Sudan: si aggrava la crisi umanitaria dopo l'espulsione di 10 Ong
Sono sempre più forti le preoccupazioni della comunità internazionale per la situazione
umanitaria in Darfur. Il capo di Stato del Sudan Omar el Bashir, dopo il mandato di
arresto emesso contro di lui dalla Corte penale internazionale, ha comunque dichiarato
che il provvedimento del tribunale dell'Aia non influenzerà le decisioni politiche
del governo di Khartoum. “Il Sudan – ha detto - continuerà a promuovere iniziative
per la pace e organizzerà elezioni libere e giuste”. Nonostante queste rassicurazioni,
sono già state prese drastiche decisioni dal governo sudanese. Adesso la situazione
umanitaria nel Paese, in particolare in Darfur, rischia di aggravarsi. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
Dopo la decisione
del tribunale penale internazionale dell’Aia di spiccare un mandato di cattura internazionale
contro il presidente del Sudan Omar el Bashir per complicità in crimini di guerra
e contro l’umanità in Darfur, il governo di Khartoum ha deciso di espellere dal Paese
una decina di Ong straniere che operano sul territorio. La decisione mette a rischio
la vita di una popolazione già flagellata dalla guerra e dalla povertà. E’ quanto
sottolinea il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury: “E’
un atto di ritorsione che mette, praticamente in ostaggio, in balia delle decisioni
del governo, due milioni e 300 mila persone. Ci sono poi altre persone che sono disperse.
La comunità internazionale agisca tempestivamente, richiamando il Sudan ai suoi obblighi
internazionali, primo fra tutti quello di fornire assistenza a chi ne ha bisogno all’interno
della sua popolazione. Se il governo del Sudan non è in grado di aiutare chi ha bisogno,
si rivolga ad organismi internazionali. Si deve anche rendere più efficace la presenza
della missione di ‘peacekeeping’ dell’Onu e dell’Unione Africana. Va potenziata sia
con uomini sia con risorse, soprattutto elicotteri per pattugliare dall’alto un territorio
che è grande quanto la Francia”. Tra le Ong che il governo sudanese ha
deciso di espellere da questo territorio ci sono Save the Children, Oxfam e Medici
Senza Frontiere. Sergio Cecchini, direttore della comunicazione
di quest’ultima organizzazione non governativa, sottolinea la necessità di distinguere
tra le attività di assistenza umanitaria e altre questioni: “Medici Senza
Frontiere chiede che la comunità internazionale non faccia confusione tra il mandato
delle organizzazioni umanitarie e questioni legate ai diritti umani o alla Corte penale
internazionale. Quello che chiediamo è di non confondere chi lavora in Darfur per
portare soccorso, in maniera indipendente, da chi ha altri tipi di mandati: a pagarne
il prezzo non sono le organizzazioni umanitarie ma i civili vittime dei conflitti
in Darfur e vittime, oggi, di questa decisione. Lo stesso errore è stato fatto in
questi mesi in Zimbabwe. L’emergenza umanitaria si risolve con l’aiuto diretto sul
campo. Tutte le questioni legate alla soluzione di problemi dovuti alla presenza di
un regime, non hanno nulla a che vedere con l’azione umanitaria. Devono essere tenute
in maniera molto distinta l’una dall’altra questione”. Si stima che nella
martoriate ragione sudanese del Darfur siano più di 300.000 le vittime provocate dal
conflitto e oltre due milioni le persone costrette a lasciare le proprie case e i
propri villaggi e bisognose di interventi umanitari.