Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni: la visita del Papa nella Sinagoga di Roma
è un segno di rispetto e amicizia
Benedetto XVI, come confermato ieri dal direttore della Sala Stampa padre Federico
Lombardi, visiterà in autunno la Sinagoga di Roma. La visita era stata annunciata
dal presidente della Comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, intervenendo ad una
trasmissione televisiva. Sul significato di questo evento si sofferma, al microfono
di Amedeo Lomonaco, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni:
R. – E’ un
gesto importante che segna la volontà di continuare un approccio di rispetto e di
amicizia, una volontà di costruire insieme e di camminare insieme, ciascuno tenendo
conto delle diversità, di guardarci con simpatia.
D.
– Ed è anche un altro passo importante sulla via del dialogo tra Chiesa e mondo ebraico
che si aggiunge alla storica visita nel 1986 di Giovanni Paolo II nella Sinagoga di
Roma...
R. – Quello fu un episodio epocale perchè
chiaramente si è trattato di un evento che non accadeva da millenni… C’è un precedente
di un Papa in una sinagoga romana, sicuramente almeno uno: io mi riferisco a Pietro.
Il gesto di Giovanni Paolo II è stato un gesto storico e ha aperto una nuova era.
D. – Per quanto riguarda il prossimo futuro, qual
è il vostro auspicio per il pellegrinaggio del Papa in Terra Santa, in programma a
maggio?
R. – Anche in questa occasione la presenza
del Papa significa attenzione, condivisione, rispetto, e volontà di partecipare ad
un progetto di pace che deve essere condiviso.
D.
– Il Congresso Mondiale Ebraico ha espresso nei confronti di Benedetto XVI grande
apprezzamento per la lettera inviata ai vescovi sulla remissione della scomunica dei
presuli consacrati da mons. Lefebvre. Come ha accolto questa lettera la comunità ebraica
romana?
R. – E’ stata una lettera molto importante.
Ci stupisce positivamente la sottolineatura sul fatto che siano stati proprio gli
amici ebrei a comprendere le parole del Papa. Quindi, va letta come un gesto di attenzione
nei nostri confronti.
D. – E questa attenzione a
cosa può portare in concreto?
R. – Noi abbiamo tanti
problemi nel confronto ebraico cristiano: problemi teologici, storici molto delicati
che ci dividono. Alcuni ci dividono in maniera insormontabile perchè chiaramente le
differenze ideologiche non possono essere colmate. Altri ci dividono dal punto di
vista storico-emozionale. Però abbiamo anche impegni di testimonianza comune, possibilità
di agire nella società con i valori che condividiamo. Se si toglie la parte conflittuale,
ogni cosa che ne consegue può essere un grande frutto e un grande bene per tutti.
D.
– Quindi possiamo dire che oggi questi ponti di dialogo sono più praticabili?
R.
– Sì, in questi giorni molte delle nubi che si erano addensate non ci sono più. Prevale
un clima di buona volontà che è molto importante.