2009-03-12 15:11:09

Le stragi in Germania e Stati Uniti: semplice follia? L’opinione dello psichiatra Vittorino Andreoli


Stragi cosiddette della follia, così la stampa commenta i due ultimi sanguinosi episodi di cronaca nera. In Germania un diciassettenne irrompe in un liceo, fredda 15 persone tra cui 9 ragazzi e poi viene ucciso dalla Polizia. Negli Stati Uniti un uomo prima di suicidarsi spara sui familiari e sui passanti per strada, colpendo a morte 10 persone. Quale riflessione devono suscitare questi eventi tragici? Luca Collodi ha interpellato il prof. Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore.RealAudioMP3

R. - Innanzitutto non è detto che sia follia perché si pensa sempre che ci sia qualche cosa che non funziona nel cervello, mentre l’ipotesi più probabile - certamente è il caso, per esempio, del diciassettenne in Germania – è che si tratti di ragazzi tra virgolette ‘normali’, che però mancano di una serie di principi comportamentali per cui spostano il gioco pericoloso, lo sparare, dalla cantina alla scuola o - come noi diciamo - dai videogiochi, dal mondo fittizio alla realtà e al concreto.

 
D. – Prof. Andreoli, il possesso di armi, in aumento in Germania, in Europa, e negli Stati Uniti, può facilitare situazioni di questo tipo?

 
R. – Può sicuramente facilitare, però non è possibile attribuire tutto alla disponibilità di armi perché si può essere violenti anche con un bastone, certo non si faranno stragi di questo tipo, ma insomma la violenza è dentro la testa delle persone.

 
D. - C’è, alla base, un forte disagio giovanile?

 
R. – C’è una grande frustrazione. In una società in cui tutto è teso al successo, è teso all’esistere perché si è visti, perché si è noti, perché si va in video, allora c’è un grande bisogno di poter essere notati e la frustrazione è più facile perché è sempre il paragonare la propria condizione reale con i modelli che sono modelli di successo. E, noi sappiamo che la frustrazione è un debito di violenza. Non è un caso se i teatri della violenza oggi siano i teatri della famiglia e della scuola, dove le persone in fondo vivono di più, dove dovrebbero essere più capite ed è proprio lì che si sentono più frustrate perché hanno l’impressione di fallire.

 
D. – Si è saputo che il giovane assassino tedesco era appasionato di videogiochi violenti ed aveva annunciato la strage su una chat. Prof. Andreoli, oggi - secondo lei - la televisione, internet, sono luoghi in cui l’aggressività sta diventando un valore?

 
R. – Certo. Sono strumenti straordinari ma devono essere usati da persone che hanno delle regole. La libertà e, quindi, anche l’uso di tutti gli strumenti è possibile solo dentro le regole. Noi abbiamo oggi una generazione di ragazzi, certo non tutti, che non sa che cosa sono i principi, cosa sono le regole e hanno l’impressione che ogni regola si può in qualche modo non seguire.

 
D. - Quindi non possiamo classificare questi episodi come semplici casi clinici...

 
R. – Assolutamente no! Bisogna avere il coraggio di prendere questi disastri, questa violenza estrema come un test di analisi di come funziona una società, di cosa è una società senza morale e, quindi, certamente pensare alla punizione e a tutto quello che sarà necessario fare però non fermarsi all’arma che serve per uccidere, al ragazzo che ha ucciso, ma analizzare la società in cui quell’arma è inserita e quel giovane è cresciuto.







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