli: chiede che siano difesi il presidente e il palazzo stesso. Da parte loro, gli ammutinati parlano solo di azione precauzionale. Emerge, in ogni caso, la spaccatura, anche tra le forze armate, tra chi sostiene il presidente Ravalomananna e chi il leader dell’opposizione, Rajoalina, che da settimane hanno ingaggiato un duro braccio di ferro, con scontri di piazza, dimissioni del ministro della Difesa, protezione da parte dell’ONU per il capo dell’opposizione. Due giorni fa, i militari avevano chiesto una sollecita risposta politica annunciando altrimenti il loro intervento.

 
Sulla situazione che si è venuta a creare nel Paese, Stefano Leszczynski ha intervistato padre Cosimo Alvati, già direttore di Radio Don Bosco nella capitale malgascia, Antananarivo.RealAudioMP3

R . - La situazione effettivamente è entrata in un caos tale che la gente sembra non riuscire a capire bene verso quale direzione si stia andando. Ma, forse, l’obiettivo principale è proprio quello di una situazione di destabilizzazione pensata per far cadere il governo.

 
D. - Chi sono i due principali protagonisti di questa situazione in Madagascar?

 
R. - Ravalomanana è un grande uomo di affari nel campo della comunicazione, che nel 2002 è salito al potere dopo elezioni democratiche un po’ turbolente, perché non gli veniva riconosciuta la vittoria. Dall’altra parte, abbiamo Rajoelina che è un giovane uomo di affari di 34 anni: l’anno scorso, di sorpresa, ha vinto le elezioni comunali di Atananarivo. Due contendenti che rappresentano ancora una volta l’esempio classico di uomini di potere, di una certa posizione economica, che cercano di ottenere il potere politico.

 
D. - C’è, secondo la sua esperienza, la possibilità che la comunità internazionale intervenga in maniera efficace?

 
R. - La comunità internazionale può intervenire e deve assolutamente farlo per arrivare attraverso il dialogo ad una soluzione. Certamente, l’obiettivo di capovolgere l’attuale presidente indicendo delle nuove elezioni lo vedo ancora improbabile.

 
D. - Qual è la situazione della Chiesa nel Paese?

 
R. - Sia la Chiesa cattolica che la comunità protestante si sono riunite in una federazione di Chiese cristiane e sono loro che ora stanno facendo da intermediari. Secondo la cultura e la tradizione malgascia, loro rappresentano le autorità "genitoriali" riconosciute a livello spirituale anche al di sopra della stessa autorità politica, per cui la gente guarda loro con estremo favore e ascolta quello che esse danno come indicazione: attualmente, non hanno appoggiato né l’uno né l’altro contendente ma hanno cercato semplicemente di favorire l’incontro.

 
Localizzati i tre operatori di Msf rapiti in Darfur
Il governo del Sudan annuncia di aver individuato con precisione il luogo dove si trovano i tre operatori umanitari di Medici senza frontiere (Msf) rapiti in Darfur mercoledì sera. Sembra sia stato stabilito un contatto e si stanno vagliando le richieste dei rapitori. Ma quali le notizie in possesso di Medici senza Frontiere? Adriana Masotti l’ha chiesto a Sergio Cecchini, responsabile comunicazione della sezione italiana dell’Organizzazione.RealAudioMP3
 
R. - Le notizie che abbiamo per via indiretta è che le tre persone rapite sono in buone condizioni.

 
D. – Ci può dire qualcosa sull’italiano, il medico Mauro D’Ascanio?

 
R. - Si trovava in Darfur dal settembre 2008 nello stesso luogo dov’è stato rapito, a Serif Umra, dove era il responsabile del presidio ospedaliero che Medici senza frontiere aveva in quella zona per dare assistenza oltre a 55 mila sfollati dalla guerra. È un medico con specializzazione in medicina d’urgenza e medicina tropicale e prima di Medici senza frontiere aveva avuto modo di lavorare in Guinea Bissau, Brasile, Guatemala, con altre organizzazioni umanitarie.

 
D. - Perché le organizzazioni non governative e Medici senza frontiere tra queste danno fastidio?

 
R. - Perché abbiamo come unico obiettivo quello di assistere la popolazione vittima della guerra, senza schierarci contro il regime sudanese né contro alcuno dei gruppi ribelli attivi in zona. E, soprattutto, senza prestarci a una confusione che viene fatta a livello internazionale tra i bisogni umanitari di chi è vittima del conflitto e le agende della comunità internazionale rispetto al regime sudanese.

 
D. - Adesso Medici senza frontiere ha deciso il ritiro di tutto il personale: una decisione, penso, anche sofferta…

 
R. - Una decisione sofferta e dolorosissima per un’organizzazione che lavorava in Darfur dall’inizio della guerra, dalla fine del 2003, e che prestava assistenza medica a oltre 500 mila persone in Darfur. Al momento, manterremo una piccola unità che segua la vicenda del rapimento dei nostri tre operatori sanitari.

Striscia di Gaza
In un clima di cauto ottimismo, il premier israeliano, Ehud Olmert, condurrà oggi consultazioni con l'emissario che nei giorni scorsi ha condotto al Cairo, con la mediazione egiziana, trattative ad oltranza con Hamas per uno scambio di prigionieri. L'incontro fra Olmert e Dekel ha luogo mentre nei pressi dell’abitazione del premier, da una settimana, sono accampati sotto una tenda i genitori di Ghilad Shalit, il caporale tenuto in ostaggio da Hamas dal giugno 2006. La loro protesta ha avuto una vasta eco nella opinione pubblica locale. Il quotidiano Haaretz riferisce intanto, citando fonti palestinesi, che Israele e Hamas sono vicini a un’intesa sul numero e sull’importanza dei detenuti palestinesi che saranno rilasciati in cambio di Shalit. Intanto, si discute sulle cifre relative all’operazione "Piombo fuso". Sono stati 1.434 i morti palestinesi, tra i quali 960 civili e più in particolare 288 bambini o ragazzi, secondo quanto afferma il Centro palestinese per i diritti umani (Pchr-Gaza), ma Tshal, le forze armate israeliane, contestano i dati e per bocca di un portavoce militare, affermando che la ong ha taciuto in particolare “sull'uso mostruoso da parte di Hamas dei civili come scudi umani”.

Iraq
Una donna irachena è stata uccisa e altre sette persone, tra cui quattro poliziotti, sono state ferite stamani dall'esplosione di tre ordigni in tre zone diverse di Baghdad. Lo ha riferito l'agenzia irachena Nina citando fonti di polizia, secondo la quale un ordigno è esploso nel quartiere di al-Micanin, della zona meridionale di Dora, causando la morte di una donna e il ferimento di un'altra persona. Un altro ordigno, hanno aggiunto le stesse fonti, è esploso nel quartiere sudorientale Baghdad al-Jadida, al passaggio di una pattuglia di polizia, provocando il ferimento di quattro agenti e gravi danni ad una delle vetture della pattuglia. Il terzo ordigno, hanno precisato le fonti, è esploso nel quartiere occidentale di al-Khadraa, causando il ferimento di due civili e diversi danni materiali nei palazzi vicini.

L’Iran favorevole a partecipare a colloqui sull’Afghanistan
L'Iran è favorevole a colloqui bilaterali o multilaterali sull'Afghanistan, ma non ha ancora ricevuto un invito ufficiale alla conferenza Nato-Onu in programma il 31 marzo prossimo all'Aja. Lo ha detto il vicepresidente iraniano, Esfandiar Rahim Mashai, durante una conferenza stampa a Ottawa, dove si è recato per un incontro con la comunità iraniana residente in Canada. Ieri, l'edizione online in inglese dell'agenzia semi-ufficiale iraniana Fars aveva riferito, citando il portavoce del Ministero degli esteri, Hassan Qashqavi, che Teheran aveva accettato l'invito degli Stati Uniti a partecipare alla conferenza.
 
Pakistan
I missili sparati da un aereo senza pilota su alcune costruzioni appartenenti ad un campo di addestramento di movimenti talebani - nell'area di Kurram, alla frontiera con l'Afghanistan - hanno causato almeno 24 morti. L'area di Kurram è una delle sette regioni semi-autonome vicine alla complicatissima frontiera pakistana con l'Afghanistan, dove le forze statunitensi cercano di arginare l'attività dei talibani.

Commissario Ue in visita a Lampedusa
“Occorre capire come far sì che l'Europa possa rimanere rigida rispetto al problema dell'immigrazione irregolare e al contrasto dei traffici che ci sono dietro i viaggi verso il nostro continente e, allo stesso tempo, sia aperta e solidale nei confronti dei migranti”. Lo ha detto, al termine della visita al Cie di Lampedusa, durata oltre un'ora, il commissario Ue alla giustizia e alle libertà civili, Jacques Barrot. “I Paesi dell'Unione europea devono essere più solidali - ha aggiunto il commissario - ad esempio attraverso una politica dei visti più generosa”. “Non va trascurato, però - ha concluso - come ho cercato di spiegare ai migranti che ho incontrato che i nostri Paesi, in questo momento attraversano un periodo di crisi grave”. Attualmente, dopo gli sbarchi dei giorni scorsi, a Lampedusa ci sono 690 migranti. Venti, tra i quali una donna, si trovano nel Cpa, presso l'ex base navale Loran, mentre 670, tutti tunisini, sono ospiti del Cie in contrada Imbriacola.
 
Svizzera: attenuato il segreto bancario
La Svizzera allenta il segreto bancario. Il governo elvetico ha deciso di semplificare le condizioni per lo scambio di informazioni conformemente alle regole dell'Ocse. La Svizzera vuole rendere più agile questa procedura in caso di sospetti “concreti”, ha riferito l'agenzia di stampa svizzera Ats.

Obama pronuncerà un discorso all’Assemblea Nazionale turca
Il presidente Usa, Barack Obama, pronuncerà un discorso davanti ai membri dell'Assemblea nazionale, il parlamento turco, nel corso della sua prima visita in Turchia, in programma il 6 ed il 7 aprile. Il giornale sottolineando, inoltre, che l'invito rivolto ad Obama a parlare all'Assemblea nazionale è un segno di riconoscenza da parte del governo di Ankara per la decisione del capo della Casa Bianca di venire in Turchia. Obama sarà il secondo presidente Usa, dopo Bill Clinton, a fare un discorso al parlamento turco.

Tibet
La Cina è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader tibetano che vive in esilio in India, se questi “rinuncerà a perseguire l'indipendenza” del Tibet. Lo ha affermato oggi il primo ministro cinese, Wen Jiabao. Parlando ai giornalisti nella Sala dell'Assemblea del popolo, il premier ha accusato “alcuni Paesi occidentali” di “sfruttare” il Dalai Lama per i suoi fini. “Con il Dalai Lama - ha sostenuto Wen - bisogna guardare a quello che dice, ma anche a quello che fa. La chiave è la sincerita”'. Il leader tibetano chiede per il territorio quella che definisce una “genuina autonomia” ma Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia quello di staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen “i fatti” - tra i quali ha citato la crescita dell'economia e la “libertà religiosa” di cui godono i tibetani - hanno dimostrato che “la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta”. Il Dalai Lama, in un discorso tenuto a Dharamsala in India, ha accusato Pechino di aver creato nel Tibet un “inferno in terra”, nel quale hanno perso la vita “centinaia di migliaia di tibetani”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 72

 
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