Presentato a Roma l'ultimo libro di Carlo Di Cicco
L’incontro di un giornalista con la parola di Dio, la sua esperienza di vita nello
sfondo del ’68 e le sue considerazioni sul Concilio Vaticano II. Questo racconta “Ti
credevo un altro”, il libro di Carlo Di Cicco, vicedirettore dell’Osservatore Romano,
pubblicato dalla Cantagalli e presentato ieri pomeriggio a Roma. Il volume, che intende
offrire al mondo laico spunti per dialogare, svela la visione di Dio amore del cronista,
proprio quel Dio dal quale Benedetto XVI invita a ripartire nella sua prima Enciclica
Deus Caritas est. Il servizio di Tiziana Campisi:
Sono riflessioni
che cercano un dialogo le pagine di Carlo Di Cicco, che vogliono proporre, a cristiani
e non, un confronto sulle strade che ogni uomo percorre alla ricerca dell’amore. Amore
che i credenti riconoscono in Dio, che in una società multiculturale deve farsi chiave
di apertura all’altro permettendo di superare diversità e divergenze e di costruire
una pacifica convivenza. Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone,
intervenuto alla presentazione del libro, ne ha parlato anche riferendosi alla vita
della Chiesa:
“Quando la Chiesa cattolica e le altre
Chiese e comunità cristiane, ponendosi in ascolto della Parola di Dio, decidono di
fondarsi su Dio-Amore la pratica riformatrice si fa necessariamente esigente ma, allo
stesso tempo, non intransigente e anzi, largamente dialogica. Le stesse istituzioni
civili, governate dal principio di laicità e democrazia, possono sentirne beneficio”. L’amore
è più forte della distruttività umana, scrive Carlo Di Cicco,
ma su quali basi gli uomini possono istaurare il dialogo? Lo abbiamo chiesto all’autore
stesso:
R. – Prima di essere cristiani e insieme
all’essere cristiani, noi dobbiamo essere umani. Il pensarci in questa dimensione
ci facilita l’apertura e la comprensione reciproca. Quindi, più che le cose che ci
sono da fare, è come noi possiamo servirci a vicenda, volerci bene a vicenda, aiutarci
a vicenda per uscire dalle fatiche della vita. Il resto, le divergenze che ci sono
nel come fare le cose, possono trovare una soluzione se all’inizio c’è una comprensione
di amore, non un atteggiamento di valutazione delle persone che non credono come noi.
D.
– Perché è difficile vedere Dio nell’età post-moderna?
R.
– Perché noi cristiani non siamo sempre all’altezza di testimoniarne l’amore. Se non
amiamo e non serviamo quelli che vediamo, non amiamo neppure e non serviamo Dio che
non vediamo. Pensiamo di amarlo, invece serviamo ed amiamo degli idoli.
“La
missione di annunciare l’amore di Dio in maniera credibile al mondo che fatica sempre
di più a percepirlo - afferma il cardinale Bertone - chiede uno sguardo nuovo perché
il mondo creda”.