Malaysia: campagna sull’uso della parola “Allah” da parte dei non musulmani
Un gruppo di cristiani della provincia del Sabah, in Malaysia, ha lanciato una raccolta
di firme per chiedere che venga tolto il divieto dell’uso della parola “Allah” da
parte dei non musulmani. La campagna, iniziata nei giorni scorsi, andrà avanti fino
al 29 marzo e ha già raccolto migliaia di firme, anche di musulmani e indù. In aprile
le firme, raccolte on-line e su carta, saranno presentate al primo ministro Abdullah
Ahmad Badawi. L’iniziativa - riferiscono le agenzie Ucan e AsiaNews - segue la recente
marcia indietro del governo malese, che dopo avere rinnovato il permesso di pubblicazione
al settimanale cattolico locale “The Herald”, senza restrizioni, ha poi riaffermato
il divieto di indicare Dio con il termine Allah in pubblicazioni espressamente destinate
a fedeli cristiani, minacciando sanzioni. L’interdizione riguarda anche testi e riti
liturgici ed è da tempo contestata dalle Chiese cristiane, secondo le quali essa è
in contrasto con il contesto culturale e normativo del Paese, dove la Costituzione
garantisce libertà di parola e di espressione. In lingua malese, inoltre, non c’è
un altro termine, oltre a quello di “Allah”, per indicare Dio. Sulla base di queste
argomentazioni l’arcidiocesi di Kuala Lumpur ha deciso di citare in giudizio il governo.
Lo scorso 27 febbraio vi è stata la prima udienza al processo, aggiornato al 28 maggio.
Anche la Chiesa evangelica del Borneo è ricorsa in giudizio. Essa ha infatti ricevuto
l’ingiunzione di non importare libri cristiani che contengono la parola “Allah”. I
cristiani in Malaysia costituiscono intorno al 10% della popolazione, in maggioranza
musulmana. La maggior parte è concentrata nelle province del Sabah e del Sarawak,
nell’isola del Borneo. (L.Z.)