2009-03-07 15:21:22

Via libera al governo palestinese di unità nazionale


In Israele sembra imminente il varo di un governo delle destre guidato dal leader del Likud, Benyamin Nethanyau, che relegherebbe all’opposizione il partito di centro Kadima, vincitore, sia pure di misura, alle ultime elezioni. Intanto, sul fronte palestinese, stamani il premier dell’Autorità Nazionale Palestinese, Salam Fayyad, si è dimesso con lo scopo di aprire la strada a un governo di unità nazionale. Quale significato dare a questa decisione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:RealAudioMP3

R. - Il significato è chiaro ed è che questa trattativa tra le fazioni che sta andando avanti con la mediazione del clero stavolta fa sul serio. Si va davvero verso un accordo di unità nazionale tra Fatah e Hamas. Questo tentativo di intesa che è stato tentato molte volte con diverse mediazioni anche con l’Arabia Saudita, è un effetto collaterale della guerra di Gaza. Questa volta probabilmente si arriverà davvero a un governo di unità nazionale che avrà un compito ben preciso, quello di andare a nuove elezioni sia nei territori che a Gaza. Non dimentichiamo che anche il mandato del presidente Abu Mazen è scaduto a gennaio e, quindi, c’è bisogno anche di una legittimazione dell’autorità all’interno del mondo palestinese. Il problema è che oggi non ci sono alternative, l’unico passaggio è quello di un accordo che porti in qualche modo a riportare sotto controllo anche la situazione di Gaza.

 
D. - In questo quadro come si inserisce la probabile formazione di un governo di destra in campo israeliano?

 
R. - E’ un governo che avrà molte difficoltà da affrontare, un governo che ha già molte riserve sulla prosecuzione del processo di pace, però teniamo anche presente il ruolo che sta giocando già la nuova amministrazione americana. C’è stata questa nomina di George Mitchell come inviato speciale del presidente Obama per il Medio Oriente, che è un uomo che conosce molto bene la realtà del Medio Oriente ed è un pragmatico. Non dimentichiamo il viaggio che ha fatto nei giorni scorsi Hillary Clinton, il nuovo segretario di Stato, che ha mandato messaggi ben precisi sulla questione del rapporto tra israeliani e palestinesi, lanciando un segnale chiaro, dicendo che il nuovo governo dovrà comunque fare i conti con l’amministrazione Obama che ha una sua politica sul Medio Oriente.

 
D. – I mediatori internazionali sono contenti di come stanno andando le cose politicamente nella regione? Si stanno creando due governi che rischiano di non dialogare e sul terreno la violenza non è terminata...

 
R.- Certo non si può essere contenti di tutto questo, però è il risultato di una guerra. Le guerre inaspriscono le tensioni, non le risolvono, soprattutto le guerre come queste che si concludono con una situazione esattamente identica a quella precedente. Oggi credo che da parte della comunità internazionale serva grande realismo, bisogna garantire la possibilità che resti aperto uno spiraglio per i negoziati, senza illudersi che la tesi dei due Stati possa concretizzarsi domani.







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